ARCHIVIO SPETTACOLI
La prossima stagione, M. Santeramo (2015)
Titolo: La prossima stagione
regia Michele Santeramo
da un’idea di Luca Dini e Michele Santeramo
immagini Cristina Gardumi
assistente alla regia Erica Artei
musiche Sergio Altamura, Giorgio Vendola, Marcello Zinni
Cosa può succedere nei prossimi sessant’anni? Come le nostre vite dovranno adeguarsi ai cambiamenti che le scelte di oggi produrranno?
Un lui e una lei, marito e moglie, mostrati al presente in sei momenti della loro vita, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, dal 2015 al 2065, per cercare una risposta a come le vite delle persone saranno costrette a modificarsi, accontentarsi, piegarsi, perché intanto il mondo sarà cambiato ma le persone continueranno ad avere le stesse pulsioni profonde, gli stessi desideri, le stesse passioni. Viola e Massimo passano tra gli stravolgimenti imposti dal modo nuovo di vivere: un macchinario che permette di vedere i ricordi li costringerà a raccontarsi ogni verità; i soldi spariscono e al loro posto, per pura democrazia, viene usato il sangue; la morte è obbligatoria e si prenota ad orario e giorno esatti; i pasti sono sostituiti da barrette energetiche complete.
Lo spettacolo racconta come si modifica il rapporto tra questi due personaggi, come si modificano la loro voglia di tenerezza, il loro modo di scherzare, la loro innata leggerezza.
Ma il futuro, in teatro, non è credibile perché l’azione, per essere vera, deve trattenere il tempo nel presente.
Il dialogo, quindi, non è messo in scena ma letto da un solo attore. Le didascalie rivestono un ruolo fondamentale perché, proiettate come fossero sovratitoli, vengono lette dallo spettatore interrompendo il flusso del dialogo. Non si tratta di semplici didascalie che descrivono azioni, piuttosto di visioni a cui si affida – come se per quei momenti lo spettacolo cedesse il posto al romanzo – un pezzo di racconto privato, tra spettatore e pagina scritta, al di là della mediazione della voce dell’attore.
È uno spettacolo da leggere: perché il futuro è irrappresentabile, perché l’attore legge il dialogo, perché lo spettatore legge lo spettacolo.
Michele Santeramo