ARCHIVIO SPETTACOLI
La regina delle Nevi. La battaglia finale, Boldrini-Campanale(2018)
Titolo: La Regina delle Nevi. La battaglia finale
liberamente tratto da La Regina delle Nevi
di Renzo Boldrini e Michelangelo Campanale
con Alice Bachi, Ines Cattabriga
scene Michelangelo Campanale
Lo spettacolo dialoga liberamente con la celeberrima fiaba di Andersen La Regina delle Nevi, che fa da specchio ad una storia originale della quale una giovane donna, Margherita, è la protagonista. La Nonna le raccontava da piccola la storia della regina di ghiaccio e quindi delle avventure di Gerda, la bambina protagonista, capace di una volontà incrollabile nel superare prove di ogni genere pur di liberare il suo amico del cuore, Kay, dal gelido incantesimo della sovrana dei ghiacci. Una notte a Margherita appare in sogno la nonna che la invita a recarsi subito nella sua vecchia casa. Lei risponde all’invito e quando arriva in quel luogo tanto amato si trova proiettata, fra gioco e realtà, nelle atmosfere della Regina delle Nevi.
Grazie a generose dosi d’immaginazione e ricordi d’infanzia, la storia di Margherita si confonde con quella di Gerda, come quella di Kay con quella di Giacomo, il suo amico del cuore di quando era bambina. La casa della nonna diviene lo scenario per evocare il viaggio dentro quella vecchia storia di Margherita che, come Gerda, deve affrontare un percorso fitto di ostacoli, denso di paure delle quali liberarsi assolutamente per poter divenire ciò che davvero desidera. Un viaggio simbolico, dentro e fuori la fiaba di Andersen, che per Margherita ha una meta obbligatoria: diventare davvero “grande” ma senza perdere il cuore di bambina. Il viaggio di Margherita ha a che fare più che con la geografia degli spazi, con quella, meno scientifica e più emotiva, legata alla percezione del tempo e del suo scorrere ineluttabile. In termini scenici, lo spettacolo è basato su un modello compositivo multidisciplinare che tende a fondere il lavoro dell’attore, l’uso degli oggetti e le videoproiezioni in un’unica immagine pensando quindi alla scena come ad una sorta di specchio magico capace di moltiplicare il visibile, le evocazioni narrative così da orientare gli occhi degli spettatori oltre gli scarni segni con la quale è costruito il luogo scenico. Lo specchio è un segno, un oggetto simbolico, centrale in miti e fiabe ed incarna la metafora stessa del rapporto fra realtà ed illusione.
Nella Regina delle Nevi di Andersen diviene addirittura uno strumento manipolato dal diavolo. Mutazione che lo rende capace, una volta trasformato in lente, finestra, o sovrapposto incidentalmente negli occhi degli umani, di distorcere la realtà, abbrutendola. Un “escamotage” narrativo che nell’immaginario dei più giovani trova oggi forte assonanze con l’utilizzo continuo che i ragazzi fanno degli infiniti specchi/schermi con i quali proprio i più giovani, i nativi digitali, formano il loro alfabeto comunicativo, il confine sempre più labile, fra reale e virtuale.