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Gente di teatro

Sguardazzo/recensione di "The Dubliners"

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Cosa: The Dubliners
Chi: Giancarlo Sepe, James Joyce
Dove: Firenze, Teatro della Pergola
Quando: 13/10/2021
Per quanto: 76 minuti

 

Non proprio un inizio, questo ottobre: recite isolate, non accolte in una più istituzionale “stagione”, di fronte all’incertezza a programmare un inverno ancora ostaggio del virus. Alla Pergola si approfitta per proporre The Dubliners, spettacolo di Giancarlo Sepe atteso a Firenze un anno fa, ma strozzato dal secondo giro di chiusure. Il soggetto joyciano è dichiarato al punto da non tradurre il titolo originale, come neppure il testo, alla ricerca di un suono che evochi più della parola: il gioco di Sepe è tutto imperniato sulla suggestione della musicalità e dell’immagine.

La platea è svuotata dalle poltroncine di velluto: il pubblico è ospitato quasi tutto nei palchetti e in una ventina di sedie sul limite della sala. Al centro dello spazio lasciato libero, un lunghissimo tavolo si proietta verso il palcoscenico quasi spoglio, collegato alla platea da una scalinata. In questo enorme spazio scenico una compagnia di quindici attori si muove come un organismo in perfetta sintonia che ora si compatta, ora si sfalda; ora ognuno racconta una storia, ora ballano aumentando l’intensità al solito passo. Pur coltivando l’individualità degli attori (sempre riconoscibili anche se non riconducibili a uno specifico personaggio), Sepe costruisce una massa che dà vita a potenti momenti coreografici, come il risveglio degli attori, che a inizio spettacolo troviamo sdraiati in platea, mani sul petto come defunti. Le musiche di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team, unite all’uso delle luci di Umile Vainieri, creano segmenti di grande impatto visivo, acustico ed emotivo. Solo Pino Tufillaro è estraneo al branco, come il suo personaggio è estraneo ai racconti di Joyce: interpreta un ipotetico «ministro inglese», simbolo del giogo politico, ma anche interiorizzato. Lui introduce lo spettacolo, lo guarda dal suo trono sul palco e catalizza l’odio impotente dei dublinesi che cercano di ucciderlo nel sonno, ma (come Amleto) vacillano perdendo l’occasione. Non solo Shakespeare: spesso la regia di Sepe riecheggia chi prima di lui ha coltivato la specificità teatrale. Gli oppressi di questo dramma si muovono come nell’universo beckettiano di Maguy Marin; la ricerca della silhouette in controluce evoca le pose in Bob Wilson; la sincronia della massa di attori sembra frutto delle prove di Emma Dante; l’uso della parola come suono, spesso con voci che si sovrappongono in un’orgia di storie, sembra la riproposizione in prosa dei concertati operistici.

Questi dublinesi sono dinamicissimi, pieni di rabbia e spirito d’iniziativa, ma la quotidianità, la fame e il dominio inglese vincono sempre sui loro tentativi di sovvertimento. Diviso in due parti, tratte da due racconti della raccolta di Joyce (The dead e The Ivy Day), lo spettacolo traduce il senso profondo dei dannati irlandesi, riportando solo alcuni echi della trama. Questa messinscena propone un immaginario creato con un linguaggio specificamente teatrale, modus operandi in apparenza ovvio, in realtà raro. Si danno spesso, ahinoi, trasposizioni teatrali (magari da film) che si limitano a copiare non solo il contenuto, ma anche lo stile del medium originale, dando vita a una “televisione dal vivo” che sacrifica le potenzialità della scena sull’altare della leggibilità. In quei casi si mortifica lo spettatore: tanto valeva che restasse sul divano (e, spesso e volentieri, ci resta). Un teatro succube di altri linguaggi rischierà di perire nella fase post-covid: per fortuna esistono spettacoli come questo The Dubliners a ricordarci il senso del teatro, la sua specificità e perché vale la pena uscire dalla propria caverna.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... un gruppo sarebbe... uno stormo durante la migrazione

Locandina dello spettacolo



Titolo: The Dubliners

con gli attori della Compagnia Teatro La Comunità
e iNuovie con la partecipazione di Pino Tufillaro

da James Joyce
con Maddalena Amorini, Davide Arena, Sonia Bertin, Alessandra Brattoli, Federica Cavallaro, Manuel D’Amario, Davide Diamanti, Fabio Facchini, Ghennadi Gidari, Camilla Martini, Laura Pinato, Federica Stefanelli, Guido Targetti, Erica Trinchera, Lorenzo Volpe
scene e costumi originali Carlo De Marino
musiche Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team
disegnatore luci Umile Vainieri
costumi Elena Bianchini
regia Giancarlo Sepe
produzione Fondazione Teatro della Toscana

Una collezione di epifanie, in cui Dublino è una rivelazione di carattere religioso. Giancarlo Sepe con gli attori della Compagnia del Teatro La Comunità e iNuovi ridanno nuova vita al suo The Dubliners. Ovvero, due racconti da Gente di Dublino di James Joyce: The Dead (I Morti) e The Ivy Day (Il giorno dell’edera). Originale e potente è la rilettura di Sepe, la cui messinscena, tra il linguaggio teatrale e quello filmico, si compone attraverso immagini di intensa suggestione visiva. In un’atmosfera grigia e fumosa personaggi stanchi e sfiniti si trascinano nella vana speranza di trovare uno slancio, un sussulto di vita. Note di regia L’anima della ricerca, secondo me, è proprio legata allo spazio scenico che ne condiziona ritmi e visioni. The Dubliners è una sorta di itinerario virtuoso che farà incontrare tutti i personaggi di Joyce come in una lunga panoramica, dove conosceremo le famose epifanie dell’autore, che nella mestizia delle piccole storie di piccoli uomini, caverà dall’apatia e dalla immobilità del quotidiano quella luce poetica che alimenta un popolo privo di qualunque stimolo e qualunque proiezione.

Giancarlo Sepe

Andrea Balestri
Non è il Pinocchio di Comencini. Apparentemente giovane, studia teatro (non solo) musicale tra Pisa e Roma. Serie tv, pulizie e viaggi in treno occupano il resto della sua vita. Archivia i ricordi in congelatore e si lava i capelli tutti i giorni.