L’offerta settimanale, pian piano, cresce, le stagioni iniziano, l’attività scenica riprende pure in spazi ultimamente latitanti (pensiamo a Pescia, ritornata in qualche modo nell’area di Associazione Teatrale Pistoiese e di cui probabilmente parleremo presto).
La situazione è tutt’altro che rosea, al di là dell’entusiasmo da marketing sciorinato spesso e volentieri dagli operatori (quelli che debbon vendere qualcosa), però sarebbe scorretto dire che non vi siano tracce di vita, nei teatri, piccoli e grandi, della Toscana.
Lucca e provincia – torna il Giglio, torna Ambra Senatore
Mentre SPAM! annuncia (a mezzo social) che sta per annunciare la programmazione, praticamente dall’oggi al domani (non è neppure tutta colpa loro, lo sappiamo, ma a rimetterci, alla fine, è, in sequenza, chi prova a fare informazione, chi prova a vedere spettacoli e, infine, chi li programma, e annuncia all’ultimo istante…), incluso il ritorno di Tempi di reazione (ne scrivemmo diffusamente, ricordate?), a Lucca il Giglio ha riaperto i battenti nei giorni scorsi con due repliche di Tosca, produzione “locale”.
Da venerdì a domenica, invece, le assi dello storico (duecento anni tondi dall’inaugurazione) spazio scenico lucchese torneranno a ospitare la prosa: l’occasione è Ho perso il filo, testo di Walter Fontana, diretto da Cristina Pezzoli, protagonista l’amatissima Angela Finocchiaro. Il sodalizio Pezzoli-Finocchiaro è ben consolidato e siamo certi che il pubblico apprezzerà molto uno spettacolo che «si avvale di più linguaggi espressivi grazie anche agli straordinari danzatori guidati dall’inventiva di Hervé Koubi, uno dei più talentuosi coreografi sulla scena internazionale». Da parte nostra, dobbiamo pure ricordare che le ultime cose viste non è che fossero propriamente eccezionali (qui, però, se n’è parlato pure bene).
Quanto al doppio centenario passato in sordina: che dire? Il Giglio per Arlecchino è croce mista a delizia (o forse l’inverso): un po’, ci siamo praticamente nati, e ci sentiamo simbolicamente adottati da questo spazio che amiamo e che vorremmo sempre più ricco, vivace; e un po’, dunque, ci addoloriamo nel riscontrare quanto la città abbia, rispetto al suo teatro (e al teatro in genere), un atteggiamento contraddittorio, ambivalente.
Si fa sempre un bel parlare di promozione, di valorizzazione delle risorse, di marketing territoriale, ma a Lucca, tolta la questione (peraltro intricatissima) legata a Puccini, ci pare che il lavoro da fare sia ben più di tanto. Stiamo parlando di una città dalla storia musicale incredibile, ricca di personalità e fatti notevoli: da Francesco Geminiani a Luigi Boccherini, da Alfredo Catalani a quel Giacomo Puccini che rischia di oscurare tutti gli altri, com’è di fatto avvenuto con le quattro generazioni precedenti della propria famiglia, che vanta insigni musicisti (da citare Giacomo senior e il di lui figlio Antonio); ma non solo, giacché forse non tutti sanno che, probabilmente, il primo quartetto della storia si sarebbe formato a Lucca grazie al violinista livornese Filippo Manfredi, e che un certo Niccolò Paganini trascorse un periodo significativo della propria vita artistica nell’arborato cerchio, alla corte di Elisa Baciocchi, lasciando segni tangibili del suo passaggio in città.
In tutto questo, il Teatro del Giglio ha recitato, a partire dal 1819 (prima si chiamava Pubblico, per poi essere ricostruito nel 1817 grazie a Maria Luisa di Borbone), un ruolo centrale, qualificandosi come la maggior istituzione culturale cittadina, e il non sapere, o non volere o non potere, celebrare in modo acconcio una ricorrenza come quella presente ci pare costituire la prova provata di un’incapacità a raccontarsi che rischia di essere incapacità di conoscere ciò che si è.
Il bello è che tutto questo avviene in anni in cui, a destra e a manca, non si fa altro che cianciare di promuovere i territori, valorizzare le eccellenze e così via. Ma che ci facciano il piacere…
Rieccoci su SPAM!: segnaliamo che domenica, in quel di Porcari, sarà possibile rivedere in scena un’artista del calibro di Ambra Senatore, danzatrice e coreografa apprezzatissima a livello sia nazionale sia internazionale. L’occasione sarà IMPROPTU: Palco-Lavatrice-Palco, secondo appuntamento della rassegna dal titolo Wonder Women. L’artista (di cui abbiamo parlato in epoche pre-arlecchine) racconterà agli spettatori il proprio percorso, parlerà delle figure femminili che l’hanno ispirata e riporterà delle osservazioni sul contesto culturale in cui si trova immersa, adesso, in Francia, in quanto coreografa, direttrice di un centro di creazione e madre. «Immagino questo incontro come una conversazione aperta cui darò avvio e che costruiremo poi insieme con i presenti. Per iniziare però, siccome ho proprio voglia di ri-danzare a SPAM!, chiederò dei suggerimenti per improvvisare una danza». Ci pare un’occasione da non perdere e di cui vorremmo raccontarvi.
