Questo pomeriggio, fortunatamente, nessuno mi si è seduto e forse riesco finalmente a vedere bene il palcoscenico, celato al pubblico dal rosso sipario. Non so che spettacolo sia, non sono riuscita a vedere i volantini. All’improvviso, ecco uno spettatore ritardatario. Si avvicina: mi sta “puntando”. Sono pervasa dal terrore che poggi le sue natiche su di me. Si approssima ancora: davanti alla mia vicina, si ferma. S’accomoda. Che fortuna, oggi potrò godermi lo spettacolo. Il signore ha in mano il volantino della messinscena e io riesco a leggere qualche spezzone di frase: «Spettacolo ideato e scritto da Sandro Fabiani e Fabrizio Bartolucci con Roberta Biagiarelli e Sandro Fabiani: Bella da morir! Aida e il bambino che sognava la musica».
La musica! Amo la musica, è l’unica cosa che riesce a distogliere i miei pensieri dalle mie sfortune, anche quando un essere umano non proprio leggero ha deciso di sedersi su di me. Silenzio! Comincia lo spettacolo: dal fondo del teatro, passando tra il pubblico, arriva Sandro Fabiani. All’inizio non lo posso vedere (sono senza collo), poi mi supera e lo osservo: un omuncolo con una gobba, vestito all’antica, una lanterna in mano. Canticchia. Si apre il sipario e resto a bocca aperta: durante tutta la mia lunga carriera da poltroncina teatrale non ho mai, dico mai, visto una scenografia così suggestiva, un cimitero delimitato da un cancello che, nella sua semplicità, è semplicemente spiazzante. Il guardiano del cimitero – l’omino gobbo – sale, provocando nel pubblico (e nelle poche sedute che hanno la fortuna di assistere) risate di sorpresa; dalle poltroncine condannate alla cecità, silenziose maledizioni.
Il personaggio estrae dal giubbotto la “gobba”: in realtà, è un piccolo busto di Giuseppe Verdi. Inizia così lo spettacolo. Fabiani chiama sul palco un bambino (l’invidia mi corrode, avrei voluto andare io, ma figuriamoci se un essere umano si degna di chiamare sul palco una sedia: noi siamo per loro soltanto strumenti, senza una sensibilità e senza alcuna necessità, se non quella di ospitare il loro deretano) che starà con lui sino alla fine. Sebbene mi dolga dirlo, vi anticipo che è stato veramente bravissimo. Il guardiano racconta al ragazzino che – guarda coincidenza! – si chiama pure lui Giuseppe (in realtà Jacopo), aggiunge poi la storia di Giuseppe Fortunino Francesco Verdi e, infine, la trama di Aida, opera dello stesso compositore che parla di una storia d’amore impossibile tra la principessa etiope prigioniera degli egizi e Radamès, un giovane guerriero nemico promesso sposo alla figlia del faraone. Per raccontarci la vicenda, i due attori recitano in scenari diversi, tutti creati modificando a vista la scena iniziale. La musica si fa triste e imponente quando i due innamorati si incontrano nella cripta di Radamès, sepolto vivo, dove Aida è entrata per morire con il suo amore.
Finito di raccontare, il bravo Sandro Fabiani se ne va come è venuto, passando tra il pubblico e portando con sé l’esordiente piccolo attore. Uno spettacolo divertente, entusiasmante e davvero ben pensato, con qualche minima pecca nel cambio di scenografia: niente comunque che non si possa migliorare o che pregiudichi la riuscita della messinscena. Spero di essere stata il più possibile esauriente, ma, se per caso non foste soddisfatti, vi prego di non giudicare troppo aspramente una povera, vecchia sedia dell’Auditorium Vincenzo da Massa Carrara di Porcari.
Asia Cavalletti