ARCHIVIO SPETTACOLI
Re Lear, G. Marinelli (2016)
Titolo: Re Lear
regia
Giancarlo Marinelli
La storia d’amore più grande che si possa raccontare è solo una: quella tra un padre e una figlia.
E “Re Lear” è questo.
Per tre volte. Visto che ha tre figlie. In fondo, che cosa fa il Lear? Vuole spogliarsi di tutto: del governo, del potere, di ogni questione terrena e tenebrosa, per fare solo e definitivamente il padre.
Non vuole più essere Re. Ma solo Lear.
Andare incontro alla Morte come un uomo che, tornato a casa dal lavoro e sfinito ai crucci, va incontro alla sua bambina che l’ha aspettato per tutto il giorno.
Questo vorrebbe Padre Lear. Godersi quel momento feroce e dolcissimo della vita in cui la Figlia diventa la Madre di suo Padre. Capita a tutti. Prima o poi.
Diventiamo i genitori dei nostri genitori.
Ma la trappola del Bardo è in agguato.
Goneril, Regan e Cordelia, (sì, anche Cordelia), non vogliono essere Madri. Vogliono essere Padri. E Padroni.
Vogliono sostituire il Re senza soluzioni di continuità.
Né di virilità. Si sposano e sottomettono i mariti con “i fegati da latte”, costringendoli a tradimenti, misfatti, guerre.
Dal Gioco alla Tragedia. Nessuno va più incontro alla Morte.
È la Morte che va incontro a tutti.
È sempre e solo un problema di ruoli. Ciò che smettiamo di essere e che vogliamo continuare ad essere (Lear desidera essere ancora e solo il Re delle figlie; le figlie non vogliono più essere bambine, ma fingono di esserlo per strappare lo scettro al padre).
Ciò che non siamo mai stati e che vorremmo essere, (il Bastardo Edmund). Ciò che siamo e che non siamo mai felici d’essere, ilLegittimo Edgar). L’amore che siamo per qualcuno, (Edgar perGloucester, Kent per Lear), e la vergogna che siamo per qualcun altro, (Edmund per Gloucester e Gloucester per Edmund).
“Tutti ad una certa ora della vita siamo l’amore per qualcun altro”, ha scritto Renato Simoni, che per il Bardo tanto ha fatto.
Ma se sbagli l’ora, anche solo di un minuto, tutto il resto è perduto. Anzi: è silenzio.