Giro di consigliazzi mai così leggero, a meno che la memoria non c’inganni, in barba al meritatissimo Premio Mentana cui anche quest’anno aspireremmo anzichennò. Prosegue Fabbrica Europa, Armunia vede la fine della stagione “regolare”, a Pisa torna una manifestazione su Dante (dopo la meravigliosa idea di “Dante in ritardo”, l’anno scorso, per l’anniversario 751 dalla nascita di messer Durante degli Alighieri), a Torre del Lago continuano a compier pastrocchi per la gioia di grandi e piccini. Ne parleremo. Via di Calendazzo, ecco il menu scenico dei prossimi giorni.
Venerdì – Il teatro si fa balera, a Capannori (anzi, NO)
Aggiornamento (mercoledì 24 maggio, ore 12.45).
No, non era la volta buona: veniamo a sapere dallo stesso Marco Azzurrini che, data la scarsità di pubblico registrato dalla piccola stagione di spettacoli in programma presso Artè, gli artisti hanno pensato di annullare gli eventi, cosa che il Comune di Capannori non ha trovato tempo di comunicare neppure agli organi di stampa. Questa breve storia triste dovrebbe far riflettere un po’ sul tenore e la considerazione che certe amministrazioni hanno del settore cultura (nessuna progettualità, nessuna continuità di gestione, indifferenza generalizzata), dando vita a controproducenti (e costosi) buchi nell’acqua.
Per correttezza nei confronti di lettori e artisti, lasciamo intatto il testo che segue, nella sua redazione originale.
Che sia la volta buona? Chissà. Da tempo conosciamo Marco Azzurrini, caparbio attore-autore pisano, ammirato anni fa in un allestimento degli amici Sacchi di Sabbia. Artista di prevalente matrice comica, i suoi lavori d’impianto monologico si focalizzano sul ricupero d’una memoria novecentesca intrisa di localismo: dal pugilato cittadino al ricordo delle sale da ballo d’un tempo, tornando agli anni Cinquanta tra musica e racconto. Questa, in poche parole, la materia di Balera ’59, lavoro che Azzurrini, coadiuvato dalla brava Daniela Romano alla fisarmonica, porta in giro da parecchi anni e che, nonostante tutta la buona volontà possibile, ancora non siamo riusciti a vedere, sempre apprezzando i pazienti inviti dell’artista. Difficile mancare, questa volta, a Capannori, Spazio Artè (sì, quello col tetto in vetro, roba da matti), la sera di venerdì.
Sabato – Roberto Latini si trasforma, a Castiglioncello
Replica multipla anche a questo giro per Armunia: dopo le quattro volte del Sandokan dei Sacchi, ecco ritornare in scena Roberto Latini con il suo Metamorfosi di forme mutate in corpi nuovi. Da tempo, l’artista romano si confronta con il grandioso poema ovidiano (eccoci), da lui interpretato alla stregua di un prezioso vocabolario per immagini, particolarmente intriso di elementi teatrali, a partire dal proprio tessuto linguistico, per poi passare alla sua sostanza narrativa. Aggiunge: «Questo è il testo di riferimento di tutta la letteratura moderna e contemporanea. Voglio provare a interpretare teatralmente il linguaggio, la struttura e i suoi episodi. Voglio provare l’occasione di non mettere in scena quei Miti, ma “tradurre”, nell’etimologia comune di tradire e tradizione, ciò che alcuni Miti sembrano custodire per il contemporaneo». Ne avemmo un assaggio, quasi due anni fa, proprio a Castiglioncello. Adesso, Latini torna a confrontarsi con quel materiale, nella forma di due prove aperte, al Castello Pasquini, sabato, dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19, un’ottima occasione per vedere al lavoro uno degli artisti più interessanti della nostra contemporaneità.
Domenica sera – Dante dalla Torre di Pisa
Correva l’anno 1981, era il 31 luglio, a quasi un anno dalla tragedia consumatasi alla Stazione di Bologna, quella attribuita (ma la questione è quanto mai controversa) a Giusva Fioravanti e Francesca Mambro dei NAR. Carmelo Bene appariva, al pubblico e alla Madonna, dalla vetta della Torre degli Asinelli, con circa centomila persone sotto, ad ascoltare, per una Lectura Dantis iscrittasi di diritto nella storia della cultura italiana. Adesso, a Pisa, per la seconda iniziativa dedicata al Sommo Poeta dopo Dante posticipato dell’anno scorso (recensimmo poco convinti la lettura di Chiara Guidi, se ricordate), sarà il bravissimo Fabrizio Gifuni a prodursi in una lettura pubblica, dalla cima d’una torre non meno celebre (anzi), rispetto a quella della Dotta: non sappiamo, a dire il vero, quali scelte compierà l’attore foggiano, per il quale proviamo un’indiscutibile stima (bellissimo il suo Gadda, per la regia di Giuseppe Bertolucci), ma faremo di tutto per esserci. Domenica sera, a Pisa, in piazza del Duomo.
