Dunque, dove eravamo rimasti?
Ah, giusto: tutti i teatri chiusi, le stagioni praticamente annullate, nessuna certezza per i mesi a venire, uno stato d’eccezione il cui aspetto più impressionante non è tanto la rigidità (c’è chi nota, non a torto, che durante le guerre il coprifuoco è limitato a certe ore e la vita quotidiana comunque si svolge), quanto lo scarsissimo, repentino tempo d’applicazione e adeguamento.
In questo periodo, leggiamo un sacco (meno di quanto ve ne sarebbe necessità) cercando disperatamente di selezionare fonti e pensieri, ma non c’è storia: l’infodemia è senza dubbio qualcosa di ancor più reale e pericoloso della pandemia in atto, per cui proviamo a rifugiarci in qualcosa che, di certo, non esauriamo quanto a conoscenza, ma, almeno, possiamo approcciare senza essere completamente sprovveduti (solo un po’, ecco).
Torniamo dunque al Dantedì, dopo avervene consigliata la visione, nella speranza che non ce ne vogliate. Proviamo a parlare di quel che abbiamo visto, ovviamente alla luce delle condizioni produttive, elemento che dovrebbe sempre essere polare nell’orientamento di qualsiasi critico, nel bene e nel male.
La prima sezione di contributi teatrici pubblicata dal profilo YouTube di Regione Toscana s’intitola Dante e il teatro: ospita tre video discorsivi in cui troviamo Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Rodolfo Sacchettini, vale a dire due esponenti della realtà produttiva più importante, in senso storico e non solo, della nostra regione, oltre a uno degli operatori più autorevoli, ex direttore artistico (in coabitazione) del Santarcangelo dei Teatri e dell’Associazione Teatrale Pistoiese.
Nel primo, Tiezzi illustra l’idea di riportare in scena, nel 2021, il progetto La Divina Commedia, lavoro già realizzato nel 1990 coinvolgendo tre poeti contemporanei (Edoardo Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici), rispettivamente per le drammaturgie di Inferno, Purgatorio e Paradiso. L’impressione è che, purtroppo, la registrazione sia da aggiornare per i motivi che immaginate, benché la speranza che l’attuale situazione possa risolversi e almeno rendere possibile il ritorno in scena nella prossima stagione non la vogliamo abbandonare. Detto questo, il discorso di Tiezzi è interessante, non c’è che dire, ma, quando parla di contemporaneo, ci sembra che il suo pensiero s’arresti al contemporaneo… del Novecento, e questo, forse, è un bel limite.
A colpirci maggiormente nel corso della visione, però, è la grande crepatura nell’ìntonaco alle spalle del regista, in bella vista da 5’34” in poi: questione di occhio cinematografico, ma pure di muratura. Qualcuno provveda, lo diciamo per lui.
Il secondo video offre Sandro Lombardi prodursi in una lettura “a compilation”: si parte, ovviamente, con l’incipit dell’opera, per procedere con tocco di Canto II e il quasi obbligato Canto XXXIII, quello del Conte Ugolino. Qui, l’occhio della ripresa oscilla, tenendo il volto dell’attore sulla sinistra, lasciando scorgere parte della stanza, probabilmente il suo studio; la lampada sulla destra spara un po’, ma potrebbe essere un effetto voluto (discutibile, ma voluto).
La lettura ci convince poco, però, e non certo per la mancata attinenza a un modello: se pensiamo alla Comedia ci echeggiano in testa diverse voci, il professorale Vittorio Sermonti, l’enfatico Vittorio Gassman, lo ieratico Carmelo Bene, senza che nessuna s’imponga quale modello da imitare. Nondimeno, la lettura di quel grand’attore che senza dubbi è Lombardi ci suona certo dinamica, ma troppo (agro)dolce, se comparata alla materia. Giunti alla fine di questa parte, un’idea ci assale: e se a leggere fosse (stato) Tiezzi, che sappiamo essere, pur’egli, fior d’attore? Ecco, quella sarebbe stata un’autentica sorpresa.
Magari, per il 2021.
Infine, ecco il contributo di Sacchettini: un’imponente libreria alle sue spalle fa da scenografia al discorso che illustra gli attraversamenti danteschi nel teatro italiano del Novecento: non si procede in senso cronologico, pur toccando gli episodi più importanti, escludendo (ma ci sta) il non sconvolgente spettacolo di Nekrosius di qualche anno fa (in pieno nuovo millennio). Niente di sconvolgente, di certo un ripasso utile per chi cerchi un’infarinatura sul tema. Qui, siamo rimasti incantati dalle finestre riflesse sugli occhiali dell’oratore, che ci pare una costante dei tre video.
A teatro, nell’arte e nella poesia in genere, spesso si parla in termini di urgenza, di necessità, categorie che comprendiamo e, da spettatori, ricerchiamo. Con un dubbio a tal proposito, chiudiamo questo secondo capitolo dantesco, rimandandovi, quindi, al terzo e conclusivo.