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Un mare gelido e profondo nell’Odissea di Bob Wilson

Sguardazzo/recensione di "Odyssey"

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Cosa: Odyssey
Chi: Omero, Simon Armitage, Bob Wilson
Dove: Milano, Piccolo Teatro Strehler
Quando: 15/10/2015
Per quanto: 145 minuti

Dopo aver esaurito tutte le repliche nel 2013, Odyssey di Bob Wilson torna al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Premesse conflittuali: da una parte, il nome di un pezzo di storia del teatro contemporaneo, dall’altra, la prospettiva di uno spettacolo in greco di quasi tre ore.

Il testo è un adattamento della riscrittura omerica di Simon Armitage, qui recitato da diciotto attori che occasionalmente emergono dall’anonimato per assumere un’identità più o meno duratura. I corpi in scena (bianchi, in cerca di una dimensione prototipica) si muovono con gesti ora meccanici, ora armoniosi, sempre irreali. Ciò che vivono in scena non è la loro vita: come dei carillion, obbediscono a un volere superiore, quasi consapevoli di costruire un mito fondativo. Spesso, sono solo nere silhouette stagliate contro il fondale, in un movimento formato soltanto di ritmo e ombra. Talvolta anche i tecnici entrano in gioco, per creare un ulteriore livello di artificiosità in una rappresentazione fredda, distaccata, a volte quasi disanimata.

Odyssey di Bob Wilson, 2013 (ph. Evi Fylaktou) 2Gelida, certo: non solo per il prevalere delle tinte chiare e per i personaggi alienati a sé stessi, ma anche per quella lingua, il greco, così aguzza, petrosa. Eppure, in questa glacialità, la potenza dei sentimenti si mostra in tutta la sua terrificante profondità. Non siamo mai stati così toccati dall’amore di Calipso che sta per essere abbandonata da Ulisse, né mai tanto lacerati dall’incertezza interiore di Penelope. Non per la creazione di momenti di particolare impatto: questi episodi rientrano nell’uniforme meccanicità di un teatro di marionette. Eppure emozionano, con potenza: è la stessa emozione fredda del mare d’inverno.

Odyssey di Bob Wilson, 2013 (ph. Evi Fylaktou) 6Apparentemente raffiguraro solo durante la scena di un naufragio, il mare è presenza costante per tutto lo spettacolo. Il fondale è illuminato quasi sempre con luci chiare, sui toni del celeste e dell’azzurro: cielo e mare che, raramente, si tingono di un rosso sanguigno. Quello sbocco luminoso è inscatolato e ritagliato da pannelli mobili, formati da lunghe assi bianche, che ricordano le cabine di una nave o quelle che si usano, sulla spiaggia, per cambiarsi prima del bagno. Ai piedi della platea c’è Thodoris Oikonomou, che accompagna al pianoforte l’intero spettacolo: a volte sottolineando in sincrono – in una reminiscenza da cinema muto – i movimenti degli attori. Più spesso esegue la sua musica, ricorsiva come l’acqua del mare sulla spiaggia: ci ricorda Le onde – noto disco del pianista Ludovico Einaudi –, anche se in uno stile vagamente inzuppate in acque à la Giovanni Allevi.

La scenografia si completa con le gigantesche sculture mobili del volto e della mano di Polifemo, che tradiscono un grande budget alle spalle dello spettacolo. Quei soldi, però, non sono stati spesi per sfoggiare complicati e vistosi artifici, ma per ricercare piuttosto semplicità e neutralità: la stessa (falsa) neutralità che attribuiamo all’epica omerica, innalzandola – nelle nostre fantasie etnocentriche – a prototipo dell’umanità intera, quando in realtà è l’eccezionale e primigenia pagina di una cultura strettamente europea, mediterranea.

Resta una sensazione di scolastico che ci rimane conficcata nell’entusiasmo: Odyssey ricalca pedissequamente la struttura del poema, non se ne distacca mai e la lettura risulta più facile di quanto vorremmo. C’è della potenza, ma in qualche modo si abbassa al livello dello spettatore: la sua superiorità non è prorompente. Da una parte, questa modestia può essere un valore, ma, dall’altra, lascia un po’ delusi.

Odyssey di Bob Wilson, 2013 (ph. Evi Fylaktou) 3

VERDETTAZZO

Perché:
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Locandina dello spettacolo



Titolo: Odyssey

progetto, regia, scene e luci Robert Wilson
musiche Thodoris Economou
testo Simon Armitage
da Omero
drammaturgia Wolfgang Wiens
co-regista Tilman Hecker
costumi Yashi
collaboratrice alla scenografia Stephanie Engeln
collaboratore alle luci Scott Bolman
suono Studio 19 – Kostas Bokos, Vassilis Kountouris
supervisione musicale Hal Willner
traduzione greca – collaboratore alla drammaturgia Yorgos Depastas
scenografie, oggetti di scena e costumi realizzati dai Laboratori del Piccolo Teatro
coproduzione internazionale Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, National Theatre of Greece, Athens


Robert Wilson presenta un allestimento teatrale del poema epico nella versione in greco moderno tratta dal testo del poeta inglese Simon Armitage e lo fa con la sua capacità, unica, di penetrare radicalmente nel testo, formidabile emblema dell’insopprimibile bisogno dell’uomo di conoscere e del suo inarrestabile viaggio in cerca delle radici della propria esistenza, di portarne alla luce nuovi significati, rivelandone in modo magico gli aspetti più sorprendenti, gli elementi inattesi e combinando continuativamente il piano del fantastico e quello della realtà. Wilson stabilisce originali collegamenti tra l’antico e il moderno, dando una nuova lettura al tema eterno della lotta della specie umana per sopravvivere e migliorare la propria condizione in un mondo che, oggi totalmente esplorato, sentiamo paradossalmente ignoto nella complessità in continuo cambiamento.

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.