Ciò che è capace di fare il teatro è incredibile.
Il pubblico esce commosso e incuriosito dal Teatro Era, in seguito all’esibizione di Silvia Calderoni in MDLSX. Un triangolo, una playlist pop-brit e una webcam sono gli strumenti sui quali si regge l’intero spettacolo.
Una bambina bionda (Silvia in tenera età) intona uno dei tormentoni più in voga negli anni Sessanta, C’era un ragazzo che come me. C’è piuttosto una ragazza, Silvia ormai adolescente, alla ricerca di sé.
MDLSX, l’ultimo parto metamorfico dei Motus, è uno sguardo sulla ricerca della propria identità che va al di là della definizione di sesso e che si apre alla scoperta di parti plurime, di innesti. Silvia ha la straordinaria capacità di raccontarci la sua vita senza utilizzare niente di autobiografico se non alcuni filmati amatoriali di famiglia, proiettati su uno schermo rotondo, un “grande fratello” a forma di oblò. Il riferimento allo spirito apollineo, che nell’esperienza della Calderoni è stato decisamente soppiantato da quello dionisiaco, viene citato dall’attrice stessa poco dopo la sua prima esibizione in una danza. È proprio attraverso movimenti fluidi e talvolta mostruosi che Silvia si spoglia di ogni categoria, identità e genere e lo fa sulle note di una playlist di canzoni che è lei stessa a riprodurre.
Silvia, attraverso un microfono che altera la sua voce naturale, inizia a narrare episodi di vita quotidiana che delineano il suo disorientamento identitario (come l’essere accompagnata verso il bagno dei maschi in autogrill).
La performer, nei panni di Calliope – protagonista del romanzo Middlesex di Jeffrey Eugenides al quale si sono ispirati i Motus – raggiunta l’adolescenza si trova di fronte a un bivio: la scelta della propria identità di genere. Sceglierà di cambiare vita sotto lo pseudonimo di “Cal”.
Non é mai presente alcun riferimento all’omosessualità bensì all’intersessualità alla quale Silvia accenna più volte citando alcuni passi di Le Manifeste Contra Sexuel di Beatriz Preciado, che vediamo proiettati sullo schermo.
Luci stroboscopiche e laser scivolano sul corpo androgino dell’attrice che compie una serie di travestimenti (l’aggiunta di barba e baffi, l’abbigliamento texano proiettato nel video per finire con dei semplici boxer da uomo), come a dimostrare che le è rimasta la possibilità di scegliere che cosa poter essere e in che modo. È nuda e si avvicina al pubblico con estrema naturalezza, mostrando il suo corpo senza vergogna.
«Che cosa ci tiene insieme quando diciamo noi?», si e ci domanda la Calderoni. Su che cosa, quindi, basiamo una relazione o un legame con l’altro?
Con una sinuosa sirena l’ermafrodito Calderoni chiude lo spettacolo, inneggiando all’amore e alla libertà esclusi da ogni tipo di categoria, insieme al video sullo sfondo che la vede danzare con il padre, in una scena di ordinaria spensieratezza.
«Per favore, lasciami prendere quello che voglio», concludono gli Smiths.
(di Giulia Falaschi)