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La settimana a teatro: 16-22 gennaio

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Si torna in postazione, dopo tre settimane di non vacanza (quelle che evidentemente si son prese i tipi di WordPress dopo l’aggiornamento che sta incasinando l’impaginazione di questo e molti altri siti; molto bene): Arlecchino, grazie al cielo, prende un bel pezzo della nostra vita, ma non tutta. Dunque, forti del Premio (Maratona) Mentana per la Scena, eccoci a fornir dritte, libere et spensierate, su quel che s’agita in scena dalle nostre parti, ringraziando di cuore l’anima buona, anzi ottima, che ci ha sostituito nell’occorrenza precedente. Via di Calendazzo, con qualche occhiata altrove, per una settimana composita e da non sottovalutare.

Lunedì e fine settimana − Risate, riflessioni e musica tra Lucca e Massa 

Partiamo con Lucca: in provincia, ad Altopascio, torna in scena Silvio Orlando con Lacci, tratto da un romanzo di Domenico Starnone (lo ricordiamo tra gli autori dell’indimenticabile Cuore. Settimanale di resistenza umana). L’attesa è grande per un attore amatissimo dal pubblico, che in video (sia al cinema e adesso pure in tv, con la serie sorrentiniana The Young Pope) ha sempre fornito prove convincenti. A teatro, l’abbiam visto numerose volte (si legga il contributo arlecchino di Gemma Salvadori e quello, pubblicato altrove, del sottoscritto): a esser sinceri, la scena non ci pare il suo habitat naturale, anzi, ma è pur sempre apprezzabile lo sforzo di mettersi in gioco. Lunedì, ossia stasera.
Tre giorni di pausa, per poi lanciarsi in una fine di settimana a dir poco intensa: venerdì sera, le Scuderie Granducali di Elisabetta Salvatori propongono Ugo Dighero e la sua versione di Mistero buffo (in alto a destra). Sarà interessante assistere al monologo qualche mese dopo la morte del suo indimenticato attautore, e probabilmente un arlecchino in zona potrebbe andare a vedere.
La stessa sera, “prima” di stagione al Teatro dei Rassicurati di Montecarlo: arriva Bobo Rondelli con il suo Ciampi ve lo faccio vedere io. C’è sempre qualche discussione, nell’arlecchina redazione, circa le perfomance del cantante livornese: chi scrive propende per considerarne la portata che eccede la musica in forma di canzone e, dunque, l’inserimento nelle stagioni teatrali non stona affatto. Di certo, Bobo, almeno una volta, va visto dal vivo: autentico animale da palco, nel bene e nel male, è tra i migliori cantanti  che abbiamo ascoltati in concerto.
Di tutt’altro tenore la proposta del Guglielmi, a Massa: nelle sere di venerdìsabato, in scena Il padre, testo a tre del “giovane” (37 anni) drammaturgo francese Florian Zeller, protagonisti Alessandro HaberLucrezia Lante della Rovere, cui s’aggiunge David Sebasti. Ironia e riflessione, per uno spettacolo che, avendo nulli rapporti col teatro ospitante (eh, ma la cultura…), quasi sicuramente non vedremo.
Sabato, al Teatro della Rosa di Pontremoli, arriva Il cappello di paglia di Firenze, non nella versione lirica di Nino Rota, bensì l’originale francese di Eugène Labiche. Il progetto, che gira da almeno una stagione, è del pratese Sandro Querci che ha pensato bene di aggiungere musica a musica, sfruttando ulteriori inserti presi dal talento assoluto del compianto Riz Ortolani. Andremmo volentieri, ubiquità permettendo.
Infine, dopo le due repliche pisane, anche a Lucca (Teatro del Giglio), con la replica serale di sabato e quella pomeridiana di domenica, arriva Il flauto magico (Die Zauberflöte), capolavoro mozartiano nell’attesissima versione firmata da Lindsay Kemp. Avendo insinuato un arlecchino tra le poltroncine del Verdi, ve ne riparleremo presto, ma non escludiamo di consultare qualche altro collaboratore, per un secondo parere, come in medicina.

Sabato e domenica  Pisa e Pontedera, tra intrattenimento e contemporaneo

Si sovrappongono, sempre sabato domenica, le programmazioni di prosa a Pisa (Teatro Verdi) e Pontedera, pur in una differente, per non dire antipodica, interpretazione di cosa possa essere l’arte scenica: lo diciamo pur non essendo teneri (tutt’altro) con il teatro che tanto dice d’ispirarsi a Grotowski, e a cui non pare abbia giovato l’abbraccio (mortale?) con la Pergola fiorentina. Tant’è.
A Pisa, ecco quindi Il borghese gentiluomo, commedia molièriana, protagonista il noto Emilio Solfrizzi. Il cast è piuttosto composito, come fu, tempo addietro, in occasione di Sarto per signora, altro allestimento con la medesima produzione (ma diversa regia: questa è di Armando Pugliese, mentre all’epoca era stato Binasco a dirigere). Vogliamo essere sinceri, per cui dichiariamo che la firma di Molière non è sempre una garanzia: dovreste aver imparato che il teatro lo fa chi va in scena, e un esempio, sullo stesso testo, ci corre alla mente con la versione di Massimo Venturiello vista a Lucca un lustro fa.
D’altro tenore, e ce ne compiacciamo, I passi ultimi, in quel di Pontedera: si tratta d’un ambizioso progetto che coinvolge, in qualità di autori e attori, il bravo Savinio Paparella (lo ricordiamo sempre con piacere nell’Ubu Roi di Roberto Latini) ed Elisa Cuppini. Dalle note di regia: “Una serata danzante in una balera di periferia al centro dell’universo. […] Sudore, valzer e polvere di stelle. Ma questa sera non è come le altre sere. L’imprevisto irrompe sulla scena. Il tempo rallenta, i passi si fanno incerti, nascono domande e desideri. Si può ingannare il tempo? Si può fermare il tempo? Sì. Ma non si può fermare la musica. Perché una mazurca, come la vita, non è finita finché non è finita”. Siamo incuriositi: magari qualcuno dei nostri andrà a vedere.

