Nuova produzione per LuccaOperaFestival, che mette in scena L’italiana in Algeri a 202 anni esatti di distanza dalla prima rappresentazione a Venezia del 22 maggio 1813. Il prolifico gruppo lucchese, che più volte abbiamo apprezzato, torna a riempire il Teatro dei Rassicurati di Montecarlo con la musica di Gioachino Rossini.
L’aspetto più visibile (o meglio udibile) di questo allestimento è la scelta dell’orchestra L’eloquenza, che utilizza strumenti originali per rendere giustizia a una musica pensata su strumenti diversi da quelli odierni. Utilizzando, come in questo caso, strumenti d’epoca o riproduzioni, si ottiene un inedito timbro più aspro di quello che siamo abituati a sentire: potremmo paragonarlo, con le dovute precauzioni, alla differenza tra la voce del pianoforte e quella del clavicembalo. Alla bacchetta, il lucchese Jonathan Brandani, fondatore di questa peculiare orchestra.
Vorremmo godere appieno del timbro particolare nella riuscitissima ouverture rossiniana, ma il vizio di riempire scenicamente l’introduzione orchestrale è arrivato anche in quel di Montecarlo. Stiamo per avviare la tanto attesa campagna #giùlemanidallouverture, che siamo certi troverà sostenitori in tutti i settori dell’universo melodrammatico. Intanto ci limitiamo a notare che, in questo caso, la scelta della regista Stefania Panighini ha una certa originalità: uno specchio, al centro del palco, attira i passanti promettendo di realizzare i loro desideri. Si notano anche due suffragette con tanto di cartello “vote for women”: l’interpretazione protofemminista dell’Italiana non è inedita, ma, a parere di chi scrive, è una calzante chiave di lettura. I personaggi vengono risucchiati dallo specchio e catapultati, per magia, in un universo parallelo (forse un sogno dai tratti psichedelici) in cui si svolgono le intrecciate vicende del sultano Mustafà (Luciano Miotto) che tenta di avere la mano della fedele Isabella (Loriana Castellano, mezzosoprano dal timbro scuro e deciso). Intorno a loro si muovono il tenore della situazione (David Ferri Durà che interpreta Lindoro), l’istrionico baritono Mattia Campetti (nei panni del buffo Taddeo), Cristian Diaz, Alexandra Fleischman e Sara De Flaviis.
L’allestimento è basato su una trovata, il salto in un universo parallelo, semplice e, a dirla tutta, abbastanza banale. L’affiatato gruppo guidato da Campetti, però, si può permettere questa ingenuità: la sincerità che anima gli allestimenti dal sapore artigianale di LuccaOperaFestival fa apprezzare anche delle operazioni che, in altri contesti, risulterebbero pretenziose e insensate. Lo spettacolo è sempre brillante e ben gestito, a fronte anche di un’apprezzabile qualità nell’esecuzione.
Il pubblico accorre sempre numeroso a Montecarlo e forse sarebbe l’ora che LuccaOperaFestival crescesse e trovasse altri spazi pronti ad accogliere questa bella realtà, la più promettente di una provincia a cui, troppo spesso, piace vantarsi a proposito, ma anche a sproposito, del proprio legame con la lirica.