Tempi strani questi, per il teatro, sia quello dei cartelloni serali sia quello destinato a un pubblico giovane. Non fraintendeteci: della scena non frega il più classico dei cazzonulla a (quasi) nessuno, ma è proprio per questo che ci colpiscono le polemiche genderofobiche a margine di allestimenti che parlano, con delicatezza, di identità sessuale (Fa’fafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro di Giuliano Scarpinato: ve ne diremo presto) o dell’olocausto rosa, lo sterminio praticato ai danni degli omosessuali (è il caso di Bent, dato a Pisa nei giorni scorsi). Arlecchino già s’è espresso, quindi non la facciam lunga, però vorremmo ricordare un paio di cose: la fluidità sessuale è attributo che, da sempre, si lega ai temi della maschera e del teatro, dalla sua origine più antica e profonda; leggersi un paio di libri sull’argomento (consigliamo quelli di Fernando Mastropasqua, ma si può spaziare) non costa niente. Non solo: l’argomento dichiarato di uno spettacolo non coincide quasi mai con il vero tema del medesimo; in questo rapporto sta tutto il senso e dell’arte e della sua fruizione e, volendo, della critica. Non si tratta di essere antifascisti (lo siamo pure, ma non è il punto) o aperti: si tratta di non essere imbecilli.
E ora, occhio al Calendazzo, con dei consigli a rischio conflitto d’interesse.
Da mercoledì a sabato − Piccoli spazi tra fame atavica, colpi di roncola e di pistola
Prosegue a Buti la caparbia stagione del Teatro Francesco di Bartolo ottimamente gestito dall’attore e regista Dario Marconcini: nella sera di mercoledì, sarà la volta di Oscar De Summa con il suo La sorella di Gesucristo, una storia cruda che parte dallo stupro subito da una ragazza: “Una storia tanto semplice quanto terribile. Una ragazza prende in mano una pistola Smith & Wesson 9 millimetri e attraversa tutto il paese per andare a sparare al ragazzo che la sera prima, il venerdì santo della passione, l’ha costretta a subire una violenza“. Considerando la forza dell’attore autore pugliese (ne parleremo presto), potrebbe davvero valerne la pena.
Dopo il debutto milanese, nella scorsa stagione, e una prima tournée di grande successo ecco che Miseria e nobiltà, nella rilettura di Michele Sinisi, approda sui palcoscenici toscani: giovedì sera sarà possibile assistere a questa commedia scarpettiana rivitalizzata in quel di Castagneto Carducci. Ci piacerebbe davvero che qualche arlecchino andasse a sbirciare, e non solo perché nel cast è incluso Ciro Masella, artista ben voluto su questi schermi (e che ci deve ancora un questionazzo: Sinisi, per esempio, l’ha fatto).
Venerdì sera (ore 21.30), al Teatrino dei Fondi – Quaranthana di San Miniato (PI), saranno in scena Gli Omini con L’asta del santo: «Non è solo un gioco. E non è uno spettacolo», si legge nella presentazione. Pur avendolo visto qualche stagione fa in quel di Porcari, potremmo pure replicare, visto che l’asta sarà sempre diversa di sera in sera: il pubblico gioca davvero con Luca Zacchini e Francesco Rotelli, tra puntate e agiografie di santi (e ce ne sono delle belle).
Doppietta di repliche lucchesi, tra venerdì e sabato rispettivamente ai Rassicurati di Montecarlo e ai Differenti di Barga, per Il più bel secolo della mia vita: il testo è di Alessandro Bardani e Luigi di Capua, che pure dirigono un cast di tre interpreti (Giorgio Colangeli, Francesco Montanari e Maria Gorini). Storia paradossale: ancora oggi, la legge italiana negherebbe, ai figli di N.N., gli strumenti per risalire all’identità della madre sino al compimento del… centesimo anno d’età. Ci dicono che, anche grazie a questo lavoro, la revisione di questa norma sia arrivata in parlamento: chissà.
“Conflitto d’interesse modalità ON”: ci siamo chiesti se scrivere o meno in prima persona, questa settimana, i presenti consigliazzi, e ci pare più sano e trasparente assumerci le nostre responsabilità. Chi scrive non fa l’attore, ma in scena vanno anche i musici (più o meno bravi) e, quindi, sabato sera al Teatro Colombo di Valdottavo sarà di scena Io, Pierre Rivière, avendo sgozzato mia madre, mia sorella e mio fratello…, spettacolo di Daniele Bernardi (regista e protagonista) ispirato a uno sconvolgente fatto di cronaca (e letteratura) occorso in Francia nel 1835 e divenuto oggetto di un celebre studio del filosofo Michel Foucault. Il ventenne contadino Pierre Rivière uccide, a colpi di roncola, parte della famiglia per amore del padre, giustificando con coerenza il proprio gesto attraverso uno scritto di grandissima bellezza, lui, “strano” del paese, ai confini con l’analfabetismo. Storia dura, mescolata a suggestioni musicali e poetiche tra François Villon, Bob Dylan e Allen Ginsberg: in scena il sottoscritto, armato di chitarra elettrica e ghironda, a “scortare” un monologo toccante, persino dolce. La produzione è per lo più svizzera e lo spettacolo ha debuttato a Lugano nel maggio 2016, per un totale di dieci repliche in cui non è morto nessuno, anzi. Veniteci, che è bello (e ne scriverà, senza farsi influenzare, il nostro Giacomo Verde).