Pisano – Rimasticando Shakespeare
Settimana fiacca nei teatri pisani, che per lo più tacciono. L’unico appuntamento è peraltro quasi fuori zona, al confine col livornese: sabato 26 al Teatro U. Niccolini di Castellina Marittima troviamo Romeo e Giulietta stanno bene! Amore contro tempo. La regia è firmata da Andrea Kaemmerle, Anna di Maggio e Silvia Rubes, che pensano a un finale alternativo per il celebre dramma shakespeariano: «Romeo e Giulietta stanno bene, non sono morti, anzi hanno dovuto vivere per tantissimi anni affrontando tutte le difficoltà quotidiane dovute a convivenza, lavoro, vecchiaia e modernità». I due adolescenti, bruciati da un amore travolgente, si trovano quindi in un universo contemporaneo, molto poco “libresco”, in cui l’amore si costruisce con fatica e l’incredibile non ha spazio. Conosciamo da tempo Andrea Kaemmerle, cui tre anni or sono sottoponemmo il questionazzo (uno dei più belli finora raccolti, leggere per credere). Lo spettacolo promette di essere molto divertente, noi ci crediamo e perciò ve ne consigliamo la visione.
Oltreconfine – Nuove vesti per i classici
Spostandoci poco lontano troviamo altri tre appuntamenti che necessitano considerazione.
Da mercoledì a domenica il Piccolo Teatro Mauro Bolognini di Pistoia ospita Padiglione 6: Roberto Valerio adatta per la scena il racconto di Čechov datato 1892, scoprendone la dolorosa forza. Lo spettacolo nasce da un intenso laboratorio durato due mesi, che ha visto dodici giovani attori lavorare con il regista, con l’insegnante di educazione del corpo Andrea Pangallo e con ballerina-coreografa Valeria Andreozzi: tra loro soltanto cinque attori sono stati selezionati per portare in scena il dramma assieme a Martino D’Amico, Luigi Di Pietro e Carlo Di Maio. «Uno spettacolo forte, contemporaneo, sulla deriva degli ultimi, sull’emarginazione sociale, sulla violenza dell’uomo sull’uomo, sulla follia umana… Uno spettacolo poetico con tinte sinistre, dove i tratti lievi e grottescamente divertenti dei teneri pazzerelli, si confondono con il loro tragico vivere quotidiano della reclusione». Visti i precedenti di Roberto Valerio (non solo) a Pistoia, consigliamo a occhi chiusi.
Spostandoci a Prato, da giovedì a domenica al Teatro Metastasio troviamo un altro spettacolo che rilegge un classico: Paolo Coletta cura la regia di Madre Courage e i suoi figli, adattando il testo di Brecht scritto alla vigilia della seconda guerra mondiale. «Un’opera di contraddizioni e antinomie, a partire dalla principale: Madre Courage si sforza di proteggere i suoi figli dalla guerra, grazie alla quale lei stessa vive e guadagna, ma li perde inesorabilmente uno dopo l’altro. La donna e il suo carro sono immediatamente emblematici di questa distorsione esclusivamente umana, dove la paura della morte si sconfigge entrando in una economia di morte». Maria Paiato, nota attrice sì di teatro ma anche di cinema, è madre Courage, con la sua femminilità non stereotipata, scardinata dallo stantio modello della donna-madre amorevole. Nella rappresentazione rientrano anche nove canzoni previste dal testo, curate da Paul Dessau. Consigliamo.
Infine, al Funaro (Pistoia) replica secca sabato sera per Un principe della compagnia Occhisulmondo, drammaturgia e regia di Massimiliano Burini. «Lo spazio vuoto e 7 attori: niente di più. Evocare un ambiente, un momento preciso, nel quale lo spettatore insieme all’attore compie l’atto creativo attraverso l’immaginazione. Abbiamo scelto di sviluppare una drammaturgia che mettesse in evidenza dell’opera Shakespeariana la caduta di una stato, il marciume della società, l’avidità e la perdita di responsabilità». Non sappiamo molto di più, ma nel dubbio vi ci mandiamo, come al solito.
Andate a teatro, suvvia.