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Sette, anzi nove domande a

Roberto Castello

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Coreografo, danzatore, docente, anche attore (complice il contagio/contatto con Andrea Cosentino nel recente Trattato di economia, spettacolo che abbiamo recensito in due occasioni: 1 e 2), Roberto Castello rappresenta, per lo sguardo di Arlecchino, qualcosa di più rispetto a un ordinario interlocutore scenico (qui la sua intervista sul FUS di circa un anno fa), e non solo per la prossimità geografica che lega la presente testata con le sedi di SPAM!ALDES, le sue “creature”. Castello costituisce un cristallino esempio di artista pensante, nel senso di portatore di pensiero (non tutti, la bravura non importa, lo sono), rigoroso, attento al proprio lavoro e alle condizioni politiche, produttive e sociali in cui esso si inserisce; non solo, la sua ricerca di confronti dialettici “veri” lo porta ad alimentare dialoghi mai banali con la critica, e le risposte che state per leggere ne sono un’ulteriore conferma.

Innanzitutto, sette, anzi, nove domande. 

Perché gli spettacoli iniziano alle nove di sera?
Per non discriminare i vampiri.

Cosa non dovrebbe essere ammesso in teatro?
Per quanto riguarda il pubblico, cito Freak Antoni: applaudire per inerzia.
Per quanto riguarda gli artisti: sentirsi bravissimi.

Che opinione hai del pubblico teatrale?
Quando la cosa mi riguarda come autore, interprete o programmatore, ovviamente è sempre straordinario.

Meglio una platea straripante abbonati o una cantina di pochi appassionati?
Una platea straripante di appassionati.

È possibile fare teatro senza fare spettacolo?
Se con “teatro” intendi la ricerca del senso e con il termine “spettacolo” intendi invece il puro intrattenimento, la ricerca del consenso, la risposta è sì, certo, si può produrre senso senza cercare consenso. È una cosa che avviene normalmente in ogni ambito, perché non dovrebbe poter avvenire anche in teatro?
Di nuovo però, potendo scegliere, le due cose insieme non guasterebbero.

Che senso ha, per te, la critica teatrale?
La critica è essenziale e fondamentale, a condizione che non ami e non cerchi il potere, che abbia una visione del mondo e la esprima attraverso il dialogo a distanza con gli artisti e il pubblico. Che vada SEMPRE a vedere gli spettacoli, che ne scriva SEMPRE (anche per stroncare), che sia autorevole, ovvero competente, disinteressata, onesta, severa e rispettosa degli artisti.
Il fatto che oggi le logiche del mercato editoriale abbiano finito per ridurre una funzione così essenziale, preziosa e delicata a un’attività di volontariato gratuito è una delle tante incomprensibili autolesionistiche stupidaggini della modernità.

Che spettatore sei? Cosa dovrebbe fare un’opera?
Sono facilmente seducibile e piuttosto indulgente anche se a volte, lo confesso, mi prendono furie omicide.
Le opere d’arte dovrebbero cambiare le vite delle persone.

Un lavoro a cui hai assistito e che rivedresti anche stasera.
Il cerchio di gesso del Caucaso, del Teatro di Rustaveli con la regia di Robert Sturua. Tre ore e mezza in russo, più di trent’anni fa, che mi hanno letteralmente e concretamente cambiato la vita.

Il tuo lavoro che vorresti far vedere a tutti. E quello che avresti voluto evitare.
I miei lavori, per mille ragioni, hanno sempre girato piuttosto poco e sono molti quindi quelli che mi sembra siano stati visti molto meno di quanto avrebbero meritato. L’esperienza professionale più deprimente che ora ricordi è, invece, una trasmissione televisiva di qualche anno fa.

E adesso… tre risposte a cui formulare la domanda: 

Non è una questione di pura e semplice contrapposizione, quanto, piuttosto, di individuare un’armonia funzionale al contesto dato.
Come fai a convivere serenamente con i tuoi vicini?

In effetti, la figura di Arlecchino, così densa di sfumature e implicazioni sia teatrali sia antropologiche, esprime alla perfezione la dualità del gesto di guardare ed essere osservati, il rapporto profondo e, talvolta, vischioso, tra lo stare in scena e il gettare lo sguardo a ciò che sta oltre.
Vuoi sposarmi?

Grazie per la domanda. Un nome secco? Emma Dante.
Un regista della tua generazione di cui non hai mai visto i lavori.

l'Arlecchino
È un semplicione balordo, un servitore furfante, sempre allegro. Ma guarda che cosa si nasconde dietro la maschera! Un mago potente, un incantatore, uno stregone. Di più: egli è il rappresentante delle forze infernali.

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