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Il potere è un labirinto mostruoso

Sguardazzo/recensione di "Il minotauro"

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Cosa: Il minotauro
Chi: Gianluca Guidotti, Enrica Sangiovanni, Ciro Masella
Dove: Passo della Futa (FI), Cimitero Militare Germanico
Quando:
Per quanto: 75 minuti

Il Cimitero militare germanico al Passo della Futa è, già di per sé, un maestoso teatro naturale che domina l’Appenino sul confine incerto tra Toscana ed Emilia. Ogni estate, la compagnia Archivio Zeta abita l’impressionante monumento en plein air, andando in scena tra i sobri sepolcri e la massiccia struttura petrosa su cui svetta aguzza una torre. Molti, oramai, gli spettatori, per un appuntamento felicemente abituale. Quassù, tanto è il vento che sbuffa, quanto il fiato sottratto da un crepuscolo sublime, che dipinge di colori caldi le visioni allestite da Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti. Teatranti cum grano salis, i due, visti qui all’opera con un Macbeth esistenzialista, l’anno scorso, e, a Prato, in primavera, con un ficcante lavoro a tema economico.

Il loro teatro è come un Giano, bifronte e pensoso: un piede, anzi, uno sguardo fitto nel Classico, radice e del primo teatro e del nostro più potente orizzonte mitologico; l’altro rivolto all’oggi, la scrittura di scena come opzione prediletta. Su questa linea troviamo Il minotauro, solo in apparenza sbilanciato verso il primo versante: il mito del mostro partorito dall’empia Pasifae è, infatti, filtrato dalla lente di Julio Cortázar, argentino d’Europa, penne tra le più fini del Novecento. Confrontarsi coi classici è esercizio comune ai grandi autori coevi (l’Antigone di Anouilh è del 1941, quella brechtiana del ’48), sfruttando l’enigmatica potenza del mito per rifrazioni spiazzanti eppur gravide di senso.
Già dal titolo,
I re (Los reyes), Cortázar concentra il fuoco del testo (del ’49) non sull’inverecondo ibrido, ma sui sovrani contrapposti, Minosse e Teseo: è il potere con le sue mistificazioni a calamitare lo sguardo dell’autore, affascinato più dalle prossimità tra i due regnanti, che dalle loro differenze o dalla dicotomia tra vecchio e nuovo ordine.

Ciro Masella è un Minosse incattivito e indomito: lingua tornita, il suo giocar con le parole è immaginifico, stigma di soggiogante forza virile e, appunto, potere. Gli si contrappone, prima, l’Arianna dolente ma non succuba di Enrica Sangiovanni, staticamente poderosa (infortunatasi nel corso delle prove, la forzata immobilità risulta comunque efficacissima); nei quadri successivi, toccherà a Teseo (Gianluca Guidotti), avversario e doppio del vecchio sovrano. Drammaturgia di confronti serrati: scene quasi sempre a due, nelle calibrate oscillazioni di equilibri sottili.

Dal basso del Cimitero si risale su su, all’edificio in pietra, il Labirinto, architettura mostruosa che cela e protegge il frutto ancor più mostruoso d’un abominio. Eppure, Arianna ama il fratello, d’amore vero e umano, mutando la bestiale passione della madre in fraterno legame, inscindibile e solidale. Cortázar denuncia un potere che si specchia e riproduce, oppressivo e ineluttabile, incapace d’abbracciare la complessità. Uomo, appunto, e maschio.

Il filo rosso affidato a Teseo prima che questi uccida il Minotauro, lontano dai nostri occhi, s’accompagna a un messaggio sibillino («Digli che questo filo te lo ha dato Arianna…») destinato all’equivoco, non istigazione assassina. Eppure, la storia si compie e, con essa, la perpetrazione rituale del dolore che è la linfa vitale del teatro: resta la possibilità del racconto, testimoniata, nel testo, dal Citarista (Elio Guidotti) e del Gioco, di specchi e rifrazioni, ulteriori innescate dalla messinscena, tra cui l’Arianna bambina della brava Antonia Guidotti (cognome non casuale: i giovani figli di Enrica e Gianluca). Le note d’un tango (di Edgardo Cantón, testo dello stesso Cortázar) chiudono uno spettacolo non facile quanto abbacinante.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un oggetto sarebbe... una clessidra

Locandina dello spettacolo



Titolo: Il minotauro

nel labirinto di Julio Cortázar

drammaturgia e regia Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni
con Gianluca Guidotti, Ciro Masella, Enrica Sangiovanni
e con Antonia e Elio Guidotti, Francesco Fedele,
Carolina Giudice, Andrea Sangiovanni
partitura sonora Patrizio Barontini
elementi scenici Francesco Fedele
tecnica Andrea Sangiovanni
coreografie Carolina Giudice
coordinamento organizzativo Luisa Costa
ufficio stampa Pepitapuntocom
grafica WebLogoDesign
foto di scena Franco Guardascione
produzione Archivio Zeta
con il contributo di
Regione Emilia Romagna


Dal 5 al 20 agosto 2017 alle ore 18.00 va in scena lo spettacolo Il Minotauro nel labirinto di Julio Cortázar, nuovo e atteso lavoro della Compagnia Archivio Zeta, diretta da Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, in scena con Ciro Masella e con Antonia e Elio Guidotti, Francesco Fedele, Carolina Giudice, Andrea Sangiovanni e la partitura sonora di Patrizio Barontini, che debutta, come da tradizione, nel Cimitero Militare Germanico del passo della Futa. Mai come in questa occasione il luogo è parte integrante e cuore pulsante di questo spettacolo tratto da Los Reyes dello scrittore argentino Julio Cortázar, autore straordinario che ha ispirato, con le sue opere, anche il cinema di Antonioni e Jean-Luc Godard. Dal primo momento, appena entrati nel Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa ormai 14 anni fa, questo abbiamo pensato di quel luogo: un enorme labirinto della memoria, nel quale perdersi, lasciarsi fagocitare dalla sua spirale di pietra, lanciare lo sguardo lungo le file interminabili di tombe e posarlo a volo d’aquila sulle colline circostanti, sul lago di Bilancino. Non un comune cimitero, non un luogo di retorica della Memoria, ma un luogo altro, dove si percepisce la differenza tra la vita e la morte, nel quale si possono raccontare i miti e le storie umane per vederne esplodere i significati, dove la nostra voce e la nostra presenza fanno eco e imprimono nello spazio le lacerazioni e il dolore di cui trabocca. Qui abita il nostro Minotauro. Ma finché non ci siamo imbattuti nel testo di Julio Cortázar, Los Reyes, non avevamo ancora il materiale giusto. Cortázar, signore dei giochi letterari, ci ha appassionato perché lavora sul conflitto fra la razionalità e la regolarità del quotidiano e l’irruzione dell’inconcepibile con la sua prosa poetica tutta forzata sul registro del sublime, confrontandosi con un mitologema antichissimo fondamentale. I racconti pur meravigliosi di Borges e Dürrenmatt non erano sufficienti all’azione teatrale. Il punto fondamentale sta nel ribaltamento totale del punto di vista. Dov’è il labirinto? Chi è il mostro chiuso nel labirinto? Chi è il Minotauro? La creazione del mostro, la persecuzione del mostro, la necessità del potere di avere un mostro per sfamare il Demone del popolo.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.