Venerdì e sabato – Due occasioni a Fabbrica Europa e Livorno si sposta a Firenze
Fabbrica Europa giunge alla quarta settimana di programmazione e giusto un paio di iniziative possono rientrare nei nostri interessi: curioso, ma non certo colpevole, che in entrambe le occorrenze si tratti di progetti quasi omonimi ad altrettanti lavori svoltisi in area fiorentina negli ultimi anni. Venerdì sera è il turno di Antonio Bissiri con Oxidiana (progetto il cui nome rievoca in qualche modo Ossidiana di Fabrizio Favale), una performance d’origine materica, come detto dallo stesso artista, un “primo dialogo con il vetro vulcanico, che conserva le stesse proprietà del vetro lavorato dall’uomo“. La sera dopo, sabato, spazio a De rerum natura (studio), esibizione d’evidente ascendenza lucreziana ad opera di Nicola Galli (ex CollettivO CineticO) e che, personalmente, ci fa rammentare una delle prime cose che vedemmo di Virgilio Sieni, anni fa. Il giovane artista, da parte sua, dichiara che, nell’esplorazione del capolavoro di Lucrezio ha individuato un’idea performativa, “il desiderio di muoversi di sei corpi, legati da un pensiero sotterraneo che scorre sanguigno sotto la superficie della pelle“. Chissà.
Strana realtà quella del teatro toscano, ché l’impressione, dall’esterno, è d’una certa vaghezza d’indirizzo, un protratto inanellare iniziative senza una percepibile progettualità “di sistema”. Non vogliamo farla lunga, ma, dalle intermittenti apparizioni di festival modello “Teatri di Confine” all’ultima trovata, roba di questi giorni, del Teatro Nazionale, tutto ci fa pensare a una carenza di veri piani a lungo termine. Tant’è che, comunque, Livorno abbraccia, anzi, viene abbracciata da Scandicci (del resto, lo sviluppo del porto labronico lo si deve ai Medici, nel Cinquecento): Teatri Salmastri è il nome del “focus” sulle compagnie livornesi che si terrà dal giovedì a domenica presso il Teatro Studio Mila Pieralli di Scandicci. Due spettacoli a sera, per i primi tre giorni, e chiusura con un tris; ve li citiamo tutti: Ho un vizio al cuore del gruppo Pilar Ternera, Sull’oceano e 88, regia di Alessandro Brucioni, entrambi con Michele Crestacci (e non solo), Blocco 3 di Francesco Niccolini e Roberto Aldorasi, con Fabrizio Brandi (recensito un annetto fa), Hallo! I’m jacket! della Compagnia Dimitri/Canessa, infine Gaetano Ventriglia (ne parleremo prossimamente) e Silvia Garbuggino in Magi. Volendo fare i precisini, la panoramica non ci pare completa, ma interpretare le logiche della programmazione teatrale, toscana e non, ci pare assolutamente al di fuori della nostra (pure limitatissima) portata. In ogni caso, qualcosa che merita d’esser visto c’è, eccome.
E intanto, a Torre del Lago…
Siam gente semplice, lo sapete bene, magari un po’ malandrina, ma pur sempre di ottimo animo. Per questo, ogni mattina ci svegliamo e, pensando alla gazzella che deve pensare a correre più forte del leone, tra un’abluzione e una minzione, ripassiamo mentalmente la tabellina del 7 e ci ricordiamo delle diffide legali pervenuteci da una dipendente (e parente) della Fondazione Festival Pucciniano. Ed è per questo che, informati circa la brillantissima idea d’affidare la regia d’una nuova produzione lirica (Turandot, per la precisione) ad Alfonso Signorini (per chi non lo sapesse: giornalista gossipparo attualmente direttore del settimanale Chi), un brivido lungo la schiena ci ha attraversati, rendendo splendida e indimenticabile una normalissima giornata di maggio. Le parole del direttore (!?) artistico Alberto Veronesi sono a tal proposito impagabili. Guardare per credere.
Il nostro intimo, inconfessabile (anzi: confessabilissimo, infatti ve lo confessiamo) desiderio: recarci a casa del direttore Veronesi e, dall’alto del nostro dottorato in Cinema Musica Teatro, rifargli l’impianto elettrico da zero. Così, per rendere pop e popolare anche l’elettrotecnica, e non solo la regia lirica: se la ratio dev’essere la negazione totale di qualsiasi mestiere e professionalità (secondo il principio per cui tutti possono fare tutto), ché, almeno, ci sia consentito bruciargli la casa. Ma tra gli applausi.
L’Italia non è (più) un paese: è un’allucinazione.
Avanti così.