L’arte è morta?

Sguardazzo/recensione di "Zombitudine"

-

Cosa: Zombitudine
Chi: Giacomo Verde.
Daniele Timpano e Elvira Frosini.
Dove: Porcari (LU), SPAM!
Quando: 24/01/2015
Per quanto: 120 minuti

Serata dedicata agli zombie a SPAM!, rete per le arti contemporanee, nell’amena (sentitevi liberi di dissentire sull’aggettivo) cittadina di Porcari.

In un primo momento, in questa serata all’insegna dello spirito conviviale, Giacomo Verde, l’amabile (altra affermazione contestabile, giudicate voi) e nostro guru della videoarte, ci presenta il suo lavoro Artist = Zombie; in seguito, dopo un piatto di zuppa e un po’ di vino, è la volta di Daniele Timpano ed Elvira Frosini, con Zombitudine.
Due opere profondamente differenti, sia sul piano stilistico che su quello concettuale, entrambe basate sul tema della morte intrecciata all’arte.

Giacomo Verde imposta la propria performance come una conversazione con il pubblico; trucco sul volto e vesti lacere, il tecnoartista si presenta con una semplice costatazione: l’artista è uno zombie. Affermazione che, volendo, si contrappone alla tipica rappresentazione dell’artista come personaggio vitale e dalla densa capacità immaginativa, desideroso di esternare sé stesso… Ma se la pensate così ancora non avete capito: l’arte è morta, e già da tempo. L’artista che vi si aggrappa disperato, altri non è che un morto vivente.
ARTIST=ZOMBIE, Giacomo Verde (2013)L’affermazione viene mano a mano comprovata, grazie alla citazione di grandi del passato – non era proprio Hegel ad affermare che «l’arte è morta»? – e alla presentazione di una serie di punti, ognuno dei quali stampati sul retro di autoscatti che vengono esposti lungo il palco: «selfie prima che divenissero una moda».
Il pubblico ora tace, ora è pacatamente assente, ora ride; talvolta qualcuno disapprova, timidamente. Mentre l’artista parla esponendo le proprie convinzioni e cercando il confronto con il pubblico, alle sue spalle si proietta il suo lavoro Andy Warhol = The night of the living dead, video in cui alla celebre pellicola del ’68 si sovrappongono opere dai colori sgargianti di Warhol.
Infine ci viene posto un interrogativo in forma di sillogismo: «Se si uccide uno zombie non lo si può considerare omicidio, dal momento che era già morto, e l’artista è uno zombie: dunque lo si può uccidere?»
Al pubblico la possibilità di sparare sul morto.

Interazione con il pubblico anche per Daniele Timpano e Elvira Frosini, per quanto limitata alla pura azione scenica.
Chiusi in teatro. Fuori cosa accade? Siamo gli ultimi superstiti? I morti viventi popolano le strade, infestano le città. Oppure no? Non possiamo uscire, attendiamo. Attendiamo cosa?
Zombitudine, foto Sefora Delli RocioliL’attesa è forse il tema centrale della prima parte dello spettacolo, attesa estenuante che libera nell’aria il lieve sentore dell’ansia e dell’imminente frenesia: per quanto dobbiamo aspettare ancora?
«Eccoli! Arrivano!»
Movimento, agitazione, pericolo.
Silenzio.
Tra un (falso) assalto e l’altro, lunghi istanti ansiosi e riflessivi, carichi di  ironia (talvolta sottile, talvolta più evidente), sfociano in un lungo dialogo, che pare disegnarsi come una frenetica poesia dai versi brevissimi.
Ma la riflessione, l’attesa, le battute ironiche, non possono durare in eterno: si apre il conflitto, e mentre l’uno si slancia dietro il sipario che delimita la scena (sparendo così dall’occhio dello spettatore), l’altra, al sicuro, riprende il combattimento con lo smartphone, pronta a postare sui social.
Infine, inevitabilmente, muoiono.
«Ti posso mangiare?» «Non ora, dopo…» «Posso mangiare loro?», chiede indicando il pubblico.
In una nebbia che rotola dalla scena alla platea, disfacendosi in volute pesanti e offuscando l’intero spazio performativo, i due si guardano, si deridono mestamente, ormai divenuti zombie.
O forse, in quanto artisti, lo sono sempre stati.


ARTIST=ZOMBIE
performance teatrale e esposizione sulla morte dell’arte

di e con Giacomo Verde

regia Giacomo Verde

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un fiore sarebbe... appassito o... "del male"

Locandina dello spettacolo



Titolo: Zombitudine

Testo, regia, interpretazione / Elvira Frosini e Daniele Timpano Scene e costumi / Alessandra Muschella Ideazione e realizzazione tecnica / Marco Fumarola e Daniele Passeri Aiuto regia / Francesca Blancato Collaborazione tecnica luci / Matteo Selis Luci / Omar Scala e Martin Palma Assistenza scene e costumi / Daniela De Blasio Organizzazione e promozione / Daniela Ferrante Ideazione e regia teaser video / Emiliano Martina Tealizzazione teaser video / Grapevine Studio Progetto Grafico / Antonello Santarelli Disegni / Valentina Pastorino produzione / amnesiA vivacE, Kataklisma coproduzione / Teatro della Tosse – Genova, Fuori Luogo – La Spezia, Teatro dell’Orologio – Roma

Un uomo e una donna, rifugiati in un teatro insieme al pubblico, attendono l’arrivo di qualcuno, di qualcosa: un nuovo inizio? La morte? Un cambiamento? Non si sa se bello o brutto, ma un evento sta arrivando. O forse arrivano gli Zombi. Gli Zombi siamo noi. La Zombitudine è la nostra condizione quotidiana. Stretti tra l’emergenza di un evento imminente e devastante e una quotidianità claustrofobica in cui la vita da assediati è divenuta normalità, si fa fatica a focalizzare il pericolo o la salvezza. Quella dello Zombi è l’immagine palingenetica della nostra fine ma anche un’immagine di speranza, l’unica prospettiva di rinascita, l’unica forma di vita alternativa a tutta questa economia, questo mercato, questo dominio di banche, finanza e multinazionali. L’unico Risorgimento possibile per il nostro paese e per i suoi abitanti è un Risorgimento Zombi. Zombi di tutto il mondo unitevi. Zombitudine, ovvero la condizione umana dei giorni d’oggi. Una storia di impotenza, l’impotenza di non essere mai in grado di prendere una posizione, ma anche il sentimento di scelta del lassismo. Davanti alla scelta, al prendere posizione, ci sentiamo sempre grandi e guerrieri, eppure spesso non facciamo che lasciarci cullare dall’incapacità di decidere.

Sara Casini
Sedicente studentessa universitaria, apparentemente giovane: nella realtà ha almeno il doppio degli anni e il triplo della malvagità dimostrate dagli occhioni azzurri e il sorriso inoffensivo.