Sabato e domenica − Pisa e Pontedera, tra intrattenimento e contemporaneo
Fine settimana pontederese interamente dedicato a Roberto Latini: nei giorni di venerdì e sabato, quello che, per noi, è uno tra i migliori teatranti italiani degli ultimi vent’anni (non da solo), sarà protagonista di Narciso (performance di 15 minuti per uno spettatore alla volta, a partire dalle 15) e Metamorfosi di forme mutate in corpi nuovi, spettacolo serale che rappresenta l’ennesimo confronto tra l’artista e la pulsante materia ovidiana. Ne abbiamo già parlato, potremmo rifarlo.
Nel pomeriggio di domenica, invece, spazio all’ultima creazione, ossia quell’Amleto + Die Fortinbras Machine, che abbiamo visto a Volterra, in una delle prime repliche, e che, stranamente, ci ha lasciato interdetti: ne parleremo senz’altro (il pezzo è scritto da un po’), anche perché, dopo lo spettacolo domenicale, ci sarà un incontro con lo stesso Latini che chi scrive è chiamato a moderare. Vi diremo.
Dal teatro di ricerca alla clownerie: La Città del Teatro, a Cascina, si dà al riso, prima con Gli Eccentrici Dadarò e il loro Siamo uomini o caporali (attenzione: sabato, ma alle 19), poi con Ugo Dighero e Gaia De Laurentiis, protagonisti della commedia L’inquilina del piano di sopra (domenica pomeriggio).
Nello stesso pomeriggio, alle 18, Guascone Teatro propone, sulle tavole del Verdi a Casciana Terme (PI), Ho un vizio al cuore. Tre atti unici di Anton Čechov (L’orso, Proposta di matrimonio e L’anniversario) interpretati da un gagliardo gruppo di giovani attori (Alessia Cespuglio, Elisa Ranucci, Francesco Cortoni e Marco Fiorentini), diretti da Francesco Cortoni. Ci piacerebbe vedere, ma… saremo da Latini. Chissà altri arlecchini raccoglieranno l’invito.
Tutta settimana − Oltrecortina, per ogni gusto
La settimana fiorentina è densissima: delle teniture di Il borghese gentiluomo (alla Pergola da martedì a domenica), Faust di Gounod (Nuovo Teatro dell’Opera, martedì e venerdì), Il viaggio di Roberto (Goldoni, mercoledì) e Rimbamband a Rifredi (da giovedì a domenica) vi avevamo già detto in precedenza e non ci ripetiamo.
Aggiungiamo, quindi, il curioso progetto Cantiere Opera, protagonisti Elio e Francesco Micheli, sorta di viaggio alla riscoperta del melodramma italiano: sarà al Niccolini, da martedì 31 sino al 12 febbraio, e francamente c’incuriosisce, benché la stima per il “capo” delle Storie Tese sia sensibilmente scemata dopo le partecipazioni da giurato nei talent show televisivi. Siamo comunque tentati.
Da martedì a domenica, si torna in scena al Teatro Studio di Scandicci: Truman Capote | Questa cosa chiamata amore, testo di Massimo Sgorbani dedicato al grande scrittore statunitense. La regia è di Emanuele Gamba, nella parte del protagonista troviamo invece Gianluca Ferrato. Sullo stesso lato dell’Arno, ma ancora a Firenze (Teatro Cantiere Florida), Milvia Marigliano sarà protagonista di Ombretta Caro, viaggio al femminile nei pelaghi del ricordo scaturito dalla penna di Sergio Pierattini, per la regia di Peppino Mazzotta. Giovedì e venerdì.
Chiudiamo la rassegna settimanale con Prato, giacché al Fabbrichino approda (da mercoledì a domenica, ma attenzione agli orari) Tre alberghi, drammaturgia di Jon Robin Baitz, diretto da Serena Sinigaglia. Storia a due con Francesco Migliaccio e Maria Grazia Plos rispettivamente nei panni di Ken e Barbara, coppia americana alle prese con le contraddizioni del tempo che passa e il confronto con sé stessi. Potrebbe valere la pena, ma non è detto che gli arlecchini ci arrivino.
Che dire? Anche questa è fatta e, se potete, venite a Valdottavo.