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Quando le forme galleggiano

Sguardazzo/recensione di "Le parole lievi"

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Cosa: Le parole lievi
Chi: Armando Punzo, La Compagnia della Fortezza
Dove: Volterra (PI), Carcere di Volterra/Fortezza Medicea
Quando: 27/07/2017
Per quanto: 75 minuti

Sempre più difficile è parlare degli spettacoli della Compagnia della Fortezza in un numero contato di battute. Quasi impossibile è scrivere riguardo allo spettacolo di quest’anno, Le parole lievi: verrebbe da dire, in senso positivo, troppo, di tutto. Ma procediamo per gradi. Uno spettacolo tratto dalla complessa opera di Jorge Luis Borges, che prende forma in quello che sembra essere un diario di confidenze dello stesso Armando Punzo: le sue visioni, i suoi colori, i suoi fantasmi, la sua incrollabile fede costantemente minata da paure, timori e incertezze.

Siamo in un non luogo, e in questo non luogo che è il teatro si svolge l’azione. Il pubblico si stipa, come di consueto per le anteprime estive dei lavori della Compagnia della Fortezza, nel cortile dell’ora d’aria del carcere volterrano, e lì resta per l’intera durata della rappresentazione. Sotto il sole di luglio si assiste al compiersi, al farsi scena delle visioni partorite dal regista/attore, nella concretizzazione teatrale dell’uomo alle prese con sé stesso. Lo spettacolo si afferma per forza visiva, da sempre arma segreta e spinta propulsiva degli spettacoli della Compagnia. Punzo cammina e parla dimenticandosi dello spazio del cortile che perde i suoi contorni e muta, allungandosi e deformandosi, aprendosi su infinite stanze immaginarie. Qui, nascoste e pronte a rivelarsi allo sguardo dello spettatore, si trovano le creature parlanti o meno della rappresentazione.

Il regista, come in altri allestimenti passati, interviene direttamente nel corso della messa in scena, come se stessimo assistendo a una grande prova generale. Tutto questo, forse, a sottolineare la dichiarata dicitura di “primo studio”. Ogni opera della Compagnia si pone, al primo anno di lavorazione, come studio, lavoro ancora “grezzo”, da calibrare, in grado di raggiungere la propria vera forma soltanto l’anno successivo. Per Le parole lievi la Compagnia decide di sottolineare tale aspetto, probabilmente trovandosi di fronte a un’opera, quella di Borges, incredibilmente ampia e, in un certo senso, ancor più problematica.

È, forse, in quest’ultima creatura scenica della Compagnia che la libertà di lettura da parte dello spettatore rischia di divinire sconfinata. Tanto evidente quasi da infastidire. L’intensa sequenza di fotografie – sequenze in un certo senso autoconclusive, nelle quali i personaggi escono ed entrano in scena – così forti da soddisfare qualsiasi fame visiva, lascia un’incredibile spazio all’immaginazione. Guardando gli spettatori, si ha quasi la conferma che ognuno di essi si senta libero di leggere tutti i simboli che sfilano sulla scena codificandoli secondo il proprio bagaglio esperienziale. Ognuno vede, sente, respira e traduce un mondo di colori e forme, in preda a una rinnovata creatività febbricitante. Eppure, si tratta di uno spettacolo che sembra richiamare l’intimo pensiero dello stesso Punzo, un articolato sunto del suo “manifesto” teatrale, messa in scena che affonda le radici in una precisa e forse lucida visione, che in questo spettacolo, più che in altri, è strettamente riconducibile al suo creatore.

Chi scrive resta comunque in attesa di essere nuovamente colta di sorpresa, magari il prossimo anno.

