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Ti immagini noi due tra cinquant’anni

Sguardazzo/recensione di "La prossima stagione"

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Cosa: La prossima stagione
Chi: Michele Santeramo, Cristina Gardumi
Dove: Pontedera (PI), Teatro Era
Quando: 32/01/2015
Per quanto: 50 minuti

Una cosa piccola ma ben scritta. Se ci lasciassimo contagiare dal prezioso eppur pericoloso virus della sintesi, potremmo risolvere con poche parole la recensione dello spettacolo di Michele Santeramo. Invece la deontologia del cronista teatrale impone un’argomentazione distesa, nonché un giudizio più approfondito.

Piccola ma ben scritta, si può dire, perché La prossima stagione, nuova produzione della Fondazione Pontedera Teatro (cui l’autore, e in questo caso anche interprete, dedica in chiusura un sentito ringraziamento per l’ospitalità), non è un testo drammaturgico di ampio respiro, ma una breve collana di dialoghi, prelevati da una lunga e immaginaria vita di coppia che si prolunga dal 2015 al 2065. Sei dialoghi, uno ogni dieci anni, che seguono l’evolversi di un’esistenza condivisa, banalmente segnata da scelte più e meno impegnative, difficoltà, sofferenze. Ma ogni esistenza è tanto banale quanto unica, e tanto unica quanto esemplare, se la sua narrazione riesce, come in questo caso, a tenere in prospettiva infinite altre presenze.

Lanciandosi nel futuro Santeramo deve fare i conti con la realtà nella quale i due protagonisti si troveranno ad agire, immaginarne i contorni, visualizzare e rendere credibili luoghi, modelli, abitudini: oltre alle fantasie che riguardano l’alimentazione, gli scambi economici e le pratiche di fine-vita (fantasie che non riportiamo per non guastare il piacere ai futuri spettatori), è degna di nota l’invenzione di un dispositivo che permette di vedere i ricordi, impedendo quindi a ciascuno di mentire sul proprio passato. Si tratta di un avvenire ipotetico e non importa quanto sia verosimile. Ciò che conta è che Santeramo faccia di queste fantascientifiche premonizioni la sottotraccia ironica di una storia vissuta, convincendo se stesso e chi lo ascolta che per quanto possano cambiare le mode, i regimi, le credenze, le protesi che integrano il nostro corpo, in una parola le forme del vivere quotidiano, non cambierà il contenuto, ovverosia l’insieme di bisogni e pulsioni che ci rende uomini a prescindere dal luogo e dal tempo che il caso ci assegna.

E dalla presenza scenica di Santeramo, mai debordante nell’interpretare i suoi personaggi né, di contro, impedito dall’umile piattezza del lettore d’occasione, si capisce anche quanto l’autore sia pienamente consapevole delle qualità del suo testo.

I disegni di Cristina Gardumi, proiettati sullo sfondo come illustrazione e supporto visivo, sono pesanti e aerei al tempo stesso, nel decorare le pareti della storia con la libertà fiabesca di un bestiario che pare sottratto a un film di David Lynch e riportato sulle pagine di un libro di Rodari.

 

ATTENZIONE:
Si precisa che l’autore della recensione non ha veramente visto lo spettacolo. Desiderava vederlo: testimoni possono confermare che si era liberato da altri impegni, aveva richiesto gli accrediti, si era ricordato di fare rifornimento alla macchina. Sciaguratamente, poche ore prima è stato avvisato che la replica era stata annullata. Il disappunto non lo ha distolto dai suoi doveri, e ha deciso di scrivere comunque il pezzo, con fantasia e abnegazione. Facendo ammenda per le eventuali imprecisioni, l’autore si ripromette di rimediare in futuro.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un animale sarebbe... un irsuto ma tenero porcospino

Locandina dello spettacolo



Titolo: La prossima stagione

regia Michele Santeramo
da un’idea di Luca Dini e Michele Santeramo
immagini Cristina Gardumi
assistente alla regia Erica Artei
musiche Sergio Altamura, Giorgio Vendola, Marcello Zinni


Cosa può succedere nei prossimi sessant’anni? Come le nostre vite dovranno adeguarsi ai cambiamenti che le scelte di oggi produrranno? Un lui e una lei, marito e moglie, mostrati al presente in sei momenti della loro vita, a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, dal 2015 al 2065, per cercare una risposta a come le vite delle persone saranno costrette a modificarsi, accontentarsi, piegarsi, perché intanto il mondo sarà cambiato ma le persone continueranno ad avere le stesse pulsioni profonde, gli stessi desideri, le stesse passioni. Viola e Massimo passano tra gli stravolgimenti imposti dal modo nuovo di vivere: un macchinario che permette di vedere i ricordi li costringerà a raccontarsi ogni verità; i soldi spariscono e al loro posto, per pura democrazia, viene usato il sangue; la morte è obbligatoria e si prenota ad orario e giorno esatti; i pasti sono sostituiti da barrette energetiche complete. Lo spettacolo racconta come si modifica il rapporto tra questi due personaggi, come si modificano la loro voglia di tenerezza, il loro modo di scherzare, la loro innata leggerezza. Ma il futuro, in teatro, non è credibile perché l’azione, per essere vera, deve trattenere il tempo nel presente. Il dialogo, quindi, non è messo in scena ma letto da un solo attore. Le didascalie rivestono un ruolo fondamentale perché, proiettate come fossero sovratitoli, vengono lette dallo spettatore interrompendo il flusso del dialogo. Non si tratta di semplici didascalie che descrivono azioni, piuttosto di visioni a cui si affida – come se per quei momenti lo spettacolo cedesse il posto al romanzo – un pezzo di racconto privato, tra spettatore e pagina scritta, al di là della mediazione della voce dell’attore. È uno spettacolo da leggere: perché il futuro è irrappresentabile, perché l’attore legge il dialogo, perché lo spettatore legge lo spettacolo. Michele Santeramo

Carlo Titomanlio
È una persona serissima.