Chi si ricorda della straordinaria e ineguagliabile pelliccia Annabella di Pavia? E delle inarrestabili ginnaste che ti volevano far sudare qualsiasi panino tu avessi mangiato, naturalmente (ab) battute dallo “sciogli pancia” (una banalissima panciera snellente) di Wanna Marchi?
Ebbene, ognuno di questi elementi viene citato o semplicemente nominato come se uscisse da un barattolo firmato tupperwear (per rimanere in tema e non utilizzare l’ennesimo cappello del prestigiatore) durante lo spettacolo Tutto Matto. C’erano una volta gli anni Ottanta. Performance peculiare quella ideata da Daniele Vecchiotti, la cui natura ibrida oscilla tra la commedia musicale e il musical vero e proprio.
Una storia abbastanza facile: due giovani si incontrano, scontrano e infine innamorano nel backstage del varietà per antonomasia di quegli anni, Fantastico. Lei una sedicente parrucchiera, costretta alle acconciature di Fabio Concato, con il sogno di incontrare la sua beniamina (e ipotetica sorella) Lorella Cuccarini; lui invece addetto di scena con l’ossessione per un’altra celebre performer di quegli anni (non vogliamo svelare l’identità del personaggio per coloro che andranno a vedere lo spettacolo, nonostante lo si possa intuire dopo poco). Il tutto ruota intorno alla sera del 6 gennaio 1987, ultima puntata del programma, dove entrambi i protagonisti decideranno di incontrare la showgirl romana. Il sospirato incontro si risolve in pochi attimi e coincide con il termine della pièce.
La sensazione che si ha è di un palco vuoto, se non per i pochi elementi che fungono da luoghi deputati per determinate scenette (il tavolinetto con due bicchieri di Coca Cola a simbolizzare il fast-food; gli appendiabiti per i camerini o la porta al centro del palco, con la classica stella sopra, a indicare il tanto agognato camerino della Cuccarini). Ilaria Pardini e Marco Pasquinucci (quest’ultimo firma anche la regia dello spettacolo) rivelano ottime doti sia nella recitazione – spesso sopra le righe, in linea con i personaggi dei telefilm di quegli anni, come Il mio amico Arnold – sia nel canto, con la personale interpretazione di celebri hit, da Amore Disperato a Il vento caldo dell’estate, da Tanz Bambolina a Cigarettes and Coffee. È come assistere a un concerto di musica da camera con soli due violini: pur bravissimi si perdono su un palco troppo grande per ospitarli.
Non manca qualche battuta sul futuro, ossia il nostro presente, come l’ipotesi “assurda” di un programma televisivo dove le persone vengono riprese ventiquattrore su ventiquattro (negli anni Ottanta non si leggeva Orwell?) oppure la ferma convinzione che una tivù di “tette e culi” non possa durare.
Opinabile anche l’idea all’origine della pièce, poiché l’elemento su cui si basa l’intero pezzo è il ricordo degli anni Ottanta. Cindy Lauper, Alice, Battiato, Alessandra Martinez, Rosario Fiorello, Loretta Goggi, Milva, Lara Saint Paul, Spagna, Heather Parisi, Orchestral Manoeuvres in the dark, Spandau Ballet: un cous cous di nomi che mandano in visibilio qualsiasi Eighties addicted. Si cita, si strizza l’occhio con il nome di personaggi e di pubblicità (alcune acusticamente riproposte), ma chi scrive si chiede se un giovane che non abbia vissuto quegli anni possa comprendere qualcosa di più oltre la mera storia romantica, banalmente offerta.