Muovendosi sul confine del comico: Malosti e il suo giardino

Sguardazzo/recensione di "Il giardino dei ciliegi"

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Cosa: Il giardino dei ciliegi
Chi: Anton Čechov, Valter Malosti, Elena Bucci, Natalino Balasso, Fausto Russo Alesi, Piero Nuti
Dove: Torino, Teatro Carignano
Quando: 21/10/2016
Per quanto: 140 minuti

«È l’alba, tra poco spunta il sole. È già maggio, i ciliegi sono in fiore, ma il giardino è freddo, coperto di brina. Le finestre sono chiuse». Così recita la prima didascalia di Il giardino dei ciliegi, che prende vita sul palco del Teatro Carignano di Torino: dalla platea possiamo quasi percepire l’odore di polvere proveniente dall’armadio sventrato e malamente appoggiato a un vecchio scrittoio ricolmo di libri; una poltrona, altro oggetto in scena, partecipa all’atmosfera cupa e sospesa. Il “silenzio” è infranto solo da una enorme spaccatura nel fondale: mucchi di macerie, al di là della camera dei bambini, a ricordarci che è stata (e sarà) testimone di storie di vite in progressivo diroccamento.

«Il treno è arrivato». Fausto Russo Alesi, nei panni di Lopachin, figlio di schiavi divenuto ricco mercante, rompe l’attesa e, in completo nero e scarpe gialle, attende il ritorno della padrona di casa, a Parigi da cinque anni. Ora si siede sulla poltrona, ora di scatto corre sul bordo del palcoscenico, ora scruta la platea in cerca del treno in arrivo, invitando il pubblico a far parte, anch’esso, della narrazione.

elena-bucci-fausto-russo-alesi-in-il-giardino-dei-ciliegi-cechov-malosti-ph-tommaso-le-peraL’ultima opera di Anton Čechov riacquista, grazie alla lettura di Valter Malosti, il carattere di commedia per molto tempo eclissato da una tradizione iniziata dal Teatro d’Arte di Stanislavskij. Il regista, mantenendosi fedele all’idea originale (in senso sia testuale sia scenografico), fa della doppia natura di quest’opera il suo punto di forza, portandola al limite: eroi ed eroine tragici – ma senza tragedia – muovendosi sul confine del comico, tra disperazione e beatitudine, ridono, ma sempre con le lacrime agli occhi.

Il nucleo della vicenda è semplice: bisogna abbattere il giardino dei ciliegi e vendere, anzi, lottizzare la proprietà per pagare i debiti. Questa la proposta di Lopachin, alla quale Ljuba, aristocratica russa interpretata con forza da Elena Bucci, non intende rassegnarsi. Questo il filo conduttore intorno al quale si intrecciano, incontrano e scontrano i frammenti delle storie dei singoli caratteri, della famiglia Ranevskaja, ma anche della società russa portata in scena nell’ultimo atto, quando calerà, imponente sul fondo, un imponente busto di Lenin.

elena-bucci-in-il-giardino-dei-ciliegi-cechov-malosti-ph-tommaso-le-peraIl ritmo della recita è incalzante, le scene si susseguono equilibrate, senza pesantezze o eccessive dilatazioni: monologhi ricchi di pathos si alternano a brevi momenti improntati a riso e leggerezza. Una qualche amara ironia nel portare in scena il lato comico dei drammi della vita passa anche attraverso i singoli: dai tentativi di Natalino Balasso, nei panni di Andreevič, di far discorsi “seri” (prontamente frenati dalla figlia), sino all’evanescente figura interpretata da Eva Robin’s, che fluttua da una parte all’altra del palco facendo giochi di prestigio. Un cast eterogeneo, amalgamato alla perfezione, per uno spettacolo che funziona tanto nell’insieme quanto nelle singole parti.

Quando è lasciato solo sulla scena, Piero Nuti sveste i panni dell’anziano servitore Firs e torna uomo, attore e, più di tutto, narratore. A lui Malosti affida il compito di porgere, recitando, le didascalie: come un architetto, crea con gesti e parole le scene, ei legami fra di esse.

La casa, infine, sarà chiusa, venduta a Lopachin che ne trarrà residenze per turisti, vuota e fredda dopo la partenza della famiglia; rimane solo Firs che, dimenticato, si sdraia sul pavimento quasi per diventare egli stesso parte del luogo di cui è stato a lungo custode.

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VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un dolce sarebbe... una torta a strati

Locandina dello spettacolo



Titolo: Il giardino dei ciliegi

di Anton Čechov
versione italiana e regia Valter Malosti
consulente per la lingua russa Vera Rodaro
con Elena Bucci, Natalino Balasso, Fausto Russo Alesi, Giovanni Anzaldo, Piero Nuti, Eva Robin’s,  Roberto Abbiati, Gaetano Colella, Roberta Lanave, Camilla Nigro, Jacopo Squizzato
e con gli allievi della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino
Federica Dordei e Alessandro Conti
costumi Gianluca Sbicca
scene Gregorio Zurla
suono Gup Alcaro
luci Francesco Dell’Elba
cura del movimento Alessio Maria Romano
assistente alla regia Elena Serra
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
con il sostegno di Fondazione CRT


Testo fondamentale del Novecento, ultima delle opere teatrali di Čechov, Il giardino dei ciliegi viene scritto tra il 1902 e il 1903 per la maggior parte a Jalta, dove l’autore, minato dalla tubercolosi, si era stabilito da tempo. Una storia di perdite, di denaro dilapidato, di lutti, di passioni sfiorite: ed è quasi naturale che il congedo dalle scene e dalla vita di Čechov colga con precisione la decadenza di una famiglia aristocratica russa, riunitasi nella tenuta di campagna che sta per essere messa all’asta. Ma non c’è solo il dramma personale di un gruppo familiare: c’è anche la crisi di una società, la decadenza di una classe, il tradimento della servitù ben intenzionata ad attestarsi come nuovo ceto emergente. A quindici anni di distanza dalla Rivoluzione d’ottobre, che cambierà per sempre la geografia della Russia e la struttura della società, Il giardino dei ciliegi anticipa la sensazione di un mondo finito, ribaltato negli equilibri e nelle dinamiche. Questa coscienza della morte e dei preziosi istanti che gli restavano da vivere donò a Čechov un meraviglioso senso di relatività, una distanza sufficiente per non perdere mai di vista il lato comico dei drammi e della vita stessa. Per l’autore Il giardino dei ciliegi è una commedia, un vaudeville, non capisce le lacrime della compagnia teatrale alla prima lettura del testo. Ma noi potremmo tentare di dire che il Giardino è forse un “tragico” vaudeville in cui l’apparenza naturalistica lascia spazio a una tensione più ritmica, musicale, e non a caso Mejerchol’d apparentava l’opera a una sinfonia di Čajkovskij. Il regista Valter Malosti ha dato vita a un percorso artistico che ne ha fatto una delle firme registiche più riconoscibili nel panorama teatrale italiano, con un’attenzione particolare all’arte dell’attore. Elena Bucci, Natalino Balasso, Fausto Russo Alesi sono il fulcro di un ricco cast con generazioni diverse di interpreti (da Giovanni Anzaldo, a Eva Robin’s al grande vecchio Piero Nuti), in un confronto dal forte spessore attorale.

Elena Modena
Colleziona ipotesi su cosa sia l'informatica umanistica.