Un demone tentatore bussa ogni anno, verso la fine di dicembre, alla porta di giornalisti, critici e amatori d’ogni disciplina. È un essere infame e mostruoso, ma assai allettante: con le sue lusinghe invita il presuntuoso pennaiolo a compilare una graduatoria di ciò che vale la pena salvare (o buttare) dell’anno soccombente. I migliori dischi dell’anno, i gol più belli, le serie tv più entusiasmanti e quelle più stupide, l’abito più brutto indossato da Ilary Blasi, la barzelletta sporca più sporca, e così via.
Ebbene, inutile girarci intorno, anche la redazione di LSDA ha ceduto alla tentazione.
Quella che segue è la raccolta delle scelte fatte dagli arlecchini: tre titoli per ciascuno, tre spettacoli da consigliare, da rivedere o, soltanto, da non dimenticare e, va da sé, opportunamente legati alle (eventuali) relative recensioni.
Andrea Balestri
• Don Carlo, regia di Cesare Lievi, direttore Valerio Galli (leggi lo sguardazzo)
Un monumento di Verdi e per Verdi, solenne, marmoreo e umano
• La Damnation de Faust, regia di Damiano Michieletto, direttore Daniele Gatti
Perché Michieletto spinge il teatro musicale oltre il contemporaneo
• Pinocchio racconta Pinocchio, di e con Andrea Balestri
Perché ho finalmente incontrato il mio omonimo
Sara Casini
• Questo lavoro sull’arancia, di e con Marco Chenevier, e con Alessia Pinto
Perché pensavo di pisciarmi addosso.
• Family Affair, di Caterina Simonelli (leggi lo sguardazzo)
Perché se ci penso avrei voglia di rivederlo.
• Più carati, degli Omini (leggi lo sguardazzo)
Perché mi è presa così.
Francesca Cecconi
• Enrico IV, regia Carlo Cecchi (leggi lo sguardazzo)
Sapiente regia e riadattamento in chiave metateatrale di una delle opere pirandelliane che maggiormente si presta al giuoco.
• Geppetto e Geppetto, di Tindaro Granata (leggi lo sguardazzo)
Quando la drammaturgia contemporanea è viva e ci fa emozionare.
• Solitudes, di Kulunka Teatro
Le parole non servono più. Immagini che colpiscono chiunque attraverso immobili maschere dalla molteplice espressività.
Gemma Salvadori
• Le parole lievi, regia di Armando Punzo, Compagnia della Fortezza (leggi gli sguardazzi qui e qui)
Perché è «meglio sparire nel mistero del colore delle cose quando il sole se ne va». [Cit. Il vangelo di Giovanni, Baustelle]
Elena Modena
• Odissea a/r, di Emma Dante (leggi lo sguardazzo)
Perché incanta e riempie gli occhi di meraviglia. E perché ha dato un senso alla mia maturità classica.
• Pinocchio, regia di Maria Grazia Cipriani, produzione Teatro del Carretto.
Perché è un viaggio onirico, espressionistico e oscuro nella mente di un burattino troppo spesso confinato in una rassicurante storia per bambini.
• Trattato di economia, di (e con) Roberto Castello e Andrea Cosentino (leggi lo sguardazzo)
Perché è geniale, ironico, disincantato e persino denso di pressanti spunti di riflessione.
Igor Vazzaz
• Questo lavoro sull’arancia, di e con Marco Chenevier, con Alessia Pinto
Ficcante, divertente, in grado di reggere pure oltrepassato l’effetto a caldo.
• Otello alzati e cammina, di e con Gaetano Ventriglia (leggi lo sguardazzo)
Una perla, certo non una novità, ma il teatro ha da essere anche repertorio.
• We Love Arabs, di e con Hillel Kogan (leggi lo sguardazzo)
Una riflessione sullo spazio che è teatro, politica, e vita. Con profondo umorismo.
Questo è quanto. E voi? Ci sono spettacoli visti in questo 2017 che vorreste “portare con voi”?
Scrivetelo, se volete, ad arlecchino@losguardodiarlecchino.it; vi sarà risposto. Forse.