È in un giorno umido che va in scena la prima, dopo “l’assaggio” estivo a Castiglioncello, del nuovo spettacolo degli Omini, Più carati. Lo spettacolo vede la drammaturgia e l’ideazione sì degli Omini ma, al loro fianco, del drammaturgo Armando Pirozzi. Scenografia essenziale: a destra, un tavolo di legno, su cui si stagliano un portatile e una bottiglia d’acqua; a sinistra, una lampada, anch’essa di fattura semplice.
Immobili sulla scena, tre figure iniziano il racconto poco per volta, facendo affiorare il ricordo di un periodo strano, il momento in cui è successo: cosa ancora non è dato saperlo. Al tempo i tre amici avevano circa quarant’anni, la schiena di uno dei tre (Luca Zacchini) si era bloccata alzando l’asciugacapelli, e ascoltavano solamente Un ragazzo di strada dei Corvi: “ci era presa così” spiega semplicemente Francesca Sarteanesi. Tre personaggi caratterizzati in modo preciso, semplici e ormai decaduti.
Questa prima immagine rivela immediatamente la cifra stilistica dello spettacolo: un’ironia smaccata, espressa da personaggi convinti della assoluta serietà di ciò che raccontano.
Zacchini rimane solo in scena, la schiena dolorante, aspettando ansioso i due amici ritardatari: i tre devono partecipare a un bando, manca solo la parte amministrativa, e il tempo sta scadendo.
Gli altri due (Sarteanesi e Francesco Rotelli) tornano in scena: nascondono un segreto, ed ecco che lentamente, tra divagazioni e incitazioni varie, viene rivelato l’accaduto. La donna, in un bar in centro a Firenze, ha raccolto una busta piena di soldi probabilmente caduta a un passante: la descrizione è lenta, tanto esasperata da farsi esilarante. 2460 euro e un anello con smeraldo dal valore indefinito: è intorno a ciò che i personaggi prendono a svelarsi, lentamente va delineandosi il conflitto.
I tre esultano, convinti di poter iniziare una nuova vita, e una serie di sogni ad occhi aperti, ridicoli quanto semplici, alimentano l’eccitazione generale, che arriva al culmine quando, nel tentativo di delineare il valore dell’anello, arrivano a pensare cifre incredibili, moltiplicate esponenzialmente: più carati più soldi, più soldi più carati, mantra ripetuto più e più volte, trasportandoli in uno stato di semi-allucinazione per cui ogni fantasia pare divenire finalmente realizzabile.
Il sogno torna alla realtà poco per volta: dapprima uno pone un dubbio, poi l’altra si ferma a pensare, lo smeraldo pare brillare di luce propria, e inonda la scena di verde, sfumando man mano che i dubbi divengono reali e l’esaltazione inquietudine.
Si torna all’inizio, con una punta di nostalgia per una speranza che ormai si può solo dimenticare, perché, concludono, si è fatta “la cosa giusta sbagliata”.
Lo spettacolo termina tra risate e applausi.
Rispetto ai lavori precedenti (vedete qui, qui e qui), Più carati risulta fin troppo semplice, e qui forse sta l’inghippo: se lo spettacolo, di per sé, è assolutamente apprezzabile e, anzi, liberatorio nella sua leggerezza, le note di regia ci fanno venire il dubbio che il proposito della performance fosse differente. Craxi, in copertina allo spettacolo, pare sussurrarci che l’intento di quella che ci è parsa una serata assolutamente divertente, fosse di innescare una riflessione morale e forse addirittura socio-culturale, che però pare essersi persa sotto un linguaggio forse troppo facile.