(Spettacolo recensito anche da Igor Vazzaz in Volterra: parole lievi, questioni pesanti)

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... qualcosa sarebbe... un pacchetto di Camel senza filtro e una minerva

Locandina dello spettacolo



Titolo: Le parole lievi

Le parole lievi
Cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato 
preludio del nuovo lavoro della Compagnia della Fortezza
ispirato all’opera di Jorge Luis Borges
drammaturgia e regia Armando Punzo

musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
movimenti Pascale Piscina
aiuto regia Laura Cleri
assistente alla regia Alice Toccacieli
aiuto scenografo Yuri Punzo

collaborazione drammaturgica Giacomo Trinci, Lidia Riviello, Alice Toccacieli, Francesca Tisano, Salvatore Altieri, Fabio Valentino, Gaspare Mejri

organizzazione generale Cinzia de Felice

coordinamento Domenico Netti
amministrazione Isabella Brogi
cura Rossella Menna
collaborazione amministrativa Giulia Bigazzi
formazione Marzia Lulleri

direzione tecnica Carlo Gattai
light designer Andrea Berselli
suono Alessio Lombardi
video Lavinia Baroni
foto di scena Stefano Vaja

in collaborazione con VaiOltre!

con Armando Punzo e gli attori della Compagnia della Fortezza Elidrissi Kamal Abdrrak, Wilifred Paull Herbert Aka, Salvatore Altieri, Sebastiano Amodei, Giuseppe Arena, Antonio Arienzo, Mohammad Arshad, Andrej Ayala, Said Bahy, Saverio Barbera, Nikolin Bishkashi, Pellumb Brhama, Paolo Brucci, Mario Cabras, Rosario Campana, Vincenzo Carandente Giarrusso, Maxwell Caratti, Diego Carvalhais, Roberto Cecchetti, Giuliano Costantini, Ismet Cuka, Pierluigi Cutaia, Elis Dedei, Luigi Di Giovanni, Lucio Di Roberto, Domenico Donato, Nicola Esposito, Vitale Esposito, Vincenzo Fagone, Faquan Fan, Giuseppe Galiano, Abbas Ghulam, Salvatore Giordano, Nunzio Guarino, Massimo Interlici, Ibrahima Kandji, Naser Kermeni, Kujtim Kodra, Carmelo Dino Lentinello, Hai Zhen Lin, Domenico Maggio, Angelo Maresca, Massimo Marigliano, Benedetto Marino, Paolo Marino, Giovanni Mazzola, Malaj Mbaresim, Gaspare Mejri, Ciro Oliva, Tarek Omezzine, Marian Petru, Ciprian Putanu, Hamadi Rezeg, Tip Sai Saiw, Mario Serban, Vitale Skripeliov, Vincenzo Sorio, Simone Tarantino, Lucian Tarara, Massimo Torre, Emanuele Valenti, Fabio Valentino, Alessandro Ventriglia, William Villanova, Sinan Wang, Tony Waychey, Carlo Zingarello

percussioni live Quartiere Tamburi / Marzio Del Testa, Iago Bruchi, Riccardo Chiti, Lucio Passeroni, Andrea Taddeus Punzo de Felice

e con i giovanissimi Yana Zoe Giuffrida, Marco Piras, Tommaso Vaja

collaborazione artistica Elisa Betti, Eva Cherici, Gillo Conti Bernini, Adriana Follieri, Margherita Freidhof, Giulia Guastalegname, Daniela Mangiacavallo, Pier Nello Manoni, Marco Mario Gino Eugenio Marzi, Francesco Nappi, Marta Panciera, Eva Pistocchi, Luisa Raimondi, Eleonora Risso, Francesca Tisano, Carolina Truzzi

assistenti stagisti Silvia Augusti, Claudia Calcagnile, Lorena Çoka, Luca Dal Pozzo, Francesca Lateana, Manuel Marrese, Alessandra Pirisi, Gianluca Russo

produzione CARTE BLANCHE – CENTRO NAZIONALE TEATRO E CARCERE

con il sostegno di MiBACT-Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Regione Toscana – Comune di Volterra – Comune di Pomarance – Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra – Ministero della Giustizia C.R. Volterra


