ARCHIVIO SPETTACOLI

    Roger, E.Solfrizzi/U.Marino (2018)

    Titolo: Roger

    scritto e diretto da Umberto Marino 
    con Emilio Solfrizzi 
    luci Giuseppe Filipponio 
    musiche Paolo Vivaldi 
    regista assistente Maria Stella Taccone 
    consulenza tecnica Maestro Leonardo de Carmine 
    distribuzione a cura di Parmaconcerti 
    in collaborazione con Pierfrancesco Pisani 
    per il costume del Signor Solfrizzi si ringrazia la Sergio Tacchini Icons srl di Livorno e Anna Coluccia 
    foto Federica Di Benedetto 
    Lo spettacolo ha debuttato al Napoli Teatro Festival 2018    

    L’azione si svolge interamente su un campo da tennis e rappresenta un’immaginaria e tragicomica partita tra un generico numero due e l’inarrivabile numero uno del tennis di tutti i tempi, un fuoriclasse di nome Roger.
    Chi si trovasse a dare un’occhiata al testo letterario e poi al monologo teatrale che ne ho tratto, troverebbe una grande differenza con lo spettacolo che vedrà: tutto l’apparato realistico, compresi oggetti di scena ed effetti sonori, sulla scena non c’è.
    Man mano che insieme a Emilio Solfrizzi mettevamo in scena il testo ci siamo resi conto che potevamo elevare la posta della nostra scommessa puntando a una rappresentazione completamente affidata alla centralità della parola e dell’attore. Mi sono ricordato del “cuntastorie”, una arcaica forma di attore totale siciliano di cui racconta Pitré, un attore di strada provvisto di tre panche per il pubblico e di due spade, unici supporti per raccontare e rappresentare al suo pubblico l’intero ciclo della tavola rotonda. Così, forte dell’interprete che avevo, ho cominciato a togliere e a semplificare, fino a che in scena sono rimaste solo le poche righe bianche che disegnano un campo da tennis e due sedie, quelle sulle quali, nei cambi campo, i tennisti si riposano.
    Appena siamo stati in grado, da molto presto, abbiamo cominciato a ospitare degli spettatori. Prima due, poi quattro, dodici, trenta, per mettere a punto e verificare gli effetti comici e quelli drammatici.
    Gli spettatori ci hanno detto che avevano visto il campo, l’arbitro, la palla, la racchetta, i colpi e, fidandoci di loro, affrontiamo una verifica più vasta e impegnativa, sperando che la metafora, prima nascosta e poi svelata, che il testo contiene trovi in questo modo la strada per arrivare al cervello e al cuore del pubblico che vorrà condividere con noi questa esperienza.  
    (Umberto Marino)

    SGUARDAZZI/RECENSIONI