ARCHIVIO SPETTACOLI
Prometeo: il dono, S.Bertozzi/Nexus (2015)
Titolo: Prometeo: il dono
Progetto Simona Bertozzi, Marcello Briguglio
Ideazione e coreografia Simona Bertozzi
Interpreti Aristide Rontini, Stefania Tansini, Simona Bertozzi
Musiche originali Francesco Giomi
Organizzazione Federica Furlanis
Ufficio Stampa Michele Pascarella
Produzione Nexus 2015
Con il contributo di MIBACT e Regione Emilia Romagna
Con il sostegno di Cango/ Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza
Residenze creative Cango/ Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza,
Armunia-Dimore d’Autunno, Dom La Cupola del Pilastro-Laminarie,
Centro Mousikè Bologna
Durata 40 minuti
La consegna di Prometeo è introdurre l’umanità alla capacità di creare, di forgiare, di coltivare e costruire. Di inoltrarsi nell’articolazione di una pratica in cui l’agire si fa complesso per tensione alla cura, alla vitalità creativa.In questo secondo quadro coreografico del progetto Prometeo, la riflessione sulla natura del dono si attualizza nella capacità di addentrarsi in una traiettoria d’indagine, di esercitare un linguaggio che, nella sostanza del gesto e del movimento, possa farsi luogo della visione e delle mutevoli corrispondenze fra le immagini.Un territorio di frequenze e periodicità, di rette e fasce curve, in cui i corpi si dispiegano in scritture energiche e articolate, depositano affinità segrete e coincidenze, producendo una trama di solitudini e combinazioni dialogiche che si alimentano per reazioni, per ebbrezza della complessità, turbando l’atto consapevole della creazione. Si preferisce ricadere nel vortice…E’ una pratica vertiginosa, quella che accomuna le tre presenze e che sporge negli interstizi dell’azione, nella sua consistenza molecolare, per afferrare la prospettiva di un frammento, di una sezione dinamica, di uno scorcio anatomico. Masse sospese, volumi che si assottigliano, che diventano porzione di dialogo e groviglio delle velocità. Ci si appassiona al dettaglio per proiettarsi nella postura contrastata da un continuo decentramento, da una impossibilità ad arrestarsi. Laddove la pratica e l’ostinazione fan sì che il movimento appaia levigato e riconoscibile, è il compenetrarsi tra la sua grammatica e la mobilità degli immaginari in gioco a lasciare aperto il flusso delle impressioni e delle possibili trasfigurazioni. Quelle occasioni di fragilità che annebbiano lo sforzo sospendono la punteggiatura del fraseggio e permettono di ri-negoziare la propria modalità di manipolare l’aria e di agire nell’incontro con l’altro.
Simona Bertozzi