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Travestiamo il Bardo: la versione queer di Lear

Sguardazzo/recensione di "Queen Lear"

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Cosa: Queen Lear
Chi: Claire Dowie, Nina's Drag Queens, Enrico Melozzi, Sax Nicosia
Dove: Prato, Teatro Fabbricone
Quando: 25/01/2019
Per quanto: 110 minuti

A pochi giorni dal debutto milanese, arriva a Prato Queen Lear, «tragicommedia musicale en travesti» del collettivo Nina’s Drag Queens. L’evidente matrice scespiriana è filtrata dalla scrittura di Claire Dowie. Si aggiungono tacchi e parrucche, ma allo stesso tempo la trasposizione lima la drammaturgia: non più castelli, eserciti e guerre, solo le relazioni familiari. Lea Rossi è un’immigrata italiana in Inghilterra che vuole andare in pensione e affidare il suo negozio alle figlie: se Regana e Gonerilla si cimentano in una gara a dichiarare il loro amore, Cordelia non vuole partecipare al gioco. Viene ripudiata e restano solo le due maggiori a curarsi della madre: se in Shakespeare è presente un’eredità concreta e ingente, qui si gioca tutto sui sentimenti. Lea finisce in ospizio, dopo essere stata spogliata di qualsiasi vezzo e dignità: solo il ritorno di Cordelia risolve il dramma, seppur troppo tardi. Parallelamente alla riduzione intimistica, il testo viene declinato scenicamente secondo una poetica del travestitismo con una galleria di topoi, immagini, significati e stilemi condivisi con il pubblico. Così facendo, le Nina’s propongono un’artefatta tradizione di narrazioni drag e – merito supremo – nel farlo non utilizzano il testo archetipico come stampella, ma anzi lo arricchiscono di nuovi significati.

In scena cinque attori con una doppia maschera: oltre a quella del personaggio, la prima e più evidente è quella della drag queen, con caratteri riconoscibili (una sorta di commedia dell’arte ancora tutta da codificare). Sax Nicosia è Lea, drag anziana ed elegante come una diva in pensione: utilizza i tratti marcati per un’espressività evidente, in contrasto con l’intensità del volto immobile con cui mostra l’alienazione della casa di riposo. Le figlie maggiori (Lorenzo Piccolo e Ulisse Romanò) si rifanno invece a un tipo di travestitismo più ammiccante, trucco vistoso e guardaroba meno sofisticato di quello della madre. Alessio Calciolari si alterna tra il ruolo della dolce figlia Cordelia (una drag senza componente erotica) e l’infermiere rapper della casa di riposo. Completa il cast Gianluca Di Lauro (Kent), amica storica di Lea, allontanata per aver preso le difese di Cordelia, ma ritornata sotto mentite spoglie: con la protagonista incarna il mito dell’amicizia tra anziane signore.

Di fronte al fondale su cui si proiettano luci e riflessi, si stagliano i pochi elementi che creano le diverse ambientazioni, in una progressione discendente dall’iniziale bottega di Lea – ricca di elementi e colori caldi – sino al centro anziani, freddo e delineato da pochi neon.
Ulteriore aspetto caratterizzante del lavoro è la colonna sonora, composta da diversi elementi: dal lip-sync di alcune battute tratte da vecchi film (come Sunset Boulevard), alle citazioni di Rigoletto, sino alle musiche inedite di Enrico Melozzi.

Di certo l’allestimento non ci pare destinato a impremersi nella memoria per la concezione o per l’esecuzione musicale, quanto, piuttosto, per l’applicazione di una narrazione differente all’opera di Shakespeare: questo da solo, però, non basta a supportare i 110 minuti senza intervallo, per i quali servirebbe una visione scenica – non solo poetica – assai più potente e identitaria. Un assioma della poetica queer è che l’autentica espressione di sé sia prioritaria a istanze formali, ma in teatro il come è sempre più importante del cosa: in questo nodo sta la debolezza di Queen Lear, giacché, talvolta, ciò che avviene in scena sembrerebbe concentrato sul performer, più che proiettato verso il pubblico. Ciononostante, con la certezza che il rodaggio migliorerà notevolmente il lavoro, ci uniamo agli applausi entusiasti del pubblico del Fabbricone.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... una sfilata sarebbe... il Carnevale

Locandina dello spettacolo



Titolo: Queen Lear

di Claire Dowie da Shakespeare
musiche originali Enrico Melozzi
ideazione Francesco Micheli
regia Nina’s Drag Queens
interpreti Alessio Calciolari, Gianluca Di Lauro, Sax Nicosia, Lorenzo Piccolo, Ulisse Romanò

assistente alla regia Camilla Brison
scene Erika Natati
costumi Rosa Mariotti
traduzione Michele Panella
disegno luci Andrea Violato
suono Alessandro Baldo
preparatore vocale Elena Arcuri
foto Valentina Bianchi

co-produzione Aparte Soc. Coop., Teatro Carcano, Teatro Metastasio di Prato

produzione musicale e edizione Casa Musicale Sonzogno
distribuzione International Music and Arts
con il sostegno di Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto fUnder35 e delle residenze Kone Foundation (FI) e Kilowatt (IT)


Queen Lear è un dramma musicale en travesti ispirato a Re Lear di Shakespeare, diretto e interpretato dalle Nina's Drag Queens da un'idea di Francesco Micheli, scritto dalla drammaturga inglese Claire Dowie e musicato dal compositore italiano Enrico Melozzi. Lea Rossi è emigrata durante gli anni ’70 nel Regno Unito, dove ha aperto un negozio di giocattoli, la cui insegna recita "Lea R.". Il tempo è passato e per l'anziana signora è giunto il momento di chiudere l’attività. Alle prese con il decadimento fisico e la senilità, si scontra con le tre figlie e la fedele amica Kent, che cercano di prendersi cura di lei. Nel solco della tradizione shakespeariana, è uno spettacolo popolare e alto al tempo stesso, che prende forza dalle contaminazioni tra i generi: la musica classica dialoga con composizioni musicali originali, pop e elettroniche; i blank verse si trasformano in poesie, rap, melologhi e canzoni. La maschera eclettica ed eccessiva della drag queen, caratteristica della compagnia, è la chiave perfetta per una declinazione contemporanea del fool shakespeariano.

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.