Dopo quasi dieci mesi di attività, lo sguardo di Arlecchino può contare su un bel gruppetto di lettori che, a volte, si fanno vivi con un like su Facebook, un commento, un messaggio o una diffida a mezzo raccomandata.
Alessandra Delle Fave, dall’ufficio stampa del Festival Pucciniano di Torre del Lago, non ama la posta elettronica (andate all’ultimo paragrafo Mandando e-mail a Godot) e, per farci sapere che ci legge, assume un legale. La risposta nel merito delle accuse da lei mosseci tramite l’avvocato Gionata Bonuccelli spetta alle sedi appropriate. Cari lettori, non potevamo però negarvi il piacere di un’ennesima, scoppiettante puntata di #recensiamotutto. Vi alleghiamo, quindi, a parte, il testo originale della diffida per commentarlo qui di seguito.
La carta intestata dello studio è semplice ed essenziale, riportando le iniziali degli associati. Risultato pulito, ma un po’ anonimo: adatto tanto a uno studio legale quanto a un ambulatorio veterinario, una ditta di idraulici o a un panificio fighetto. Si apprezza la brevità, requisito necessario − di solito − per ogni prodotto che aspiri al rango di capolavoro.
Senza nemmeno un «Buongiorno» o un «Come sta? A casa tutto bene?», il legale passa subito alle formalità: ci dice chi lo manda e dove vive la sua assistita. Ci sfugge perché dovrebbe interessarci la di lei residenza, ma, va be’, sarà un requisito necessario: aleggia comunque un grosso, gigantesco “chissenefrega”.
Si arriva, quindi, al paragrafo centrale: nemmeno un punto in otto righe, virtuosismo sintattico, però, destinato al fallimento. Come per un soprano che sbaglia nel cercare di eseguire un abbellimento azzardato, apprezziamo lo sforzo. Ci risentiamo, però, nell’essere confusi con un sito ancora in costruzione (Arlecchino.it) e che, probabilmente, non sarà mai bello quanto il presente.
Si parla, subito dopo, di epiteti. Ci soccorre il dizionario Zingarelli: «epiteto: sostantivo, aggettivo o locuzione che qualifica un nome indicandone le caratteristiche». Gli unici lemmi del nostro supposto articolo in questione (l’avvocato non lo indica, quindi proviamo a immaginarcelo) a rispondere ai requisiti di epiteto riguardandi la signora Delle Fave sono “introvabile” e “moglie del direttore”. Cosa dire? Che si facesse trovare, la suddetta, o che sposasse un altro, se non vuole essere associata alle sopraddette caratteristiche, peraltro non offensive. Il titolo dell’articolo, come anticipato, non è esatto (ce ne sono due, come sapranno i nostri attenti lettori) ed è firmato “l’Arlecchino” e non “Andrea Balestri” (colui che si è vista recapitare l’intimidatoria missiva).
Il colpo di genio dell’autore sta, però, alla metà esatta, ideale baricentro di una comicissima composizione. «Con la presente sono a diffidarLa dal voler desistere in futuro da consimili incresciose condotte».
Va bene, Avvocato, se Lei ce lo intima, noi obbediamo.
Quando, un domani, ci verrà in mente di attuare una condotta incresciosa, e una parte coscienziosa di noi ci dirà “Non farlo… Desisti: è meglio”, noi ci ricorderemo che Lei ci ha diffidato dal desistere. Con fatica, con sacrificio, penseremo a Lei e persisteremo nelle condotte incresciose, perché sapremo di non poter fare diversamente.
Eviteremo gli spoiler, cari lettori, ma vi diciamo che nel finale, in quelle due righe amare, si sente tutta la frustrazione non tanto dell’Avvocato Bonuccelli, quanto dell’Uomo Gionata. Usa parole come “obbligo”, “costretto” e “mio malgrado”, come a sussurrare allo spettatore che pure lui capisce l’insensatezza del testo che sta, malgré lui e di pessima voglia, vergandoo.
Perché ognuno fa il suo lavoro: l’avvocato fa quello che gli dice il cliente, il critico recensice (anche le diffide).