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Comici spaventati carrozzieri, al bar

Sguardazzo/recensione di "Animali da bar"

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Cosa: Animali da bar
Chi: Carrozzeria Orfeo, Beatrice Schiros, Massimiliano Setti, Gabriele Di Luca, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi, Alessandro Haber
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 04/12/2016
Per quanto: 90 minuti

Li avevamo lasciati in un appartamento, narcos da pianerottolo per una storia dolce-amara, spietata eppure ottimista, con quella dolcezza dolente che solo intravede chi ha davvero assaporata la disperazione. Li ritroviamo, dopo un anno di meritata tournée (ecco la relativa recensione), avvinghiati al bancone d’un bar, tronco d’albero, scialuppa, dannata àncora di salvezza. Sono i carrozzieri orfici, teppaglia di teatranti caparbiamente impegnata nel proporre solidissimi impianti drammaturgici, un’evidente, maniacale cura dei dialoghi, croce e delizia per una scrittura a unire la fulminante disinvoltura d’un certo cinema cool anglosassone (pensare a Tarantino è sin banale) all’ambizione d’una testualità non esaurita in una pur efficacissima immediatezza.

Sin dalla prima sequenza di Animali da bar occhieggia in scena la settima arte: quel riavvolgimento à rebours che, da un articolatissimo quadro iniziale (un parto non desiderato tra disumane imprecazioni sulla superficie occupante gran parte della scena), riporta tutto a uno stadio precedente, in un sostanziale, massiccio flashback. Pure questo è teatro, nel ricupero in forma tanto parodica quanto rigorosa di sistemi da sempre propri della scena occidentale (Edipo Re, tanto per dire), nell’imprimere alle vicende la spiralica forza d’una necessità inesorabile. Finezze di chi le storie sa raccontarle ed è ben cosciente di come la trama valga poco, o nulla: conta, sempre e comunque, il come, un come fatto di ritmi, movimento, colori, forma, insomma. Pure al di là dei caratteri, intesi in senso convenzionale: i cinque “disperati” (sei, con la voce off di Alessandro Haber, zio incazzoso e lepenianemente misantropo) sono, per lunga parte di recita, personaggi scientemente monodimensionali, quasi funzioni a meglio innescare la forza di quella macchina che è la drammaturgia, il discorso scenico.

carrozzeria-orfeo-animali-da-bar-p-li-volsi-b-schiros-e-p-pasino-ph-l-pozzo-sito-uff-compagniaUna disillusa barista ucraina fitta-uteri per gravidanze conto terzi (Beatrice Schiros, chirurgica, aguzza, spietata), un topo d’appartamento che deruba approfittando dei funerali (Pier Luigi Pasino, mirabilmente spaesato), un impresario funebre col riportino (Gabriele Di Luca, alle prese con nuove soluzioni d’attore, meno “facili”, più sfumate), un buddista supino ai limiti del masochismo (Massimiliano Setti, lunare e stralunato) e lui, lo scrittore alcolista, cinico e sbruffone, di Paolo Li Volsi, un po’ Marlowe (Philip) un po’ Bukowksi de no’ antri. Cinque rigettati dalla vita: arrabbiati, fumettistici, come questo bar che sembra, ma non è più, un luogo reale, l’epicentro d’umanità che è stato, per molti decenni addietro, nel nostro paese. Un non luogo come (non) lo è, da sempre, il teatro, al pari di altri, non a caso al centro del recente interesse di vari artisti: i circolini ARCI di Goretti (pure qui) o le stazioni degli Omini (pure quiqua).

carrozzeria-orfeo-animali-da-bar-b-schiros-e-m-setti-ph-l-pozzo-sito-uff-compagniaRitmi serrati, dialoghi calibratissimi d’un cinismo sboccato e tagliente (ne riporteremmo stralci, se solo fossimo critici da taccuino, ma non lo siamo) strappano risa copiose: sin troppo “perfetti” per esser veri, ma, in questo caso, la struttura complessiva appare davvero compiuta, anche per quel trucco e quell’umanissima dolcezza finale che, pur presentiti nel corso della recita, risultano davvero ben assestati. Tranquilli, non vi bruciamo niente e qui tacciamo.

Applausi, dunque, per artisti che vanno in scena per il pubblico, che hanno cose da dire, che sono vivi, pure nel ringraziare per il battimani: al termine d’una replica sporcata da qualche idiota nelle file più alte della sala, Di Luca si prende il giusto tempo d’insinuare che, a volte, il problema, è proprio quella gente là, al buio delle poltroncine. Non ha torto.

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VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... cocktail sarebbe... un ginlemon con una spolverata di ginger

Locandina dello spettacolo



Titolo: Animali da bar

drammaturgia Gabriele Di Luca
regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi
con Beatrice Schiros, Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi
voce fuori campo Alessandro Haber
musiche Massimiliano Setti
scene Maria Spazzi
luci Giovanni Berti
allestimento Leonardo Bonechi
costumi Erika Carretta
produzione Fondazione Teatro della Toscana

C’era una volta una metropoli.
Dentro la metropoli un quartiere. Dentro al quartiere, il bar. Un bar abitato da personaggi strani: un vecchio malato, misantropo e razzista che si è ritirato a vita privata nel suo appartamento; una donna ucraina dal passato difficile che sta affittando il proprio utero ad una coppia italiana; un imprenditore ipocondriaco che gestisce un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia; un buddista inetto che, mentre lotta per la liberazione del Tibet, a casa subisce violenze domestiche dalla moglie; uno zoppo bipolare che deruba le case dei morti il giorno del loro funerale; uno scrittore alcolizzato costretto dal proprio editore a scrivere un romanzo sulla grande guerra. Sei animali notturni, illusi perdenti, che provano a combattere, nonostante tutto, aggrappati ai loro piccoli squallidi sogni, ad una speranza che resiste troppo a lungo. Come quelle erbacce infestanti e velenose che crescono e ricrescono senza che si riesca mai ad estirparle. E se appoggiati al bancone troviamo gli ultimi brandelli di un occidente rabbioso e vendicativo, fatto di frustrazioni, retorica, falsa morale, psicofarmaci e decadenza, oltre la porta c’è il prepotente arrivo di un “oriente” portatore di saggezze e valori… valori, però, ormai svuotati e consumati del loro senso originario e commercializzati come qualunque altra cosa. Tutto è venduto, sfruttato e contrattato in “Animali da Bar”. La morte e la vita, come ogni altra merce, si adeguano alle logiche del mercato. E quando l’alcol allenta un pochettino la morsa e ci toglie la museruola… è un grande zoo la notte… una confessione biologica dove ognuno cerca disperatamente di capire come ha fatto a insediarsi tutta quell’angoscia. Giorno dopo giorno. Da anni, da secoli. Come abbiamo fatto a non sentirla entrare? E per quanto riguarda gli altri… beh, cerchiamo di essere realisti. Possiamo dire di conoscerci appena. Siamo tutti degli estranei. D’altronde almeno una mezza dozzina di Cristiani desidera la nostra morte ogni giorno o no? In coda sulla tangenziale… il lunedì mattina in ufficio… chi non vorrebbe torturare il cane del vicino, o schiacciare qualche ciclista di tanto in tanto? Se volete provare l’esatta inesistenza di Dio, salite in una metrò affollata di vostri simili in pieno agosto.
 

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.