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Qualcuno tirò madonne sul nido del cuculo

Sguardazzo/recensione di "Qualcuno volò sul nido del cuculo"

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Cosa: Qualcuno volò sul nido del cuculo
Chi: Daniele Russo, Elisabetta Valgoi, Marco Cavicchioli, Alessandro Gassmann
Dove: Lucca, Teatro del Giglio
Quando: 18/10/2015
Per quanto: 140 minuti

In un tempo affollato, in ambito musicale, da cover e tribute band, già da parecchio assistiamo, anche in teatro, alla perniciosa tendenza al tributo. Sul termine potremmo decollare verso lidi interpretativi inediti e suggestivi, attratti da ammiccanti e saporite analogie con pratiche di prelievo coatto o aderenti al senso di volontario omaggio a qualcosa o qualcuno che susciti particolare ammirazione.

Quanto visto dalla platea del teatro ove il nostro corpo arlecchino giacque dimidia lo sguardo tra impressione e riflessione: se il giudizio sul remake scenico di Qualcuno volò sul nido del cuculo dovesse limitarsi agli aspetti meramente tecnici, ci sarebbe abbastanza da salvare: dalle capacità attoriali della compagine al gusto scenografico e luministico. Il problema sorge, anzi si erge quasi maestoso se si va a indagare il perché dell’operazione condotta dal regista Alessandro Gassmann. Plausibile (nell’originario senso di “suscettibile d’applauso”) un intento economico, peraltro ottimamente perseguito visto il successo di cassetta, abbinato a un intento filantropico nei confronti di attori capaci ma da diversi anni eclissatisi dalle scene. Meno intuibile è il fine artistico, perché, se da un lato Gassmann dichiara di essersi basato sulla drammaturgia che, nel 1963, Dale Wassermann distillò dal romanzo di Ken Kesey, l’impressione generale è quella di una trasposizione diegeticamente assai fedele, se non pedissequa, del ben più celebre film del 1975: insomma, procedendo sulla falsariga della nostra iniziale riflessione di stampo musicale, si potrebbe parlare di un tentativo di tributo sfumato in una cover maccheronica, in cui all’antieroe McMurphy si sostituisce il guappo partenopeo dal cuore tenero Dario Danise (Daniele Russo), circondato da una pletora di casi umani che, se nel film sostenevano e contrappuntavano come un coro greco il canto del tragos Jack Nicholson, qui s’esprimono in un macchiettismo regionalistico che svilisce il loro ruolo e mina sia l’impianto sia il messaggio.

qualcuno-volò-sul-nido-del-cuculo_foto-Francesco-Squeglia_2413Dal palco non s’irradia un venefico eppur salvifico miasma d’ospedale, ma, tutt’al più, un rassicurante profumo di borotalco che copre tutto di una patina bianca e livellante: Gassmann sembra voler imboccare il pubblico con un omogeneizzato concettuale che rivela la sua sfiducia nella dentatura esegetica italica. La pappa approntata a questa platea di palati abboccati è un corposo merendone di due ore e mezza dal sapore nazional-popolare: la collocazione cronologica al 1982 (con tanto di proiezione in proscenio del gol e dell’esultanza di Tardelli ai mondiali) non si giustifica con la riflessione sul mondo degli ospedali psichiatrici, dato che la legge Basaglia è del 1978.
Il fiero pasto si chiude con una portata che fa grondare acquolina dalle fauci zannesche di più d’un Arlecchino in sala: la liberazione del “grande capo”, affidata nel film allo sfondamento di una vetrata col ponderoso lavabo usato per gli elettroshock, è qui veicolata dal lancio verso il pubblico (tranquilli: è un’altra videoproiezione!) del simulacro della Beata Virgo che, sino ad allora, aveva guardato, silente e materna, le vicissitudini dei poveri pazzarielli (parola di Dario Danise, amen).
È da escludere che Gassmann, per questa data in terra di Toscana ‒ dove il culto della dissacrazione orale passa anche per l’uso ieroclastico di termini afferenti alla liturgia; vedansi chicche quali moccolo e sagrato – abbia considerato che l’espressione tirar madonne è uno dei tanti fiori d’eloquio che certo non mancano all’occhiello d’uno spettatore arlecchino.