Voglio sognare un uomo e imporlo alla realtà Jorge Luis Borges Il nuovo lavoro nasce come ideale prosecuzione dell’ultimo spettacolo dedicato all’opera di William Shakespeare. Nell’ultima scenaLui e il Bambino, il protagonista e il suo alter-ego, abbandonavano l’isola desolata, l’affresco di trame, intrighi e passioni in cui il Bardo avrebbe voluto imprigionarli per sempre. Dove vanno, ora, quei due? A cosa possono rivolgersi se non vogliono più restare in quel quadro che li vorrebbe imprigionati per sempre in un destino umano fatto della sostanza di un’eternità che sembra ripetersi uguale a se stessa senza scampo? Se non in questa vita, in quale? La scaturigine della nuova ricerca è questa smisurata domanda. Punzo e i detenuti-attori della Fortezza cercano nel vocabolario le parole lievi, quelle che si riferiscono all’universo dell’immateriale, impalpabile, invisibile, in potenza: le parole capaci di nominare il nuovo che ancora non esiste, un tema che non c’è (e non l’ennesima variazione su temi dati), quelle che designano le idee non ancora pensate, l’uomo che può ancora essere generato, il mondo in cui quei due possono abitare, un mondo in cui «il reale è solamente ciò che vede la maggioranza». Nei suoi racconti Borges incrina proprio il principio di realtà, allontana il lettore dal piano della quotidianità e della concretezza, costringendolo a smarrirsi nel mondo delle idee; nelle sue opere niente è attendibile, tranne quelli che lui stesso definisce «momenti buoni», quando l’Aleph si riversa nella terra e la terra nell’Aleph, quando il senso delle cose si manifesta d’improvviso e tutto insieme «in una notte unanime» o in «un bacio in Islanda». Alla resa dei conti, in un viaggio disseminato di labirintie finzioni, saranno gli attimi più impalpabili, più irreali, inafferrabili, eterei, i momenti di apertura, di sconvolgente libertà assoluta, a conquistare spazio maggioritario e guadagnarsi consistenza di realtà. Cosa è reale? È reale quella finestra? Sono reali quelle punte di ferro? Sono reali quelle mura che ci proteggono? E l’aria che si muove dolcemente oggi, e il cielo che guardiamo sempre poco, e il sole nostro padre e madre, tutore, angelo custode che nasconde la sua corruzione in miliardi di anni, e la mia mano, e la notte che la nasconde, e i mei occhi che non possono vedersi se non in un riflesso, e la schiena dell’altro che non sarà mai la tua e la ricorda e te la rappresenta per non darti da pensare, e il cuore che batte nascosto il suo moto vitale infinito, che ripete con le sue fragili forze quello delle stelle, delle acque che battono una riva, che fluiscono tra morbidi argini e ferme specchiano il Narciso di un attimo, e la luna che cresce, decresce fino a farsi dimenticare, e l’anima che non si trova tra le viscere, in nessun luogo situabile, e l’amore oltre noi, insostenibile, che svela la nostra incapacità, e lo sforzo di comprendere la natura che ci sfugge come una tenera gemma che appare al mondo, e il colpo di un artiglio crudele e giusto, e le umane vicende che si ripetono senza tempo, e il dolore che ci cerca? Questo attimo è reale, solo questo, quest’attimo che li condensa tutti e li nega, li sospende, quest’attimo che non potrai mai trattenere e la cui forma svanirà per sempre per apparire in altre forme mutevoli – Armando Punzo

Gemma Salvadori
Nata a Volterra nell'inverno del 1992, vive lì, studia a Pisa. Sogna di vivere in un attico con un cane e quattro gatti: tutto molto bello ma davvero poco interessante. Fuma e scrive su un' agenda bancaria più vecchia di lei rivestita con la carta da parati della nonna del suo vicino di casa.