ARCHIVIO SPETTACOLI
L’importanza di chiamarsi Ernesto, G. Gleijeses (2014-15)
Titolo: L'importanza di chiamarsi ErnestoRegia: Geppy Gleijeses
di Oscar Wilde
traduzione Masolino D’Amico
con Geppy Gleijeses e Marianella Bargilli
con la partecipazione di Lucia Poli
e con (in ordine alfabetico) Valeria Contadino, Luciano D’Amico, Giordana Morandini, Orazio Stracuzzi, Renata Zamengo
regia Geppy Gleijeses
produzione Teatro Stabile di Calabria
L’importanza di chiamarsi Ernesto di Oscar Wilde è stato lo spettacolo che ha totalizzato il record di pubblico del Teatro Stabile di Calabria. A più di dieci anni da quello strepitoso successo Geppy Gleijeses con Lucia Poli e con l’inserimento di Marianella Bargilli, riprendono, in un nuovo allestimento in scena dal febbraio 2014, L’importanza non a caso definita la più bella commedia di tutti i tempi, mai messa in scena dal 2002 in un’edizione importante.
The importance of Being Earnest debuttò al St. James’s Theatre di Londra il 14 febbraio 1895 a cura dell’actor-manager George Alexander, che vi sosteneva la parte di Jack Worthing. Allan Aynesworth era Algernon Moncrieff, Irene Vanbrugh era Gwendolen Fairfax e Evelyn Hilliard era Cecily Cardew. Malgrado lo strepitoso successo riportato alla prima – “in cinquantatrè anni di palcoscenico non ricordo un trionfo maggiore“, avrebbe ricordato Allan Aynesworth molti anni dopo: “il pubblico si alzò tutto in piedi e non cessava di acclamare” – fu smontata dopo appena 6 repliche, come conseguenza dello scandalo in cui Wilde si era andato a cacciare querelando per diffamazione Lord Queensberry che lo aveva pubblicamente tacciato di sodomia.
Ultimo lavoro teatrale di Wilde e diversissimo dai precedenti, The importance ha provocato molte congetture sul corso che l’evoluzione del drammaturgo e di conseguenza forse, di tutto il teatro inglese avrebbe potuto prendere senza l’intervento della magistratura. L’eterea verbalità di The importance, dove tutti – non solo il cinico di turno – si esprimono mediante paradossi squisiti, si accompagna, non dimentichiamolo, a un senso visivo di teatralissima efficacia. Benchè più rare che nei lavori precedenti, le didascalie sono molto suggestive dell’esecuzione ideale e l’apparizione di Jack Worthing in lutto stretto per la morte dell’immaginario fratello Ernest è un colpo di scena giustamente rimasto famoso. Dalle didascalie si capisce anche lo stile di recitazione che Wilde desiderava e che gli attori del primo allestimento, un pò imbarazzati dalla novità, non raggiunsero che in parte: uno stile cioè assolutamente non farsesco e nemmeno, d’altro canto, realistico. I personaggi debbono cioè scambiarsi le battute con perfetta naturalezza, senza mostrare di ritenerle spiritose e senza tentare di giustificarle caratterizzandosi come eccentrici. Evidentemente The importance vive anche avulsa dal contesto storico che la produsse. Prendiamo il caso della formidabile Lady Bracknell, vittoriana quanto più non si potrebbe ma al contempo eterna e universale come Falstaff. Di lei osserviamo anche, en passant, l’ambivalenza mostrata dall’autore nei suoi confronti: Wilde appare affascinato dal mostro che ha evocato e, del resto, la sua stessa carriera mondana conferma come si adoperò per essere ricevuto e coccolato da quella società che sfidava. Dopo lo scandalo, esule a Parigi, soleva affermare con un sospiro che la Regina Vittoria restava la sola donna che avrebbe adorato sposare. The importance è stata definita “la più bella commedia di tutti i tempi“.