Apertura stagione teatrale al Teatro dell’Olivo di Camaiore: Marco Paolini e il suo Numero Primo-studio per un nuovo Album ottengono senza sforzo il tutto esaurito. Anzi, sul palcoscenico, proprio a un passo dal leggio dell’attore, unico oggetto scenico insieme a un’altalena delle giostre delle fiere, debbono essere aggiunte due file di poltroncine a causa della grande affluenza di pubblico.
Prima di iniziare lo spettacolo vero e proprio, l’attore consegna a questi fortunati spettatori-coprotagonisti, quaderni e penne su cui appuntare eventuali considerazioni circa l’allestimento che, di lì a poco, vedranno, poiché ancora embrionale e in fase di lavorazione.
In effetti, la peculiarità di questo lavoro, specialmente rispetto agli altri Album dell’artista, è il cambio di personaggio: dall’alter ego franco-veneto di Paolini, Nicola, al piccolo Nicolas Fermat che ama farsi chiamare Numero Primo.
Chi è costui, veramente? È un bambino di cinque anni? Un genio della matematica e della fisica? È un Cyber-bambino? Un mezzo per spiare l’uomo e la sua razza? Molte, troppe le domande che il pubblico finisce per porsi di fronte a questo nuovo album paoliniano.
Indubbia è la bravura del narrattore veneto, pur con qualche sbavatura dovuta allo stato tuttora “aperto” della messinscena e “il desiderio di raccontare fin dove si sa, di leggere quando non si ricorda più e improvvisare quando non si ha più niente da leggere”.
Questo spettacolo, infatti, mostra scorci differenti, attraverso la storia narrata a volte al limite del surreale e priva di un ritmo sempre convincente: da quelli familiari, di un passato ancora vicino, ai frammenti di un presente che potrebbe essere così, come lo si narra, ma anche no, sino a intravedere schegge di un futuro inquietante, a tratti disumano. Paolini propone una visione di quel che ci si può aspettare che è quasi di soprannaturale superamento oltreumano, una cannibalistica prospettiva di manipolatoria disumanizzazione dei sentimenti e delle emozioni di ciascuno di noi.
Lo spettatore ha poco da decifrare a livello scenico e moltissimo da risolvere e comprendere a livello d’intreccio e di scenari. Gli elementi più strani del paesaggio umano e geografico di quest’Italia del futuro sono: la multinazionale Balocchi, specializzata nella riproduzione in scala di tutto, le bianche scogliere di Porto Marghera, diventate un centro di produzione di neve finta e la Scuola Elementare Steve Jobs (Carducci) di Trieste che permette ai genitori di seguire in diretta, tramite collegamento, la vita scolastica dei figli. In questa miscellanea di contenuti a volte disturbanti e inquietanti, altre giocosi e ironici, l’importante per lo spettatore è ricordarsi, come dice Paolini alla fine, dopo quasi due ore d’ascolto, che “Tutto questo non è la fine”.