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L’eleganza di un addio

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Io, che sono Arlecchino, non mi curo troppo dell’informazione, specie se legata all’attualità.
Contemporaneo e attuale sono categorie ingannevoli e solo in apparenza limitrofe; per me, malizioso di nascita, Truffaldino di nome e mestiere, si tratta, addirittura, di elementi in evidente antitesi.
Quando, per malagrazia di chi mi sta vicino, vengo accidentalmente aggiornato su quanto accade, la riprova di quanto l’attualità trasudi tedio e inutilità si ripropone con tutta la sua svergognata violenza, quando non, addirittura, con un velo di malinconica tristezza.

Tweet Guerritore Diamanti CascinaSe a Cascina presso La Città del Teatro le gatte da pelare non mancano né in futuro mancheranno, per soprammercato a margine di un recente allestimento, s’è venuta a creare una situazione un poco incresciosa che ha contribuito ad animare la cronaca indigena. L’attrice Monica Guerritore, protagonista di Qualcosa rimane (il 26 marzo scorso), s’è pubblicamente lamentata del trattamento ricevuto da uno dei suoi tecnici e, anziché provare a chiarire coi responsabili dello spazio in questione, ha ben pensato di deflagrare il suo indispettimento più indispettito a mezzo social. Via Twitter ha, infatti, manifestato il proprio sdegno direttamente sui profili di Donatella Diamanti (direttrice artistica del teatro) e del sindaco di Cascina: ci pare evidente l’encomiabile sfoggio di modestia e misura, per non aver voluto coinvolgere il Presidente Mattarella o, perché no?, Paperinik.
Per parte sua, Donatella Diamanti ha tentato, senza successo, a ricucire lo strappo: l’artista non ne ha voluto sapere e, senza neppure concedere alla parte accusata il diritto alla difesa, ha “chiuso” con Cascina. Privare la cittadina pisana di proprie future visite rappresenta, agli occhi della ex signora Lavia, una punizione biblica necessaria e sufficiente per rimediare all’onta subita.
Non c’è male.
Io, che sono Arlecchino, credo che, in ogni caso, i cascinesi se ne potranno fare una ragione e, magari, verranno dispensati dall’assistere a certi lavori (ricordiamo un Mi chiedete di parlare ispirato a Oriana Fallaci che fece inorridire non una, bensì due delle nostre firme) e pure da certe dimostrazioni di (nulla) eleganza.

paolo poliQuell’eleganza che mai fece difetto, invece, a una delle autentiche, indiscutibili stelle del firmamento teatrale italiano, del Novecento e non solo. Parliamo di Paolo Poli, fiorentino di nascita, cosmopolita per vocazione, che per oltre sessant’anni (partito nel 1949 con Il Carro di Tespi del burattinaio Stac, approdato poi a Genova presso la “mitica” Borsa di Arlecchino di Aldo Trionfo per poi spiccare il volo da inimitabile solista) ha saputo attraversare le perigliose acque del teatro italiano garantendo puntuali gioielli (più o meno brillanti) di recitazione e scrittura scenica. Giunto a 86 anni, il professorino che canta (la definizione fu di Camilla Cederna) ha deciso d’abbandonar le scene e, per la prima volta dopo molti decenni, la stagione nazionale tuttora in corso non ha registrato neppure una replica di un suo spettacolo.
«Non ci sono soldi. Aspetto ancora di essere pagato da due anni. Ho messo gli avvocati di mezzo, ma si sa, quando arriveranno i soldi, li prenderanno loro», ha dichiarato con la consueta arguzia linguacciuta in una recente intervista concessa ad Anna Bandettini di “La Repubblica”, prima di rispondere alle prevedibilissime domande sulla mai celata omosessualità.
Al solito, sarebbero da incorniciare vari passaggi del colloquio con la giornalista e io, che sono Arlecchino, ne riproporrei solo uno, di grande pregnanza esistenziale, e quindi teatrale:
«Qui c’è solo da morire, ma non ho paura della morte: quando arriva non ci sono più io, dicevano i greci».
Addio, anzi, ciao Paolo, tu sì, davvero, ci mancherai.
Ovunque, non solo a Cascina.

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l'Arlecchino
È un semplicione balordo, un servitore furfante, sempre allegro. Ma guarda che cosa si nasconde dietro la maschera! Un mago potente, un incantatore, uno stregone. Di più: egli è il rappresentante delle forze infernali.

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