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Roberto Latini tra i giganti: illuminazioni di un corpo a corpo

Sguardazzo/recensione di "I giganti della montagna - Atto primo"

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Cosa: I giganti della montagna - Atto primo
Chi: Roberto Latini, Luigi Pirandello
Dove: Firenze, Teatro Cantiere Florida
Quando: 06/03/2015
Per quanto: 60 minuti

Paura. La vertigine per l’ignoto, a sottrar certezze, aumentare il peso, sprofondo (in)immaginabile, nel residuo larvale di quella coscienza tanto evocata quanto ignota. Con lo spettro della paura, didascalica proiezione in nero da cinema d’antan, s’apre l’ultimo corpo a corpo di Roberto Latini col teatro, attraverso un testo chiave del nostro Novecento, I giganti della montagna. Un altro corpo a corpo, non meno abbacinante e disperato, tra Luigi Pirandello e la scrittura per il teatro.

Si sommano, nel lavoro di Latini, un precipitato d’urgenze, un’abrasiva necessità di confronto/scontro che assume ogni volta i tratti dell’atto finale, del punto di non ritorno. Pensiamo a Ubu Roi, a Noosfera museum, per arrivare a questo Atto primo che già in sé sfoggia i crismi d’una sua peculiare completezza. Non siamo allo studio gabellato per spettacolo (malattia d’un sistema: troppo facile lanciarsi nel dagli al teatrante), al bozzetto spacciato per quadro. Qui il disegno si coglie, nella rilettura efficace (termine da intendersi nelle sue sfumature magiche) d’un testo ad altissimo coefficiente di complessità e simbolismo.

03. Roberto Latini, I giganti della montagna©Simone CecchettiÈ solo, Latini, dopo un primo tentativo al fianco della brava Federica Fracassi. I corpo a corpo s’han da affrontare in prima persona, senza delegare. Dilagare, piuttosto. Gli riesce, moltiplicato nelle voci che ne attraversano l’ugola per vibrare dall’impianto audio, aguzze sui bassi reiterati d’un groove simil-dance. Spiriti ritornanti mediante il rito più antico e pericoloso, gli oltre venti personaggi del testo pirandelliano s’animano attraverso voce e carne dell’attore, succhiandone forze, sangue, vita.

Il testo, per i necrofili del genere, è riproposto alla virgola: mai Pirandello ci è sembrato più contemporaneo, necessario, ricuperato alla sua emergente impellenza. Non c’è storia, o quasi, ché tutto sfuma dinanzi al dedalo d’uno spettacolo che è teatro, contravvenzione di un paradosso tra i più coltivati dalla scena d’arte. La girandola di voci (Cotrone, Ilse, la scalcagnata truppa giunta all’improbabile cospetto dei Giganti) rimbalza dal corpo dell’attore: ora nudo, ora fasciato, avvolto dalla luce lunare che bagna un campo di spighe di grano o dagli sbuffi d’un fumo terroso, forse allusivo a misteriche religioni antiche.
Risale al profondo per calarsi in sommità, dove il verbo tace, dove non si può né ci sarebbe da dire altro. Tecnologia e materia organica: dialettica prima sonora, poi visiva, per una scrittura che solo in scena trova dimensione, quadratura, stringente realizzazione.

12. Roberto Latini, I giganti della montagna©Simone CecchettiQuesto è Pirandello, strappato alla polvere, al litaniare fiacco da antologismo didattico, riportato alla sua più intima e feroce ineluttabilità, che è quella dell’artista che se ne fa carico. Troppo facile, ora come prima, paventar amletici spettri (Bene e De Berardinis) all’indirizzo di Latini. Il rischio paradossale è di neutralizzarne la bruciante vitalità a mezzo di complimenti e premi, attribuendogli le (pur condivisibili) stimmate da genio. Il quale «fa quello che può», ché il talento «fa quello che vuole»: ecco, è in questa costruzione/costrizione, inderogabile quanto ostinata, che troviamo il portato inesorabile del teatro di Latini, la sua irrinunciabilità. Oltre la dimensione comoda della bravura (e dell’autocompiacimento talvolta balenato al suo indirizzo), oltre l’apollineo di performance cui ci pare improponibile chieder di più, sino alla paura saggia e infantile di chi, sfiorato dal dio, ha visto, sperimentato in prima persona il terrore dell’abisso.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un vino sarebbe... un rosso di Edoardo Valentini: mai facile, ma indimenticabile

Locandina dello spettacolo



Titolo: I giganti della montagna - Atto primo

di Luigi Pirandello
adattamento e regia Roberto Latini
con Roberto Latini
senza Federica Fracassi
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
video Barbara Weigel
assistente alla regia Lorenzo Berti
collaborazione tecnica Marco Mencacci
realizzazione elementi di scena Silvano Santinelli
organizzazione Nicole Arbelli
foto Simone Cecchetti
produzione Fortebraccio Teatro
in collaborazione con Armunia Festival Costa degli Etruschi, Festival Orizzonti . Fondazione Orizzonti d’Arte, Emilia Romagna Teatro Fondazione


Terzo dei miti moderni di Pirandello. Dopo il religioso (Lazzaro) e il sociale (La Nuova Colonia), I giganti della montagna è il mito dell'arte. Rappresentato postumo nel 1937, è l'ultimo dei capolavori pirandelliani ed è incompleto per la morte dell'autore. La vicenda è quella di una compagnia di attori che giunge nelle sue peregrinazioni in un tempo e luogo indeterminati: al limite, fra la favola e la realtà, alla Villa detta "la Scalogna". Non aggiungerò parole alla trama, ma voglio dire di altre possibilità che vorrei assecondare. Sono sempre stato molto affascinato per il non finito, non concluso. Ho sempre avuto una grandissima attrazione per i testi cosiddetti incompiuti. Mi sembrano da sempre così giusti rispetto al teatro. L'incompiutezza è per la letteratura, per il teatro è qualcosa di ontologico. Trovo perfetto per Pirandello e per il Novecento che il lascito ultimo di un autore così fondamentale per il contemporaneo sia senza conclusione. Senza definizione. Senza punto e senza il sipario di quando c'è scritto - cala la tela. I giganti della montagna è un testo che penso si possa permettere ormai il lusso di destinarsi ad altro possibile. Dopo le bellissime messe in scena che grandissimi registi e attori del nostro Teatro recente e contemporaneo ci hanno già regalato, penso ci sia l’occasione di non resistere ad altre tentazioni. Provarci, almeno. La compagnia di attori che arriva alla villa della Scalogna sembra avere, in qualche forma, un appuntamento col proprio doppio. Cotrone e Ilse stanno uno all'altra come scienza e coscienza, gli stessi Giganti, mai visti o vedibili, sono così nei pressi di ognuno da poter immaginare come proiezioni di sé. Voglio immaginare tutta l'immaginazione che posso per muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco. Portarle “al di fuori di tempo e spazio”, come indicato nella prima didascalia, toglierle ai personaggi e alle loro sfumature, ai caratteri, ai meccanismi dialogici, sperando possano portarmi ad altro, altro che non so, altro, oltre tutto quello che può sembrare. Se i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, per andare appena oltre, per provarci almeno, devo muovere proprio da quelli. Roberto Latini Ho condiviso parte fondamentale di questo percorso insieme a Federica Fracassi, ai suoi colori e alla sua capacità di stare nell’abbandono, sul confine tra favola e realtà, ma ho infine deciso di assecondare una forma che mi chiama a un attraversamento in solitaria. Scrivere in locandina - "senza Federica Fracassi” - non è per sottolineare un’esclusione, ma, al contrario, per riconoscerle ogni merito.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.