ARCHIVIO SPETTACOLI
Digitale Purpurea I (D. Albanese, 2015)
Titolo: Digitale Purpurea IRegia: Daniele Albanese
ideazione Daniele Albanese
musiche originali dal vivo Patrizia Mattioli
disegno luci Yannick de Sousa Mendes, Deborah Penzo
azione luci dal vivo e tecnica Deborah Penzo, Gianluca Bergamini
danza Daniele Albanese, Francesca Burzacchini, Elisa Dal Corso, Pietro Pireddu
organizzazione Elisa Longeri
residenze artistiche e sostegno Europa Teatri (Parma), AMAT & Comune di Pesaro,
Spazio 84 (Parma), Fondazione Nazionale della Danza/AterBalletto
produzione Stalk 2014
Digitale Purpurea: pianta erbacea i cui fiori sono disposti in grappoli terminali, pendenti, tubulari, di un colore che varia dal rosso porpora al rosa, giallo o bianco.
L’essenza di digitale purpurea può essere usata come farmaco per guarire scompensi cardiaci. In dosi sbagliate la pianta è altamente tossica fino a risultare mortale per l’uomo.
Digitale Purpurea I è la ricerca di una danza continua tra movimento, luci e suono, costante mutazione di dinamica e presenza.
La danza si svolge attraverso uno studio del movimento sul piano della velocità e del tempo, e nell’incontro con le luci e la musica dal vivo.
La coreografia è pensata come contrappunto di partitura fisica, suono e luce, e come concerto di questi elementi.
Il movimento è un flusso, un continuo scorrere e il suo obbligato confrontarsi con la forma per coinvolgere lo spettatore in uno spazio comune di grande potenza.
“I lupi, le api, i leoni, gli uomini, le formiche, gli scimpanzé conquistano e delimitano i loro territori, ne cacciano gli intrusi o li uccidono: il territorialismo è un’attitudine animale, e forse persino vegetale perché la conifera o il faggio o il rovo impediscono la crescita sul loro terreno di diverse altre specie. Ogni identità individuale o collettiva, anche la più spirituale, poggia su questa pulsione elementare, su questo bisogno di territorio e di confini che escludono. I confini sono zone problematiche di conflitto potenziale o in atto, zone di turbolenza, sacri confini. È il sacro stesso a manifestarsi come turbolenza in zone critiche di contatto tra dimensioni diverse: tra il mondo dei vivi e quello dei morti…”
(Stefano Levi della Torre, Zone di turbolenza)