Alla Tenuta dello Scompiglio prosegue Assemblaggi provvisori, l’articolato progetto ideato da Cecilia Bertoni che vuole essere un’occasione per confrontarsi, nei vari linguaggi artistici, con i temi del genere, della sessualità e delle loro fuggevoli definizioni. Particolarmente attinente al tema è il debutto di Ginkgo di Giulia Quadrelli, uno spettacolo itinerante sulla ricerca di un’identità sessuale.
Il pubblico viene accolto da Ulisse Romanò negli sgargianti panni di una biologa drag queen: sarà il Virgilio del percorso alla scoperta parallela di due vite, un sanimafari (safari dell’anima) immerso nel parco dello Scompiglio. I due oggetti di studio saranno un albero (il Ginkgo biloba del titolo) e una giovane donna alla ricerca, almeno inizialmente, di una propria definizione di genere. La prima tappa del viaggio ci mostra un ricordo d’infanzia: la protagonista Giulia Quadrelli porta in scena la propria femminilità da angioletto con i boccoli biondi (in realtà imposti dalla nonna che li pettinava con acqua ossigenata). Si passa poi all’adolescenza: ecco Giulia fervente cattolica, ma la cui devozione, ben presto, è messa a repentaglio da pensieri indesiderati sul “pacco” del Redentore e sul seno della Vergine. In un piccolo bosco (iconico topos dello smarrimento e del ritrovamento del sé) veniamo circondati dagli altri attori del gruppo, in un coro surreale di ricordi adolescenziali, turbamenti, sensi di colpa e solitudine.
Si arriva al presente: la protagonista si trova ad aver più o meno riconosciuto una propria inclinazione sessuale, pur non trovando una definizione giusta e, si perdoni il bisticcio, definitiva: asessuale, ma attratta; lesbica, ma con i capelli lunghi; etero, ma a disagio con gli uomini; golden star, senza nemmeno saperlo… In nessuna delle categorie Giulia si sente a proprio agio: trarrà quindi ispirazione dal ginkgo biloba. Questo albero antichissimo (esisteva da prima dei dinosauri) rappresenta un caso molto interessante: per chi si intende di biologia, molte delle tassonomie con cui è definito entrano in conflitto le une con le altre (o almeno con quello che ci si aspetta). Come molte piante contiene in sé elementi maschili e femminili, mettendo in armonia tutte le sue definizioni, apparentemente contrastanti. Il ginkgo è un albero estremamente resistente (diversi esemplari, tuttora viventi, sono sopravvissuti alle radiazioni della bomba atomica) e, secondo la medicina orientale, ha innumerevoli proprietà medicinali.
Quadrelli gestisce molto bene il passaggio tra (auto)biografico e biologico, dando alla storia intima un respiro più generale. Raccontare sé stessa non è autoreferenzialità, bensì un più potente mettersi in gioco per offrire la propria esperienza come spunto per una riflessione ampia. Il tono diffusamente ironico, talvolta quasi d’avanspettacolo, maschera un contenuto ricco di spunti problematici, ma che, allo stesso tempo, avrebbe rischiato di suonare come già sentito. Lo spettacolo schiva una lunga serie di pericoli (vaghezza, banalità, didascalismo) per arrivare a un solido equilibrio tra leggerezza e profondità. La regia (della stessa attrice coadiuvata da Mario Scandale) gioca in modo astuto con gli spazi del parco, affidandosi, tra un segmento e l’altro, al talento istrionico di Romanò en travesti; non solo guida e biologa, ma anche entità che nel finale entra in dialogo con Giulia, suggerendole l’effettiva risoluzione.
Il pubblico, pur provato dalle salite, applaude partecipe al termine di quello che è il debutto del primo lavoro di Quadrelli: esportarlo in altri spazi non sarà banale, ma lo spettacolo merita davvero di girare ed essere visto.