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Jack London e la country ballad di Paolini

Sguardazzo/recensione di "Ballata di uomini e cani, M. Paolini (2013)"

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Cosa: Ballata di uomini e cani, M. Paolini (2013)
Chi: Marco Paolini
Dove: Pietrasanta (LU), Teatro Comunale
Quando: 29/01/2015
Per quanto: 120 minuti

Marco Paolini fa il suo ingresso in scena con le luci di sala ancora accese. Il pubblico applaude sulla fiducia, maturata ormai da anni di carriera. L’attore lo blocca e, dicendo: «No, stasera non sono Lui. Sono Jack London», dà inizio alla performance. Protagonista, appunto, l’autore di capolavori epici come Il Richiamo della Foresta, Zanna Bianca, Martin Eden, lo scrittore che «fa morire gli uomini e lascia vivi i cani». Paolini lo fa rivivere ballando, cantando, ululando.

Ballata di uomini e cani comprende tre parti distinte, racchiuse da un incipit e una chiusa. La sezione centrale è costituita da tre racconti, ognuno corrispondente a un protagonista canide. Le storie narrate derivano dall’esperienza nordica del Klondike, con la ricerca dell’oro, la sopravvivenza al gelo infernale, il rapporto complesso e inesauribile tra animale e uomo, quest’ultimo spesso assai più bestia del primo.

Scenografia spoglia, bidoni sparsi qua e là: a centropalco, una pedana sorretta da quattro barili con, ai lati, due scalette; sul fondale, tre file di taniche appese al soffitto che, tramite l’uso di un proiettore, diventano uno schermo o una tastiera (la prima immagine è la sequenza standard  qwerty: a ogni tanica corrisponde un carattere). Ecco le didascalie ad alternare i titoli dei racconti: Macchia, «un cane da tiro che non vuole tirare», e che, nonostante i ripetuti abbandoni, come un Pollicino ritrova sempre la strada di casa, col solo impiego del fiuto; Bastardo, animale demoniaco e sanguinario, in lotta addirittura col proprio padrone; Un fuoco, storia di un uomo che cerca, disperatamente e alla fine senza successo, di riscaldarsi per non morire assiderato, arrivando persino a percuotersi per avere un poco di quel dolore uguale calore. Quando le taniche fungono da schermo, ecco il video animato di Simone Massi in cui le parole di Paolini assumono, per la prima volta, un’immagine univoca per lo spettatore, sino a quel momento “lasciato” libero di figurarsi le varie scene sulla scorta dell’avvolgente e suggestiva interpretazione dell’attore.

paolini ballataNonostante la tematica dura, non manca il divertimento lungo le due ore di performance: dalla battuta metateatrale a quella letteraria, dal melodramma verdiano all’autocritica. Con rapidi balzelli e vorticosi gesti di mani Paolini simula i viaggi della propria muta, talvolta da dietro un bidone, sorta di biga in pompa magna. È lo scattoso movimento del polso, con la mano a forma di paletta a simulare lo scodinzolio del cane-lupo, che, reiterato all’interno dello spettacolo, dapprima accompagnato dalla parola, poi con il solo gesto, diventa il leitmotiv della serata. Paolini in questo modo, non narra: interpreta.

Balla il conducente sulla slitta, balla l’impiccato appeso alla corda e balla la tremula fiamma che ci illudiamo possa far calore. Non si balla, ma si tiene il ritmo con le (stesso prefisso) country ballads, grazie alle musiche dal vivo dei bravissimi Lorenzo Monguzzi (voce e chitarra), Angelo Baselli (clarinetto) e Gianluca Casadei (fisarmonica), che attingono a brani inediti e alle Note Americane (peraltro titolo di un interessante libro sul tema di Alessandro Portelli) del maestro Woody Guthrie, riproponendo This Morning I Am Born Again, che il pubblico, ahinoi, non conosce, dandosi poi un tono cogliendo l’altra citazione, quella del Quartetto Cetra con la Casetta in Canadà.

Non si tratterà, probabilmente,  di uno degli indimenticabili cavalli di battaglia di Paolini, ma quanto visto in scena al Teatro Comunale di Pietrasanta rende pienamente onore a Jack London cui è dedicata l’intera performance.

P.S.
Per Marco Paolini (e per coloro che hanno partecipato alla nostra presentazione, lo stesso pomeriggio dello spettacolo): anche stavolta le iniziali di chi scrive sono F.C., l’esito, però, è diverso.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un film d'animazione sarebbe... Balto (Simon Wells, 1995)

Locandina dello spettacolo



Titolo: Ballata di uomini e cani, M. Paolini (2013)

Ballata di uomini e cani è un tributo a Jack London. A lui devo una parte del mio immaginario di ragazzo, ma Jack non è uno scrittore per ragazzi, la definizione gli sta stretta. È un testimone di parte, si schiera, si compromette, quello che fa entra in contraddittorio con quello che pensa. È facile usarlo per sostenere un punto di vista, ma anche il suo contrario: Zanna Bianca e Il richiamo della foresta sono antitetici. La sua vita è fatta di periodi che hanno un inizio e una fine e non si ripetono più. Lo scrittore parte da quei periodi per inventare storie credibili dove l’invenzione affonda nell’esperienza ma la supera. La produzione letteraria è enorme, e ancor più lo è pensando a quanto poco sia durata la sua vita. Sono partito da alcuni racconti del grande Nord, ho cominciato questo spettacolo raccontando le storie nei boschi, nei rifugi alpini, nei ghiacciai. Ho via via aggiunto delle ballate musicate e cantate da Lorenzo Monguzzi. Ma l’antologia di racconti è stata solo il punto di partenza per costruire storie andando a scuola dallo scrittore. So che le sue frasi non si possono “parlare” semplicemente, che bisogna reinventarne un ritmo orale, farne repertorio per una drammaturgia. Ballata di uomini e cani è  composto di tre racconti della durata di circa mezzora ciascuno più uno più breve costruito su episodi giovanili tratti dalla biografia di J. London. Tra le traduzioni che ho letto preferisco quella di  Davide Sapienza. I racconti che ho trascritto oralmente sono Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco e in tutti e tre uomini e cani sono coprotagonisti. Lo spettacolo ha la forma di un canzoniere teatrale con brani tratti da opere e racconti di Jack London e con musiche e canzoni ad essi ispirate che non svolgono funzione di accompagnamento ma di narrazione alternandosi e dialogando con la forma orale.   Marco Paolini, estate 2013 Lo spettacolo è stato realizzato grazie al sostegno di Trentino spa – I suoni delle Dolomiti durata: circa 120’

Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.