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Salvo D’Acquisto: tra coraggio nel ricordo e ricordo del coraggio

Sguardazzo/recensione di "Salvo D'Acquisto"

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Cosa: Salvo D'Acquisto
Chi: Antonio Fortunato, Claudio Forti, Marcello Lippi, Roberto Cresca
Dove: Pisa, Teatro Verdi
Quando: 09/03/2016
Per quanto: 75 minuti

Bisogna riconoscere alla stagione di opere da camera del Teatro Verdi di Pisa un grande merito: il coraggio. Cinque date in cui il pubblico pisano ha potuto assistere a opere raramente rappresentate. Quel coraggio è stato giustamente ripagato dalla presenza di pubblico, che ha portato a registrare spesso il tutto esaurito in Sala Titta Ruffo. L’opera Salvo D’Acquisto di Antonio Fortunato, debuttata a Marsala nel 1999, chiude la rassegna in questione.

Colpisce subito l’inusuale disposizione dei posti voluta da Marcello Lippi, direttore artistico musicale del Teatro Verdi e in questa occasione regista: un corridoio si allarga tra le sedie rivolte le une contro le altre, in modo che le due metà del pubblico si trovino faccia a faccia. Mentre una donna in nero piange sul cenotafio di un giovane ragazzo, la figura di Salvo D’Acquisto si staglia sulla porta d’ingresso, in un’aura luminosa generata da un riflettore alle sue spalle.

William Hernandez in 'Salvo D'Acquisto' (Forunato-Forti)Nel primo quadro dell’opera, la popolazione accoglie con gioia l’armistizio dell’8 settembre 1943, intuendo però i pericoli di una situazione assai ambigua data la presenza dei soldati tedeschi ancora in Italia. Segue la preoccupazione di Maria, fidanzata di Salvo, che vorrebbe fuggire, mentre il protagonista sente già il senso del dovere. Il secondo quadro vede in scena il rastrellamento nazista, con il conseguente sacrificio del giovane militare che si assume la colpa di un attentato (in realtà fu solo un incidente) per salvare i ventidue uomini su cui stava per scagliarsi la cieca vendetta teutonica.

D’Acquisto è interpretato da Roberto Cresca, cantante già apprezzato nel teatro pisano, ma che in questa serata non pare nella sua forma migliore: denota una certa insicurezza, la stessa che lo porta spesso a cercare con lo sguardo il pianista Eugenio Milazzo (creando, peraltro, uno scollamento probabilmente non previsto tra interprete e personaggio). Al contrario, nella parte dell’ufficiale tedesco interpretata da Veio Torcigliani ritroviamo l’intonazione potente, colossale che ben conosciamo: la voce corposa riempie la sala con facilità. Possente e squillante è anche quella del baritono William Hernández nel ruolo del partigiano. Completa il cast Natalizia Carone: una Maria che, grazie a una performance corretta e chiara pure nella dizione, regala un personaggio estremamente drammatico.

Roberto Cresca e Veio Torcigliani in 'Salvo D'Acquisto' (Forunato-Forti)Non si può fare a meno di notare un eccessivo didascalismo nel libretto di Claudio Forti: le donne chiedono ai tedeschi «Non fate giustizia sommaria!»; gli stessi rastrellati notano – neanche fossero Hannah Arendt – come sono stati «trasformati in un gregge obbediente»; il comandante germanico ha troppa coscienza di sé nel prevedere che l’omicidio di D’Acquisto lo renderà insonne per tutta la vita. Un gusto per la sottolineatura che si riflette anche nell’uso ossessivo della parola “Luce”, pedissequo riferimento a «l’esempio luminoso di altruismo», prima annotazione tra i motivi del conferimento della Medaglia d’Oro al valoroso carabiniere.

Maria piange, supplica Salvo di fuggire, cerca di sottrarlo al sacrificio: la ragazza è un ostacolo, una tentazione infernale alla realizzazione, sia morale sia religiosa, del giovane ufficiale. Una caratterizzazione che troviamo abbastanza eccepibile: la femminilità è usata come pretesto narrativo per rafforzare, nel contrasto, la virtù maschile del protagonista. Come se D’Acquisto fosse diventato eroe nonostante Maria.

Né il coraggio dell’operazione né quello del carabiniere possono essere parassitati: un’opera d’arte deve trovare valore in sé stessa, non nel soggetto trattato o nello spirito dell’operazione. Il ricordo della figura di Salvo D’Acquisto è lodevole, ma che immagine ci restituisce dell’eroe? Vediamo un giovane ventitreenne che compie un destino già scritto: una sorta di Cristo che rassicura i compagni, con maestosa serenità di fronte all’incombente sacrificio. Si perde, così, il carattere umano di Salvo D’Acquisto e, quindi, la reale grandezza del suo gesto.

'Salvo D'Acquisto' (Forunato-Forti)

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un monumento sarebbe... una statua di cera

Locandina dello spettacolo



Titolo: Salvo D'Acquisto

opera lirica in due quadri
di Antonio Fortunato
libretto di Claudio Forti

Salvo D’Acquisto Roberto Cresca
Partigiano William Ramirez Hernandez
Maria Natalizia Carone
Ufficiale tedesco Veio Torcigliani
Paesano Antonio Pannunzio

pianista Eugenio Milazzo

coro Laboratorio Lirico San Nicola
Maestro del Coro Stefano Barandoni

produzione Teatro di Pisa


Il compositore siciliano Antonio Fortunato, premio UNESCO alla carriera e all’artista, dopo Falcone e Borsellino, propone un’altra sua opera di forte impegno civile, ispirata al giovane vice brigadiere dei carabinieri nato a Napoli nel 1920 e fucilato dai tedeschi a Torre di Polidoro (Roma) il 23 settembre del 1943. A Salvo d'Acquisto fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con queste motivazioni: «Esempio luminoso d'altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita. Sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste, insieme con 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così - da solo - impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma». Nell’opera di Fortunato, il personaggio di Salvo d’Acquisto esprime la volontà di rendere il destino uno strumento di memoria, e non una semplice successione di eventi. Tre elementi danno al libretto il carattere di una tragedia greca: la bellezza dello scenario sulla cui eterna ciclicità si profila l’insignificanza del destino umano; la contemplazione del dolore da parte del coro, di per sé impotente ad arrestare l’incombere del Fato, ma la cui pietà permette al sacrificio del singolo di divenire, per tutto un popolo, redenzione dalla storia; infine, il tema della memoria, la perduta simbiosi tra Storia ed Individuo, prima che la guerra infrangesse quel patto non scritto che lega ogni individuo alla fiducia nel divenire.

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.