Stagioni invernali praticamente esaurite, e il teatro toscano prende la rincorsa verso un’estate di festival, rassegne e iniziative assortite che, come sempre, cercheremo di documentare al nostro meglio. Gli ultimi giorni di aprile sono, da tempo, contraddistinti dal doppio ponte (spesso unificato) in direzione Primo Maggio, ed è questo, forse, uno dei motivi per una minore “intensità” della programmazione scenica, posto che, al proposito, restiamo sempre della nostra idea: i teatri dovrebbero “macinare” quando le persone stanno a casa, e non seguire la scansione del “lavoro quotidiano” o quella dell’anno scolastico. Il Calendazzo è abbastanza sgombro, al punto che, per una volta, rinunciamo alla convenzionale ripartizione geografica.
Lucca, lo si sa, è una città strana. A suo modo “isolata” dal resto della regione (di cui fu, in era longobarda, il primo centro amministrativo), ha nei secoli coltivata una sua propria diversità, senz’altro giustificata sotto molti punti di vista. Nel corso della Resistenza, ha assistito all’assassinio di don Aldo Mei, un parroco macchiatosi del “crimine” d’aver dato rifugio a un ebreo condannato a morte, oltre ad aver difeso disertori del regime fascista e perseguitati politici in genere: la sera del 4 agosto 1944, un plotone delle SS fucilò il prelato, dopo che questi benedì, perdonandoli, i suoi stessi assassini. Curioso che questa stessa città, la cui squadra di calcio nel corso degli anni Trenta era guidata dall’ebreo Ernő Erbstein (poi allenatore del “Grande Torino”, vittima anch’egli della celebre strage di Superga) e invisa ai gerarchi per le idee di molti suoi giocatori, registri, e non da oggi, una preoccupante presenza neofascista, strettamente connessa alla tifoseria pallonara. Alle ultime elezioni, Casa Pound s’è assestata all’8%: la percentuale è “dopata” per la minima affluenza, ma il dato resta in ogni caso inquietante.
A che pro diciamo questo?
Perché, martedì pomeriggio, alle 18, presso la Sala Maria Eletta Martini del CRED (Centro Risorse Educative e Didattiche) in via Sant’Andrea, sarà di scena Marco Brinzi con il suo Autobiografia di un picchiatore fascista. Si tratta di un lavoro piuttosto interessante, visto in anteprima lo scorso novembre, e verso il quale nutrivamo una preventiva perplessità, per il non inusuale rischio retorico degli spettacoli “a tesi”. Ci sbagliavamo: l’assolo che abbiamo visto è convincente, dotato d’una sua potenza, ben resa dall’attore quanto a intensità fisica e apprezzabile eclettismo dialettale. Tratto all’omonimo romanzo autobiografico di Giulio Salerno, il lavoro racconta l’esperienza da attivista missino (aderente al Movimento Sociale Italiano) negli anni Cinquanta e, in questo senso, la vaghezza del titolo potrebbe risultare fuorviante, giacché il termine fascismo ha acquisito un valore latu senso molto ampio (checché ne dicano i criptofascisti di oggi).
Comunque: andate a vedere Brinzi, e non vi pentirete.
Sempre in tema, più o meno, citiamo pure lo spettacolo-concerto che Le Due di Notte, alias Valentina Grigò e Pamela Larese, terranno, nel pomeriggio di mercoledì 25 aprile (ore 18), presso il circolo ricreativo L’Ortaccio di Vicopisano (indovinate voi la provincia): canzoni, invenzioni e tanta bravura.
Infine, via con la proposta di Pisa, capoluogo che sta vivendo un periodo controverso dal punto di vista politico, con lo sguardo (invero preoccupato) rispetto alle amministrative prossime venture. Il 25 aprile è tanto festa nazionale quanto politica, inutile negarlo, specie dopo la serie di sdoganamenti rispetto a certa destra, fenomeno iniziato, grossomodo, nei secondi anni Novanta. Detto ciò, registriamo il ritorno in scena, giovedì 26 (Camera del Lavoro della CGIL, Pisa), dello spettacolo Pisa 68. Un maggio lungo un anno, di Marco Azzurrini (la foto è di un’altro spettacolo, Cazzotti), con la partecipazione musicale dell’arlecchino Alessandro Cei. Inutile dire che ci piacerebbe vedere e che non escludiamo di andarci. Voi fatelo comunque.
