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Massini e Muscato al cospetto di Eco: Il nome della rosa a teatro

Sguardazzo/recensione di "Il nome della rosa"

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Cosa: Il nome della rosa
Chi: Luca Lazzareschi, Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo
Dove: Firenze, Teatro della Pergola
Quando: 28/11/2017
Per quanto: 150 minuti

Confrontarsi con uno dei classici della letteratura italiana ci pare una sfida ardua per chiunque, ancora di più quando al già complesso paragone si aggiunge, ulteriormente, una fortunata trasposizione cinematografica. Non è quindi semplice riadattare per il teatro un’opera del calibro di Il nome della rosa di Umberto Eco, vuoi per il romanzo edito da Bompiani nel 1980, vuoi per la pellicola di Jean-Jacques Annaud uscita sei anni dopo.

Stefano Massini (l’abbiamo intervistato pure noi), chiamato al confronto con simili opere, ne viene fuori in maniera vincente, costruendo una drammaturgia che, sì, guarda al film e al testo di partenza, ma senza scimmiottamenti, senza copiature, senza appiattirsi su quanto già realizzato.
La sua stesura è accurata: non trascura scene in apparenza marginali, ma fondamentali per comprendere i personaggi (come l’episodio del cavallo Brunello, dove Guglielmo da Baskerville tramite pochi indizi, riesce a indicare, oltre a dove sia andato l’equino, anche il nome, dando prova del suo grande acume), opta per dialoghi molto asciutti tendenti al colloquiale, nonostante il peculiare ambiente conventuale. Il regista Leo Muscato, d’altro canto, si affida a un cast composto da attori che sono una garanzia per efficacia e bravura, impiegandoli a mo’ di pedine di scacchi nella mastodontica scenografia realizzata da Margherita Palli.

A nostro avviso, questa versione scenica del capolavoro di Eco rappresenta uno di quei casi per cui può valere la pena spostarsi per assistervi, possibilmente in spazi idonei a ospitare un kolossal di simile portata. Tra gli elementi del libro a rendere complessa una traduzione scenica vi è, infatti, l’ambientazione assai variata: Palli la rende con una struttura su più livelli che, modificandosi a vista, diviene, ora, bellissima e altisonante biblioteca, ora, interno di un’austera cattedrale. Per gli “esterni”, invece, viene utilizzato il proscenio, con l’aiuto di un fondale per videoproiezioni a mo’ di sipario alla tedesca, celando la scena retrostante.

Fabio Massimo Iaquone e Luca Attilii sono gli autori dei video che arricchiscono gli ambienti, andando a incorniciare la scenografia con eventuali scritte di libri o, perfino, le copiose fiamme dell’epilogo finale, che ricordano in qualche modo le lingue di fuoco di The crossing di Bill Viola. I richiami figurativi sono molteplici: dal commovente ritrovamento di un cadavere in una vasca in posa per La morte di Marat di Jacques Louis David, ad ancora Bill Viola (Woman Fire) nella suggestiva immagine della giovane donna peccaminosa che brucia camminando.

Luca Lazzareschi è un Guglielmo da Baskerville molto astuto, a tratti spocchioso per l’ostentazione della propria cultura ai danni del giovane Adso, imbranato e desideroso della scoperta, interpretato da Giovanni Anzaldo. Luigi Diberti con voce suadente è Adso adulto, narratore dell’intera vicenda, mentre Eugenio Allegri regala una doppia interpretazione degna di menzione, sia come Ubertino da Casale sia nei panni dell’inquisitore Bernardo Gui. Troviamo, inoltre, Renato Carpentieri, prima accomodante e poi spietato, nei panni di Jorge da Burgos, a dominare la biblioteca, sia fisicamente sia grazie alla propria forza oratoria.

Fa piacere vedere produzioni di questo tipo, con ben tredici attori, tutti di grande livello, con scenografie, riadattamento e regia “firmati”, ci danno l’impressione che i nostri soldi pubblici, che vanno a confluire nel Fus, siano ben investiti. Molto più del canone Rai.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un film sarebbe... kolossal in stile "Ben Hur"

Locandina dello spettacolo



Titolo: Il nome della rosa

da un romanzo di Umberto Eco
versione teatrale di Stefano Massini (© 2015)
con (in ordine alfabetico) Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Giulio Baraldi, Renato Carpentieri, Luigi Diberti, Marco Gobetti, Luca Lazzareschi, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera, Marco Zannon
scene Margherita Palli
costumi Silvia Aymonino
luci Alessandro Verazzi
musiche Daniele D’Angelo
video Fabio Massimo Iaquone, Luca Attilii
assistente alla regia Alessandra De Angelis
assistente scenografa Francesca Greco
assistente costumista Virginia Gentili
regia e adattamento Leo Muscato
produzione Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Genova, Teatro Stabile del Veneto
in accordo con Gianluca Ramazzotti per Artù
e con Alessandro Longobardi per Viola Produzioni
con il sostegno di FIDEURAM

Il nome della rosa è un omaggio a Umberto Eco, nella prima versione teatrale di Stefano Massini, per la regia di Leo Muscato. Un cast di tredici attori danno vita a quaranta personaggi, con una recitazione molto empatica, colloquiale, quotidiana, per uno spettacolo che, nell’insieme, ha un taglio quasi cinematografico. Se è vero che al centro dell’opera di Eco vi è la feroce lotta fra chi si crede in possesso della verità e agisce con tutti i mezzi per difenderla, e chi al contrario concepisce la verità come la libera conquista dell’intelletto umano, è altrettanto vero che non è la fede a essere messa in discussione, ma due modi di viverla differenti. Una produzione Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Genova e Teatro Stabile del Veneto, in accordo con Gianluca Ramazzotti per Artù e con Alessandro Longobardi per Viola Produzioni, realizzata con il sostegno di Fideuram. “Abbiamo immaginato uno spettacolo in cui la dimensione del ricordo del vecchio Adso potesse diventare la struttura portante dell’intero impianto scenico. Questo è concepito come una scatola magica in continua trasformazione che evoca i diversi luoghi dell’azione: una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa”.

Francesca Cecconi
Da attrice a fotografa di scena per approdare alla mise en espace delle proprie critiche. Under35 precaria con una passione per la regia teatrale. Ha allestito una sua versione di Casa di bambola di Ibsen. Se fosse un’attrice: Tosca D’Aquino per somiglianza, Rossella Falk per l’eleganza, la Littizzetto per "tutto" il resto.