ARCHIVIO SPETTACOLI
Delitto/castigo, S. Rubini/C. Cavalluzzi (2014)
Titolo: Delitto/castigo
Un classico d’altri tempi, tale in nome delle potenzialità riflessive in esso contenute e della capacità di rendersi psicologicamente e culturalmente attuale anche a distanza di più di 130 anni.
Pubblicato da Fëdor Dostoevskij nel 1886, Delitto e Castigo, sulla scia di Ricordi dal sottosuolo e de I fratelli Karamazov, ci colloca nella condizione di osservatori esterni di una scena narrativa ben definita dal punto di vista spazio temporale, oltre che dal punto di vista dei personaggi e dell’intero contesto che la genera. Una situazione potenzialmente realistica, all’interno della quale l’autore russo porta avanti, con costanti e sottili riferimenti alla propria dimensione religiosa, una riflessione esistenziale inconsapevolmente necessaria per il lettore.
Vertigine e disagio accompagnano il lettore di Delitto e Castigo. La vertigine di essere finiti dentro l’ossessione di una voce che individua nell’omicidio la propria e unica affermazione di esistenza. E quindi il delitto come specchio del proprio limite e orizzonte necessario da superare per l’autoaffermazione del sé.
Un conflitto che crea una febbre, una scissione, uno sdoppiamento; un omicidio che produce un castigo, un’arma a doppio taglio. Come è la scrittura del romanzo, dove la realtà, attraverso il racconto in terza persona, è continuamente interrotta e aggredita dalla voce pensiero, in prima, del protagonista. Ed è proprio questa natura bitonale di Delitto e Castigo a suggerire la possibilità di portarlo in scena attraverso una lettura a due voci.
In Delitto e Castigo non si trova una ragione, una risoluzione definitiva; non ci si interroga sul perché del delitto, ma su come l’autore del delitto si comporti a partire dall’istante successivo al delitto. Si studiano le sue reazioni e ci si specchia nei suoi occhi, partecipi di una sofferenza che, seppur non originata da un atto grave quanto un delitto, può appartenerci e avere su di noi le stesse conseguenze, se non anche più gravi.
Un invito a misurarsi con le proprie paure, i propri errori, con la società, la legge, il mondo, perché si pone nei termini polivalenti del romanzo psicologico e introspettivo, del giallo, della storia d’amore, dell’individualismo, dell’egoismo, della fede cristiana e di tutto quanto possa contribuire a far comprendere al lettore che la colpevolezza e l’errore appartengono all’animo umano, tanto quanto ad esso appartengono l’intelligenza, il sentimento, la capacità di imparare, di chiedere scusa, di perdonare e di redimersi anche a costo di perdere quella che tutti chiamiamo vita.