La compagnia Teatro delle Briciole presenta uno spettacolo incentrato sulle
conseguenze del progresso nel campo della robotica. La recitazione dei
due attori, unici protagonisti umani, Agnese Scotti e Simone
Evangelisti riesce a trasportare lo spettatore nell’universo futuristico dei due esemplari di Ok Robot (che è anche il titolo della rappresentazione), automi costruiti dall’uomo che ormai fanno parte della vita di tutti i giorni; questi, per motivi ignoti, vengono allontanati dalla civiltà e si ritrovano in un luogo indefinito.
Uno sfondo neutro lascia molto all’immaginazione dello spazio in cui si trovano i due. I costumi lattei fai-da-te, le voci modificate e rese meccaniche unitamente alle musiche metalliche contribuiscono efficacemente a rendere l’esibizione chiara e realistica.
L’allestimento è presentato come spettacolo per bambini, ma a mio parere, la visione può estendersi, senza problemi, anche per un pubblico adulto, perché le tematiche affrontate e gli aspetti che messi in luce sono assai profondi, benché parametrati alla comprensione di spettatori “piccoli”. Con l’aiuto di scene tanto chiare quanto divertenti, lo spettatore riesce a rimanere concentrato e a non perdersi nessuna battuta. Sono presenti, inoltre, delle scene di danza “robotica” in cui i due automi svolgono le proprie mansioni giornaliere a ritmo di musica.
Per tutta la durata dell’allestimento, i due protagonisti cercheranno un modo per trascorrere il tempo, anche perché essendo macchine “perfette”, non hanno la possibilità di spegnersi, cioè di perdere definitivamente la propria energia.
I due scopriranno così la magia del sogno, unico luogo in cui non riescono a
controllare sé stessi e provano sensazioni inaspettate e nuove. Questa voglia di
sperimentare emozioni forti li porterà a “vivere” l’esperienza più tenebrosa e atteso:
la morte.
La rappresentazione mette in evidenza come la società sia sempre alla ricerca della perfezione e come ogni aspetto differente sia demonizzato, considerato “sbagliato”. Ci troviamo, così, davanti a uno scenario in cui i due automi cercano un modo per provare emozioni, per trovare una propria identità anche se, alla fine, tutto quello che è nella loro memoria “è preso da altri”.
Riflettendoci, anche per la civiltà odierna è così: noi spesso facciamo uso di frasi e parole che non sono di nostra creazione, ma citazioni di film, libri o persone per cui proviamo stima, e la stessa cosa accade con i pensieri. Eppure, noi “umani” abbiamo la fortuna di poter pensare con la nostra testa e crearci una nostra propria personalità. Alla fine, per quanto una macchina possa essere “perfetta”, non credo che sarà mai possibile sostituirla a una persona, un corpo dotato di fantasia ed emotività.
Rita Vezzoni