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Il mistero della boutique, tra pagina e palcoscenico

Sguardazzo/recensione di "La boutique del mistero"

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Cosa: La boutique del mistero
Chi: Woody Neri, Stefano Detassis, Maura Pettorruso, Alice Conti
Dove: Valdottavo (LU), Teatro Cristoforo Colombo
Quando: 19/03/2017
Per quanto: 80 minuti

Accade sempre più spesso che l’appassionato, velleitario, finanche fiaccato critico teatrale, temerario rappresentante d’un (non)mestiere insidioso, s’apparecchi alla visione di uno spettacolo tratto da una fonte a lui ignota. Non è, né può essere un problema: in tempi di saldo codice scenico (non li rimpiangiamo: manco eravamo nati) l’occorrenza era inconsueta, le messinscena si basavano su drammaturgie conchiuse ed esisteva un canone sulla cui base si svolgevano e il fatto teatrale e l’esercizio critico.
Adesso, in tempi di polverizzazione (dei saperi, delle esperienze, del tempo stesso dedicato alla fruizione), non è più così e capita d’assistere a uno spettacolo senza aver cognizioni circa la sua eventuale sorgente. Non può essere un problema e, se lo diventa, è giusto provare a parlarne, proprio per assolvere la funzione che taluni vorrebbero ignorare: nell’interesse del fatto scenico stesso, di chi lo realizza e di chi, soprattutto, ne sarebbe l’ideale destinatario.

La boutique del mistero: 31 storie di magia quotidiana è il titolo d’una raccolta di racconti che Dino Buzzati pubblica nel 1968, best of in cui troviamo concentrati alcuni temi fondamentali per l’autore bellunese: solitudine, metamorfosi (intesa come crescita), paura, angoscia. Da questo volume, sfuggente, paradossale, il regista Giulio Costa trae una partitura scenica ad alto coefficiente di rischio, facendosi carico del precipitato onirico e ossessivo delle narrazioni. L’ambito produttivo, Trento Spettacoli, ben giustifica l’intenzione: protagonista è Woody Neri, da anni “intrappolato” presso la Fortezza Bastiani nei panni del sottotenente Drogo per una bella versione di Il deserto dei Tartari (altrove ne parlammo). Con lui, Stefano DetassisMaura Pettorruso, che ricordiamo coinvolti in una consimile operazione, la traduzione scenica di Addio alle armi per cui l’attrice aveva curato, come nel presente caso, il delicatissimo passaggio di forma.

Pantaloni corti, aria infantile, Neri guadagna il palco con le luci in sala ancora accese. Legge, ed entriamo così nella penombra d’una vicenda composita, avvolgente. Lo spazio, nero di quinte e chiaro d’assi legnose, è di metafisica vacuità, pronto a riempirsi di panche, in un gioco fanciullo di scafi a motore. La macchina s’innesca: arriva Alice Conti e la danza teatrale avviluppa lo spettatore, come il risucchio d’un gorgo o l’occhio d’un tornado. Il bambino Neri diviene adulto, ed è evidente che ci troviamo dinanzi a un intarsio, un’articolatissima struttura di rimandi narrativi che risuona di nomi, di elementi. Si percepisce uno scavo psicologico di cura maniacale, ma che non corrobora il gioco scenico che i quattro attori mettono in campo, disegnando traiettorie nello spazio semivuoto, slittando di personaggio in personaggio.

Si smarrisce, però, il filo, come nel mezzo d’un labirinto: che proprio questo sia lo scopo perseguito da Costa? Emerge, altresì, l’impressione palpabile d’un’esperienza monca: dotati di opportuni strumenti esegetici, forse, avremmo potuto restar più prossimi alla recita, apprezzare davvero il raffinato lavoro di riscrittura. Non è così.

Confessiamo d’esser da sempre assertori dell’assoluta indipendenza del fatto scenico e, poste le giuste cautele su condivisione di codici e consuetudine formale (come dire: un astemio non può giudicare un vino), l’idea di uno spettacolo che sembra esigere una preparazione specifica ci risulta difficile da accettare, proprio perché non si svolge all’interno di un convegno, ma si rivolge per principio a un pubblico ampio e variegato. Chissà che con il fluire delle repliche, la scena non riguadagni la propria irrinunciabile posizione.

 

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... una tappa al Giro d’Italia sarebbe... una scalata durante la quale, mano a mano, ci si stacca dal gruppo di testa

Locandina dello spettacolo



Titolo: La boutique del mistero

uno spettacolo ispirato ai racconti diDino Buzzati
con Woody Neri, Alice Conti, Maura Pettorruso e Stefano Pietro Detassis
drammaturgia a cura di Giulio Costa e Maura Pettorruso
organizzazione Daniele Filosi
regia Giulio Costa
produzione TrentoSpettacoli
con il sostegno di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto
e di Ferrara OFF Associazione Giardino Buzzati
con la collaborazione di Associazione Internazionale Dino Buzzati
ritratto Maura Pettorruso Stefano Bottesi
ritratto Stefano Pietro Detassis Stefano Detassis

 La boutique del mistero è uno spettacolo fondato sulle parole, sui personaggi e sulle storie di Dino Buzzati, ma che arriva a parlare in modo diretto alla nostra contemporaneità e al nostro tempo.
I racconti scelti sono tra i più significativi dell’opera di Buzzati, rappresentano al meglio le tematiche più care all’autore come la solitudine, la paura, l’angoscia e i paradossi dell’età contemporanea, narrati con il suo inconfondibile stile magico e surreale. Con Woody Neri Alice Conti Maura Pettorruso Stefano Pietro Detassis. Una produzione TrentoSpettacoli, con il sostegno di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e di Ferrara OFF, Associazione Giardino Buzzati, con la collaborazione di Associazione Internazionale Dino Buzzati.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.