ARCHIVIO SPETTACOLI
Nella casa c’è un pino che brucia (L. Delogu, 2015)
Titolo: Nella casa c'è un pino che bruciaRegia: Leonardo Delogu
Leonardo Delogu /DOM-
Nella casa c’è un pino che brucia
ideazione e regia Leonardo Delogu
con Hélène Gautier, Simone Evangelisti, Sara Leghissa, Elena Cleonice Fecit, Daria Menichetti, Francesco Michele Laterza, Leonardo Delogu, Giovanni Marocco, Mael Veisse
luci, oggetti di scena, macchinerie, costumi Giovanni Marocco
costruzione architettonica Mael Veisse
suono Michele Bertoni
una produzione Associazione Culturale Dello Scompiglio
[…] Non sappiamo più accendere il fuoco, non siamo capaci di recitare le preghiere e non conosciamo nemmeno il posto nel bosco, ma di tutto questo possiamo ancora raccontare la storia, e ancora una volta questo bastò.
(Estratto da un racconto di Gershom Scholem)
Abitare un bosco è un corpo a corpo con il tempo. è lui l’abitante più concreto di questi luoghi. Laddove l’umano si è ritirato o non ha trovato le giuste motivazioni per insediarvisi, vige un altro ordine delle cose, altre leggi, un altro tempo. Quello che Darwin per primo ha chiamato Tempo Profondo, quel fluire continuo, biologico delle cose viventi, qui è percepibile concreto, pervasivo. L’umano oggi si è allontanato dal bosco, l’evoluzione della nostra specie ci ha portato a prediligere la costruzione artificiale di un habitat adeguato alla nostra sopravvivenza, più che l’adattamento e la relazione con lo spazio naturale. Molte cose abbiamo guadagnato, molte ne abbiamo perse. Tra le più importanti c’è la relazione con il tempo profondo. Il problema è di non essere più in accordo con il ritmo da cui veniamo e a cui risponde la materia di cui siamo fatti.In questa distanza che è in primo luogo organica e poi intellettuale, sembra si consumi gran parte dei dolori dell’uomo e la minaccia più grande per tutto ciò che ci circonda.
In Nella casa c’è un pino che brucia ci misuriamo con la lotta che emerge quando proviamo a ristabilire un contatto, un accordo, con ciò da cui ci siamo allontanati. Ciò che nasce dall’esposizione dei corpi al tempo è una caduta. Una caduta della comprensione, una caduta dei corpi, una caduta dentro il lato in ombra delle cose, una caduta nel tempo.
E quando sopraggiunge la foschia dell’imbrunire, quando nel bosco arriva la notte, qualcosa di misterioso ci avvolge. Tutta la follia, la violenza, il conflitto tra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere, s’impossessa dello spazio. Eppure più emerge la ferita, più una voce dal fitto del bosco ricorda che siamo parte dello stesso tempo, che siamo sulla stessa asse di rotazione, che percorriamo la stessa orbita, e che partecipiamo dello stesso movimento. E più sentiamo di essere parte di una casa più grande più la nostra s’infiamma e brucia.
La performance è l’esito di un serie di residenze svolte dalla Compagnia alla Tenuta Dello Scompiglio a partire da giugno 2014.
La performance è adatta a un pubblico adulto.