Qual è la linea che separa l’uomo dalla macchina?
Verrà mai superata?
Potrà mai accadere che in futuro i robot siano completamente integrati nella quotidianità domestica umana?
E come?
Queste sono le domande che hanno stimolato la fantasia di quegli uomini che noi chiamiamo “artisti di fantascienza”, che si sono immaginati, ognuno a modo proprio, storie o avventure ambientate in una società futuristica incredibilmente digitalizzata, ma spaventosamente verosimile.
Proprio di questo genere è lo scenario che fa da sfondo a Ok robot, spettacolo per bambini presentato dalla compagnia Teatro delle briciole.
Buio iniziale, soltanto una luce bianca a illuminare i volti granitici e impassibili degli unici due attori, Simone Evangelisti e Agnese Scotti, che, attraverso i movimenti rigidi e robotici, aprono lo spettacolo a tempo di musica, riuscendo a rendere quasi metalliche le candide calzamaglie e l’intreccio di tubi di plastica sulla schiena che costituiscono interamente i costumi scenici.
I protagonisti interpretano due Ok robot, automi progettati per aiutare l’uomo in numerose mansioni; questi due esemplari, però, a causa di ragione a loro ignota vengono scartati dalla società e gettati in una sorta di discarica, al cui interno si svolgerà la vicenda. A dire il vero, l’ambientazione è interamente affidata all’immaginazione dello spettatore, dal momento che tutta la recita si svolge in uno spazio caratterizzato da uno sfondo completamente nero.
Luci e musiche giocano un ruolo molto importante: spezzano quella sensazione di tedio che potrebbe assalire i bambini, principale pubblico cui questo spettacolo è indirizzato.
Anche per questo motivo, i due protagonisti, nel tentativo di spegnersi e di smettere di essere freddi automi e per la curiosità di provare emozioni, tentano di ingannare il tempo, in attesa della bramata fine della batteria, che consentirà loro di disattivarsi. Provano a farlo attraverso banali occupazioni umane: dormire, raccontare storie, giocare a nascondino, cose tanto semplici e scontate, specialmente per un pubblico infantile, da far scoppiare molto spesso, dai settori più “giovani” della platea, sonore risate, dovute all’ostentata macchinosa goffaggine. Troppo logici e razionali, i due, per abbandonarsi ai semplici divertimenti della vita umana.
Da una buona idea di partenza, ne risulta una messinscena tutto sommato divertente, piacevole, soprattutto per merito della bravura degli attori, che, modulando voce, parlata, movimenti e mimica facciale, interpretano molto bene i robot protagonisti.
Altro punto di forza del lavoro sta nella varietà di pubblico cui può rivolgersi: nonostante la scheda tecnica riporti la voce “età dai 6 anni”, non si pensi che l’allestimento sia una banale e infantile commedietta. Al termine della visione, ci si accorge infatti della profondità dei temi trattati, che può essere colta dalla parte più adulta del pubblico, come l’integrazione dell’intelligenza artificiale nella vita dell’uomo, l’esclusione, anche a causa di una minuscola mancanza, da una società che mira alla perfezione e la fortuna dell’essere uomini, dotati di emozioni e sentimenti.
Leonardo Federighi