qualcuno volò sul nido del cuculo_foto Francesco Squeglia_2502

 

VERDETTAZZO

Perché: No
Se fosse... ma non è sarebbe... appunto, non è

Locandina dello spettacolo



Titolo: Qualcuno volò sul nido del cuculo

regia Alessandro Gassmann
adattamento Maurizio de Giovanni
dall’omonimo romanzo di Ken Kesey
con Daniele Russo, Elisabetta Valgoi, Mauro Marino, Marco Cavicchioli, Giacomo Rosselli, Alfredo Angelici, Giulio Federico Janni, Antimo Casertano, Gilberto Gliozzi, Gabriele Granito, Daniele Marino, Giulia Merelli
scene Gianluca Amodio
costumi Chiara Aversano
luci Marco Palmieri
videografie Marco Schiavoni
produzione Teatro Bellini di Napoli


regia Alessandro Gassmann adattamento Maurizio de Giovanni dall'omonimo romanzo di Ken Kesey con Daniele Russo, Elisabetta Valgoi, Mauro Marino, Marco Cavicchioli, Giacomo Rosselli, Alfredo Angelici, Giulio Federico Janni, Antimo Casertano, Gilberto Gliozzi, Gabriele Granito, Daniele Marino, Giulia Merelli scene Gianluca Amodio costumi Chiara Aversano luci Marco Palmieri videografie Marco Schiavoni produzione Teatro Bellini di Napoli "La malattia, la diversità, la coercizione, la privazione della libertà sono temi che da sempre mi coinvolgono e che amo portare in scena con i miei spettacoli. Temi tutti straordinariamente presenti nello spettacolo che mi accingo a mettere in scena, “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Dale Wasserman, tratto dall’omonimo romanzo di Ken Kesey, la cui versione cinematografica diretta da Miloš Forman è entrata di diritto nella storia del cinema. Con Maurizio de Giovanni, che ha curato l’adattamento del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in una clinica psichiatrica italiana nel 1982. Tutto ha inizio con l’arrivo di un nuovo paziente che deve essere “studiato” per determinare se la sua malattia mentale sia reale o simulata. La sua spavalderia, la sua irriverenza e il suo spirito di ribellione verso le regole che disciplinano rigidamente la vita dei degenti, porterà scompiglio e disordine ma allo stesso tempo la sua travolgente carica di umanità contagerà gli altri pazienti e cercherà di risvegliare in loro il diritto di esprimere liberamente le loro emozioni e i loro desideri. Dario (il mio McMurphy) è un ribelle anticonformista che comprende subito la condizione alla quale sono sottoposti i suoi compagni di ospedale, creature vulnerabili, passive e inerti. Da quel momento si renderà paladino di una battaglia nei confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele, affrontando così anche un suo percorso interiore che si concluderà tragicamente ma riscatterà una vita fino ad allora sregolata e inconcludente. E, attraverso di lui, i pazienti riusciranno ad individuare qualcosa che continua ad esser loro negato: la speranza di essere compresi, di poter assumere il controllo della propria vita, la speranza di essere liberi. Un testo che è una lezione d’impegno civile, uno spietato atto di accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi ma anche, e soprattutto, una straordinaria metafora sul rapporto tra individuo e Potere costituito, sui meccanismi repressivi della società, sul condizionamento dell’uomo da parte di altri uomini. Un grido di denuncia che scuote le coscienze e che fa riflettere. Come sempre lavorerò sui complessi rapporti psicologici tra i vari personaggi, immergendoli in uno spazio scenico realistico e asettico. In questo caso, le videografie, che spesso utilizzo nei miei spettacoli, mi permetteranno di tradurre in immagini i sogni e le allucinazioni dei cosiddetti “diversi”. L’obiettivo che mi pongo è, come sempre, quello di riuscire a far emozionare un pubblico di ogni età, soprattutto i più giovani che forse non conoscono quest’opera che è un vero e proprio inno alla libertà." Alessandro Gassmann

Luca Paolini
Ubiquo e sfuggente personaggio dell’immaginario nord-toscano, si dice sia un’identità fittizia sotto cui operano varie organizzazioni malavitose dedite a controverse e irriferibili attività. Appare e scompare come musicista, precettore, critico teatrale e “barrista”, ma sono tutte coperture.