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Natale in casa Cupiello
06/12/2016 21:00
Massa teatro Guglielmi
di Eduardo De Filippo
personaggi e interpreti Luca Cupiello, Francesco Manetti; Concetta, sua moglie, Monica Piseddu; Tommasino, loro figlio, detto Nennillo, Lino Musella; Ninuccia, la figlia, Valentina Acca; Nicola, suo marito, Francesco Villano; Pasqualino, fratello di Luca, Michelangelo Dalisi; Raffaele, portiere, Leandro Amato; Vittorio Elia, Giuseppe Lanino; Il dottore, Maurizio Rippa; Carmela, Annibale Pavone; Rita, Emilio Vacca; Maria, Alessandra Borgia
regia ANTONIO LATELLA
drammaturga del progetto Linda Dalisi
scene Simone Mannino e Simona D’Amico
costumi Fabio Sonnino
musiche Franco Visioli
luci Simone De Angelis
assistenti alla regia Brunella Giolivo, Michele Mele
assistente volontaria Irene Di Lelio
responsabile tecnico Giovanni Santolamazza
direttore di scena Osvaldo Cattaneo
macchinista costruttore Claudio Beccaria
capo macchinista Alessandro Sorrenti
capo elettricista Antonio Borrelli
fonici Andrea Brachetti, Alfredo Sebastiano
sarta Eleonora Terzi
amministratore compagnia Walter Marsilii
foto di scena Brunella Giolivo
immagine locandina Giuseppe Scrugli
realizzazione scene e attrezzeria Atelier Nostra Signora, Palermo
realizzazione costumi SlowCostume
pellicce Manetti Italia
La natura morta è la realtà che interessa a Luca Cupiello, nella ricostruzione simbolica di un ideale di famiglia e di società, un ideale che vede nel Presepe la massima esaltazione e perfezione. Quello che compie tutti gli anni a Natale Luca Cupiello è un gesto artistico che va perfezionandosi, inserendo ogni volta elementi che lo rendano contemporaneo, per avvicinare sempre più la sua natura morta ad una rappresentazione di ciò che oggi è la sua idea di famiglia, fino ad inserire per la prima volta nel suo Presepe un elemento naturale come l’acqua, unico elemento “vivo” rispetto ad un mondo fatto di creta, terracotta, carta, cartapesta e di colla. La colla, in questo rito annuale, va preparata quasi come un caffè, quel caffè napoletano che nella famiglia Cupiello non è buono, non riesce a venire bene, quel caffè che sa di scarafaggio: come se con quello “scarrafone” iniziale ci venisse annunciato che quest’anno il Presepe subirà una mutazione, una metamorfosi kafkiana per ritrovare un nuovo equilibrio nella sua rappresentazione del vivere quotidiano. Nessun componente della famiglia di Cupiello riesce a ritrovarsi, o meglio a riconoscersi, davanti al Presepe che ogni anno il capofamiglia ricompone, nessuno sa gioire più di quella innocenza fanciullesca che nella sua assoluta cecità Luca Cupiello si ostina a perseguire: la moglie lo maledice per quell’ostinazione che lo allontana dalla sacralità reale della famiglia; il figlio maschio si impunta con sorprendente coerenza, e non stupidità, affermando deciso di non provare nessun piacere nel Presepe del padre; il fratello di Luca nemmeno lo vede, quasi come se non riconoscesse la famiglia che lo ospita. La figlia è l’unica ad avere il coraggio di distruggerlo, di farlo a pezzi, ma nonostante questo Luca Cupiello prova a ricostruirlo, anzi lo vuole più grande, più splendente, perché deve essere il Presepe più bello del palazzo, con nuovi re magi, casette novecento, meccanismi per l’acqua vera; e quando Luca mostra il Presepe nella sua apoteosi all’amante della figlia, per la prima volta si accorge che viene deriso per la sua opera, e solo davanti agli occhi di uno sconosciuto quella “natura morta” si scalfisce e comincia a perdere consistenza e credibilità. Solo davanti ad un elemento estraneo alla famiglia, la famiglia può ribellarsi alla natura morta e riprendere vita, una nuova vita nella morte, nell’uccisione del gesto che riproduce e che rappresenta la vita senza però “essere” vita. Luca Cupiello saluta la vita per diventare parte di quella natura morta in cui lui ha sempre creduto; non più “fare” il Presepe ma “essere” Presepe, esserne parte. In un delirio estremo, tra fumi di caffè ed evocazioni di scorpacciate di fagioli, il Presepe entra nella testa di Luca Cupiello, ed è enorme e impressionante; quel Presepe lo chiama a sé e diventa una natività al contrario, un andare verso la natura morta. Solo in quell’ultimo respiro Tommasino, il figlio, forse mentendo o forse no, dirà che il Presepe gli piace, o forse confesserà per la prima volta che anche lui alla vita preferiva la natura morta del padre. Ora il bue e l’asinello possono veramente entrare in quella grotta e raggiungere la mangiatoia per scaldare i vivi e non i morti, come fece San Francesco padre di ogni Presepe, che predicò il suo Natale tra un vero bue e un vero asinello. (Antonio Latella)