Da martedì a domenica  Di tutto, e di più, da Pistoia e Firenze

Ricca l’offerta, in fine, dell’area compresa tra Pistoia, Prato e Firenze: partiamo dalla capitale della cultura per il 2017, che offre un’antipasto la sera di martedì, al Bolognini, riproponendo Utoya, testo di Edoardo Erba, con la bravissima Arianna ScommegnaMattia Fabris; leggendo le cronache, diremmo che il tempismo è perfetto, giacché è di ieri la notizia del saluto a mano tesa di Anders Breivik, lo stragista autore dell’eccidio occorso tra Oslo e l’isola in cui si svolgeva il raduno dei giovani socialdemocratici norvegesi. Vedemmo lo spettacolo, la cui regia è di Serena Sinigaglia, in occasione della lunga tenitura pratese e un arlecchino che presto ritroveremo su questi schermi ne scrisse, e pure bene. Dopo qualche giorno di pausa, lo spettacolo si sposterà di qualche decina di chilometri, e affronterà una doppia recita, venerdìsabato sera, al fiorentino Teatro Cantiere Florida. Magari un arlecchino si recherà a vedere.
La settimana pistoiese si chiude al Manzoni: da venerdì domenica, ecco Locandiera B&B, curiosa riscrittura della celebre pièce goldoniana da parte del già citato Erba. In scena, diretta da Roberto Andò, Laura Morante, accompagnata da un nutrito cast di colleghi: la presenza, ai suoni, di Hubert Westkemper ci pare una buona garanzia circa la “serietà” dell’operazione. Chissà se un arlecchino vedrà.
Classiche teniture settimanali, da martedì a domenica, sempre a Firenze, alla Pergola e al Niccolini: i due spazi nazionali che, rispettivamente, vedranno la prosecuzione della sosta in città per Il berretto a sonagli, versione di Sebastiano Lo Monaco, e quella del goldoniano La bottega del caffè, regia di Maurizio Scaparro, con Pino MicolVittorio Viviani. Siamo sinceri: la tentazione è minima.
Assai di più ci ispirerebbe We Love Arabs, a Rifredi da giovedì sabatoHillel Kogan, coereografo israeliano proveniente dalla prestigiosa Batsheva Dance Company di Tel Aviv, si confronta con un tema spinosissimo, il confronto tra israeliani e arabi, mettendo in gioco una buona dose di delicatezza, poesia e umorismo. Lo spettacolo è passato a Ferrara, lo scorso novembre, e se n’è letto un gran bene, in consonanza ai giudizi espressi dalla stampa estera (dal francese “Libération” all’israeliano “Jerusalem Post”). Che dire: vorremmo davvero vedere per parlarvene, e lo faremo.
Chiudiamo con Firenze citandovi l’appuntamento lirico al Nuovo Teatro dell’Opera: in scena Faust, venerdì e domenica, opera di Charles Gounod, per la direzione dello slovacco Juraj Valčuha e la regia di David McVicar, scozzese. Si tratta, com’è evidente, d’una produzione internazionale a unire Royal Opera House di Londra, Teatro Verdi di Trieste, Opera de Lille, Opera de Montecarlo. Niente male.
Last but not least, ci occupiamo di Prato, dove il Metastasio accoglierà, da giovedì a domenica, il peculiare Smith & Wesson, di Alessandro Baricco, regia di Gabriele Vacis, protagonista il poliedrico Natalino Balasso: non amiamo, quasi per principio, l’autore del testo (ne abbiamo innumerevoli motivi), ma il teatro è un’altra cosa (appunto: conta chi va in scena), e confessiamo di essere curiosi.

Per questa settimana, diremmo che può bastare, e glissiamo sulle assegnazioni del Premio Ubu, avvenute sabato scorso (in via radiofonica! Al prossimo giro, creeranno un gruppo WhatsApp) e sulle quali vi sarebbe da disquisire a lungo, e per le assenze e per certe presenze (difficili da giustificare, in entrambi i casi). Alla fin fine, il teatro funziona, né più né meno, come tutte le altre cose italiane: le supposte superiorità, verginità e dignità che questo ambiente si attribuisce sono… letteralmente supposte (sappiamo dove vanno a finire le supposte), giacché il reticolato di rapporti, connessioni e connivenze fa da struttura portante di un sistema difficilissimo da mutare e che oscilla costantemente tra esaltazione (stiamo ancora ridendo per certe articolesse sul rinnovato interesse del pubblico) e biasimo all’indirizzo dei mala tempora. Atteggiamenti quasi mai immuni da una certa e inefficace ritualità.
Meglio i già citati premi arlecchini, allora; almeno son burleschi, senza la minima pretesa sanzionatoria e al solo scopo del nostro (e vostro) palazzeschiano divertimento: non tutti l’han capito, ma non c’è problema, noi si vuol bene a tutti e un sorriso non lo neghiamo a nessuno (mica vero).

E voi: fatevi del bene, e andate a teatro. Ma, se trovate di meglio, non vi biasimeremo comunque.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.

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