ARCHIVIO SPETTACOLI
Discorsi alla nazione, A. Celestini (2013)
Titolo: Discorsi alla nazioneNote di regia: di e con Ascanio Celestini
suoni Andrea Pesce
produzione Fabbrica
“Cittadini! Lasciate che vi chiami cittadini anche se tutti sappiamo che siete sudditi, ma io vi chiamerò cittadini per risparmiarvi un’inutile umiliazione”.
Cosa direbbero i nostri candidati se potessero gettare via la maschera della democrazia, così da esporre i propri pensieri a cuore libero? È ciò che si è chiesto Ascanio Celestini al momento di scrivere Discorsi alla nazione: siamo in un paese alle prese con una guerra, gli aspiranti tiranni hanno poco tempo a disposizione per parlare, altrimenti c’è il rischio che qualcuno li faccia fuori, quindi? Poche parole: brutali ma sincere. Allo spettatore non serve un grande salto immaginativo per sostituire “guerra” con “crisi” e rivedere nel carrozzone allestito dal comico romano tutti i protagonisti della nostra scena politica; tutti, nessuno escluso: perché davanti all’implacabile bilancia della democrazia ogni politico si ritrova in difetto di qualcosa.
In un metaforico paese contemporaneo o futuro che attraversa una surreale guerra civile, alcuni cittadini rivelano pensieri, paure e violenze quotidiane (subite e inflitte), in attesa che un tiranno li liberi dalla guerra e dalla democrazia (e dall’aspirazione alla democrazia). Nella luce scura e blu del palco, con il rumore di una pioggia incessante resa dal cadere cadenzato di una goccia d’acqua, si snodano le storie di cinque condomini di uno stesso palazzo, cittadini (o meglio sudditi) di uno stato in rovina, dilaniato da una guerra tra aspiranti tiranni. Tra la scarna scenografia, i cinque personaggi, illuminati da una flebile luce, si raccontano, dando un quadro della loro vita privata e della violenza che alberga nel loro animo, figlia e allo stesso tempo madre della realtà che si trovano a vivere.“Ho immaginato alcuni aspiranti tiranni che provano ad affascinare il popolo per strappargli il consenso e la legittimazione”.