L’aperitivo di presentazione svoltosi sette giorni orsono nel ridotto del Teatro del Giglio, e impreziosito dalla gentilissima partecipazione di Marco Paolini, ha generato, com’era largamente prevedibile, una ridda di commenti: tra i numerosi trafiletti ed elzeviri apparsi sulla stampa locale e nazionale scegliamo di riportare, con la concessione dell’autrice che ringraziamo e lestamente includiamo nel novero dei nostri collaboratori multipezzati, quello di Viola Giannelli, dalle auguste colonne del “Corriere della Serra“.
Un mercoledì da Arlecchini quello del 28 gennaio 2015, passato a presentare la nuova elettrorivista aperiodica Lo Sguardo di Arlecchino nella sala del Ridotto del Teatro del Giglio in compagnia dei creatori e responsabili della testata web (Giacomo Verde, Igor Vazzaz, Carlo Titomanlio, Francesca Cecconi, Cataldo Russo, Sara Ricci, Marco Magurno e Andrea Balestri), di Marco Paolini e di un buon numero di lettori, curiosi, passanti. Si tratta sì di un progetto dedicato all’attività scenica, con un focus particolare sull’area Toscana settentrionale, ma anche, a detta dei responsabili del Giglio che hanno concesso i locali della Biblioteca del Teatro come sede della rivista, di un’esperienza di comunicazione con il territorio, di una speranza d’apertura e dialogo tra il lavoro umile, giornaliero e silenzioso degli addetti ai lavori (teatrali) e i loro utenti. L’importante è sottolineare come tutti in questo progetto stiano lavorando in assoluta indipendenza.
La “maschera” viene poi passata all’ospite Paolini che, con sagacia truffaldina, prima afferma, nell’ilarità generale, di non potersi pronunciare su Arlecchino, bergamasco, essendo lui veneto doc, poi propone la sua visione del delicato rapporto critica/artista: «La critica, in fondo, basta comprarla». Risata generale. «No, la critica fa male e lo deve fare. La creazione artistica, d’altronde, non ha limiti utili e il compito del critico dovrebbe essere quello di aiutare l’osservatore a rendersi conto del valore di ciò che vede, se è qualcosa di difficile da capire o semplicemente inutile da capire».
Continua l’attore: «Siamo in presenza di molteplici solitudini, di creazioni artistiche che non dialogano tra loro, forse perché gli artisti hanno preceduto la società e sperano solo di sfuggire alle etichette, ai “tag” e alle definizioni troppe strette. La critica sarebbe dunque utile a infilare nelle trame l’ordito, perché, senza una trama, non è possibile leggere l’ordito di molti artisti. Il patto però dovrebbe essere che poi quest’ultimi leggessero le recensioni, ma a loro importa davvero l’opinione del critico? Di sicuro c’è solo che con questa categoria scrivente è auspicabile qualsiasi rapporto tranne la confidenza che inevitabilmente porta all’arruolamento, finendo per far rappresentare alla critica non più la trama, ma un altro filo d’ordito».
Discorsi quasi seri ed eruditi in una giornata che doveva essere forse un po’ più “ciarlatana”; adesso, però, non resta che aspettare di vedere che tipo di critici saranno quelli di Lo Sguardo di Arlecchino che tra Sguardazzi, Intrallazzi, Sdottorazzi, Strombazzi e Arazzi, concludono l’incontro, lasciando che il discorso rimanga sospeso, in attesa di essere digerito e annaffiato con l’aperitivo che a margine aspetta i partecipanti. In vino (Prosecco, in onore di Paolini che, però, fugge per lo spettacolo senza poter bere) veritas.