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Una tragedia di grande interesse

Sguardazzo/recensione di "Decadimento"

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Cosa: Decadimento
Chi: Claudio Orvieto, Agrippina Sandaniele
Dove: Piancastagnaio, Teatro Gibigianna
Quando: 09/02/2016
Per quanto: 100 minuti

Una giovane donna, afflitta da un morbo raro e incurabile, si appresta a trascorrere gli ultimi giorni di vita. Costretta a letto, si confida con l’anziana domestica, ripercorrendo il proprio passato, a cominciare dal momento in cui fu pronunciata per lei la sentenza di morte.

È la sintesi, quanto mai succinta, del dramma di Ivan Vladivostok Raspad (tradotto con rispetto e asciuttezza da Minio Carpegna e qui titolato Decadimento), concepito in forma di monologo, benché sulla scena siano sempre presenti ambedue le donne. Mai come in questo caso, tuttavia, compendiare brevemente la vicenda serve a poco volendo restituire la complessità del testo, che si nutre di variazioni appena percettibili, di pause e sospensioni, di tonalità sfumate e chiaroscuri.

Perché la giovane donna (non ne conosciamo il nome, e neppure la ferale malattia, di cui intuiamo solo la natura degenerativa), dopo un periodo di ristoro in alta montagna consigliatole dai medici, che sembra portare qualche giovamento, decide di interrompere ogni terapia, isolarsi dall’amorevole famiglia e concludere la sua esistenza nella penombra di una stanza sorvegliata solo dall’anziana governante? E chi è, precisamente, questa donna che l’accudisce (interpretata con la dovuta compostezza da Arianna Verbavolant)? Quali sono i suoi sentimenti? È stravolta dal dispiacere, da un qualche rimorso o la sua carità è puramente professionale? E, ancora, per quale motivo il marito ha creduto opportuno rispettare il volere della malata e si è rifatto una vita in un’altra città, portando con sé il figlioletto?

decadimento3Continuamente, ascoltando gli slanci umorali dell’inferma (viziati ora da scatti acri e maligni ora da toni docili e artificiosi, segno di una levità di spirito che la sofferenza cronica ha inquinato), lo spettatore è chiamato a porsi le domande suddette, nel tentativo, che si rivelerà inutile, di indovinare gli antefatti e snebbiare le ambiguità. Invece il breve monologo scritto dal celebre drammaturgo russo (di recente premiato con il prestigioso Pozzolano di ottone, ultimo di una serie inesauribile di riconoscimenti) rifugge da qualsiasi investigazione, si fa inseguire e quasi raggiungere, per dileguarsi nuovamente, conducendo via con sé i suoi significati. Fino alla fine, contrassegnata in scena da un’incantevole esplosione di luci azzurrine, piccoli lampi di magnesio riverberati dai numerosi specchi e teli riflettenti ai lati del palco (idea, questa, che si deve alla limpidissima regia di Claudio Orvieto).

Lo spessore psicologico è profondissimo, sensibile in ogni frase o vuoto di parole, ed è superbamente calibrato da Agrippina Sandaniele, tra le poche attrici che l’epoca contemporanea possa chiamare dive. Nulla a che vedere con quelle d’un tempo, che vestivano con i colori più tenui, il rosa, il lilla, il giallo paglierino; che lasciavano ondeggiare le mani come sfiorate da un venticello, ed erano pallide, aeree, sempre stupefatte dal confronto con la viltà dell’esistenza. Al contrario, l’ambivalenza del suo linguaggio corporeo, la sua contraddittorietà interiore cioè, è modernissima, così come la sua capacità di ricordarci quanto il dolore, specie se casuale e inaspettato, sia in grado di renderci inumani, freddi e incattiviti.

Scroscianti applausi dal pubblico del restaurato Teatro Gibigianna di Piancastagnaio.

Bedroom

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un medicinale sarebbe... uno sciroppo per la tosse

Locandina dello spettacolo



Titolo: Decadimento

di Ivan Vladivostok tradotto da Minio Carpegna regia di Claudio Orvieto con Arianna Verbavolant, Agrippina Sandaniele scene e luci Alessandro Paternostro produzione I Lombrichi

Carlo Titomanlio
È una persona serissima.