A Firenze, invece, da martedì a domenica, ultimi scorci di stagione per il Teatro di Rifredi, con il debutto di Alessandro Riccio, autore e protagonista, affiancato in scena da Gaia Nanni: Audizioni parte da un principio diremmo eduardiano («la vita è una continua audizione»), in un parallelo vita-teatro non inedito quanto irrinunciabile. Seguiamo Riccio da tempo, senza mai averlo visto al lavoro: come detto altrove, s’arriva dove si può, cercando col tempo di rimediare. Non disperiamo e, intanto, consigliamo.
Lari (PI), il cui caparbio Teatro Comunale s’accinge a ospitare Il mascheraio, una lezione spettacolo di e con Andrea Cavarra, che illustrerà agli spettatori, le proprie tecniche di costruzione, i materiali, le possibilità rispetto all’oggetto che rappresenta, in tutto e per tutto, l’essenza del teatro. Gran bell’idea, che ci fa pensare al doppio studio, pubblicato negli ultimi due anni, di Ferdinando Falossi e Fernando Mastropasqua, ossia L’incanto della maschera e La poesia della maschera, volumi editi da PRINP. Da vedere, lo spettacolo, da leggere, i due libri.
E dopo il debutto di Belve, di cui cercheremo presto di parlare, quale ultimo appuntamento del Metastasio, la chiusura di stagione si approssima pure per gli altri spazi del grande polo pratese. Tornano in città, questa volta al Magnolfi, Federico Tiezzi e Sandro Lombardi, coppia tutt’altro che ignota alle scene della città laniera. Anche per il principale interprete degli ex Magazzini Criminali, il riconoscimento sul campo, e ci par più che giusto, d’una retrospettiva, come accaduto, nei mesi scorsi, a colleghi quali Tindaro Granata, Saverio La Ruina e Gli Omini. S’inizia, da venerdì a domenica, con Il ritorno di Casanova (come al solito, occhio agli orari). Occasione ghiotta per chi non l’avesse ancora visto.
Per gli amanti dell’arte, diciamo così, ma non del teatro, segnaliamo che, sabato, al Goldoni di Livorno, sarà in scena Sgarbi racconta Michelangelo. Vi parlammo, tempo addietro, della consimile operazione riferita a Caravaggio, e le perplessità di allora sono identiche a quelle odierne. Come detto altre volte: l’uso improprio della scena sarebbe un ottimo tema di riflessione, che vorremmo proporre ad altri arlecchini o a nostri sceltissimi fiancheggiatori.
Con Lucca siamo partiti e con Lucca chiudiamo: domenica sera, a Fuoricentro, ultimo appuntamento per TeatrOff – Pink is the new Black, rassegna che abbiamo supportato come abbiamo potuto, dando evidenza e spazio ai vari spettacoli e sul quale vorremmo spendere un paio di parole.
Prima di ciò, però, il consigliazzo: Caterina Simonelli sarà in scena con il “suo” (in tutto e per tutto) Real Lear, un abrasivo assolo famigliare che fonde spunti scespiriani a reminiscenze autobiografiche. Lo vedemmo al debutto e, pur apprezzando da sempre l’artista, fummo in difficoltà, perché, spesso e volentieri, la conoscenza personale, in bene e in male, si fa rumore nella fruizione, quando, invece, una sovrana distanza sarebbe la condizione ideale per un rapporto “pulito”. Per questo motivo rivedremmo assai volentieri il lavoro e, a questo punto, costringeremo, manu militari, un arlecchino lucchese a raccontarcene.
Ultima considerazione: TeatrOff è stato un successo. Non l’abbiamo toccato con mano, direttamente, e ci spiace, ma sappiamo essere stato un successo: per qualità di programmazione, per capacità di sinergia, per la risposta del pubblico. Il teatro italiano sta sempre a lagnarsi, a specchiarsi, ad alimentare le sue proprie conventicole, ma poi, quando sorge una cosa piccola ma tenace, nuova e caparbia, che neppure abdica alla qualità, il teatro italiano come sistema (cui partecipano pure i critici) s’impigrisce, ignora, non ne parla.
Lo volete sapere? Ve lo meritate, Barbareschi, cazzo.
Andate a teatro, e se ci trovate, sorrideteci.