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La lezione di Carlo Cecchi

Sguardazzo/recensione di "Enrico IV"

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Cosa: Enrico IV
Chi: Carlo Cecchi, Angelica Ippolito, Gigio Morra, Roberto Trifirò
Dove: Firenze, Teatro della Pergola
Quando: 14/12/2017
Per quanto: 90 minuti

Quando vedo orde di studentelli nel foyer di un teatro è come se sperassi, ancor più del solito, che lo spettacolo in questione sia “fatto bene” o, per lo meno, abbia le giuste qualità affinché dei G.D.S. (Giovani Digiuni Spettatori) possano essere invogliati diventare frequentatori abituali di platee. Spesso, tali speranze vengono infrante da allestimenti “classici” di durata improponibile (che i G.D. paragonano, in chiave peggiorativa, a puntate di serie tv) o da regie oltremodo pesanti. È con gioia, dunque, che accogliamo un’eccezione degna di nota come Enrico IV firmato Carlo Cecchi.

Tra le opere pirandelliane, questa è, forse, una delle più fortunate, con la trama sul filo della pazzia simulata (siamo nel primo Novecento) da parte di un nobile che, battuta la testa, afferma di essere Enrico IV di Germania; solo successivamente si scoprirà trattarsi di un inganno ordito da questi.

Il testo ben si presta, dunque, alla riflessione su uno dei chiodi fissi del regista toscano d’adozione napoletana: il teatro come giuoco, con i suoi meccanismi che s’aggrovigliano all’interno della storia lasciando lo spettatore incerto e dubbioso su cosa sia vero e cosa finto. Lo stile recitativo di Cecchi è lo stesso a cui ci ha abituati l’artista, con quella noia, esibita e sbruffona, nella ripetizione, manifestata in battute quali: «Dovrò essere Enrico IV per ancora molte repliche…» O, sul finale, davanti al cadavere: «Alzati, ché domani abbiamo un’altra messinscena!»
“Strizzate d’occhio” sulla teatralità che sono, ormai, uno dei fiori all’occhiello del consumato e riconosciuto teatrante. La quarta parete si frantuma sin da subito quando i giovani attori della compagnia, impegnati a spartirsi le parti, inciampano nella classica crisi di ruolo: l’interprete diplomato all’accademia Silvio d’Amico rifiuta di fare la comparsa…
Il cast serve il Maestro, spesso ricalcandone modi e gesti, in un’opera di grande impatto coreutico, anche grazie alla presenza di interpreti d’eccezione quali Angelica Ippolito, Gigio Morra e Roberto Trifirò. Le scene di Sergio Tramonti rivelano anch’esse, nella loro semplice funzionalità, la prospettiva metateatrale dell’intero allestimento: quinte mobili bifrontali posizionate, in base all’atto e al momento, per simulare, prima, il retro di uno scenario, poi, sull’altro lato, pannelli damascati riecheggianti interni sfarzosi.

Carlo Cecchi “asciuga” il dettato originale, lo rende scorrevole, moderno, a tratti farsesco (dichiara apertamente: «Che la tragedia fosse una farsa?»), adatto dunque a un pubblico più giovane, che a scuola ha letto il soggetto originario e che può apprezzare le qualità della nuova stesura.
Tre i livelli presenti in questa pièce: la trama di Enrico IV di Pirandello, il riadattamento di Cecchi, ma anche la lezione che il regista di teatro impartisce agli attori più giovani. Rimarchevole il monologo con cui il Maestro insegna il gioco al teatro, parlando della lettera che lo stesso Pirandello scrisse a Ruggero Ruggeri, il grand’attore cui aveva pensato nella redazione del dramma, e ci ricorda che, fuori da quel magico mondo, c’è la vita e che gli interpreti non sono che rimasticatori di parole. Cecchi è esplicito, ma anche ironico, nel dichiarare che, a differenza di Pirandello, vuole per il suo Enrico una commozione teatrale, e non cerebrale.

Copiosi applausi al termine di uno spettacolo che, non solo, è “fatto bene”, ma che, assai probabilmente, permetterà ai numerosi G.D.S. di tornare a teatro per una seconda possibilità. E questo è quello che conta.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un oggetto sarebbe... una maschera della Commedia dell'Arte

Locandina dello spettacolo



Titolo: Enrico IV

di Luigi Pirandello
adattamento e regia Carlo Cecchi
produzione Marche Teatro

Carlo Cecchi con Enrico IV torna a Luigi Pirandello dopo i memorabili allestimenti di L’Uomo, la bestia e la virtù e Sei personaggi in cerca d’autore. Il primo portato in scena nel 1976 con innumerevoli riprese fino al 1991, quando ne ha anche curato un’edizione televisiva, il secondo, segnato da un grande successo, con quattro stagioni di tournée (dal 2001 al 2005) e numerosi premi vinti. La critica, nell’applaudire il protagonista, sia come regista che come interprete nei due allestimenti, ha sottolineato la modernità, la freschezza, l’ironia, l’essenzialità, che sono caratteristiche fondamentali di Cecchi, e che contribuiscono a rendere gli spettacoli acuti e sorprendentemente ironici, di folgorante semplicità. Enrico IV è una pietra miliare del teatro pirandelliano e della sua intera poetica, dato che porta in scena i grandi temi della maschera, dell’umorismo, dell’identità e del rapporto tra forma e vita, sullo sfondo della contraddittorietà tragicomica della nostra esistenza. Il testo narra la vicenda di un uomo che da circa vent’anni veste i panni dell’imperatore Enrico IV – prima per vera pazzia, poi per abile inganno per simulare una nuova vita, e infine per drammatica costrizione e diventa così l’emblema del legame pirandelliano tra maschera e realtà. Un nobile, infatti, aveva preso parte a una mascherata in costume nella quale impersonava Enrico IV; alla messa in scena prendevano parte anche Matilde, donna di cui era innamorato, ed il suo rivale in amore Belcredi. Quest’ultimo disarcionò Enrico IV, il quale nella caduta battè la testa e si convinse di essere realmente il personaggio storico che stava impersonando. Dopo dodici anni, però, Enrico guarisce e comprende che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per sottrargli Matilde… “Con Pirandello ho un rapporto doppio: lo considero, come tutti, il più grande autore italiano. E anche il più insopportabile. Ma Pirandello è un punto focale, un nodo centrale nella tradizione del teatro italiano e va affrontato col rispetto che gli si deve”.

Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.