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Free Spirit, dilemma sulla libertà

Sguardazzo/recensione di "Free spirit"

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Cosa: Free spirit
Chi: Ariella Vidach, Claudio Prati, Alessia Cafariello, Serena Malacco, Camilla Perani, Alessio Scandale, Stefano Roveda
Dove: Lucca, Real Collegio
Quando: 08/06/2015
Per quanto: 50 minuti

«Ce n’est qu’un début»: è la reiterazione parossistica della prima parte dello slogan che segnò il maggio francese ad aprire Free Spirit, terzo appuntamento nella prima giornata dei Teatri del Sacro.
«Ce n’est qu’un début», ritmo insistito, marziale.
«Ce n’est qu’un début», quasi un coro.
In pochi, ci pare, riconoscono però la parola d’ordine che fu di Daniel Cohn-Bendit e, per restare alla scena, del Living Theatre, presente a Parigi, tra 1967 e ’70, con Paradise Now. «Ce n’est qu’un début»

Il bianco tenue d’un proiettore senza diapositive inquadra l’ampio spazio ricavato all’interno di uno dei chiostri del Real Collegio: s’intravedono sagome, se ne avverte la presenza, al pari del baluginio distante di lampi a prometter pioggia. Alcune scritte, proiettate a mano da presenze che risalgono la platea, si stagliano mobili e confuse sulla base del palco: s’intuisce un discorso sul concetto di libertà, la sua definizione problematica, slittante attraverso forme e significazioni.

Cinque performer abitano una scena sgombra di oggetti: la riempiono di movimenti, solcature d’aria, per un’articolata coreografia a quadri. Poco a poco, la luce si fa intensa: il rosso e il blu di magliette e pantaloni (costumi casual, improntati a una certa libertà di movimento) acquisiscono definizione. Si procede a stazioni: ora il gruppo compatto si fa coro greco, rispondendo vocalmente all’assolo d’un danzatore; ora, a ruoli invertiti, s’innescano complesse azioni di gruppo, sino alla potente sequenza coreutica sulla base d’una partitura registrata di impressionante vocalità rumoristica. Abbondano i sintagmi efficaci, nell’emersione progressiva del dubbio su cosa significhi essere liberi. Liberi da cosa? Liberi per cosa? I gesti si ripetono, in declinazioni meccaniche dell’atto, si spezzano, così come le parole, lacerti tronchi, frammentati, in un gioco di destrutturazione del messaggio, tra verbalità, oralità e corpo. Siamo davvero liberi, pensiamo, se anche e soprattutto il linguaggio è dispositivo fragile, tarlato e rischia di non veicolare niente? O, meglio: c’è davvero qualcosa da veicolare?

Soffre di eccessiva dilatazione, questo Free Spirit, comunque apprezzabile per forza ed energia: riecheggiano, ci pare, soluzioni intraviste nei lavori di Roberto Castello − pensiamo a In girum imus nocte (et consumimur igni) visto qui vicino mesi fa −, mentre, con i minuti, si rasenta la reiterazione inerte, minando sensibilmente l’efficacia dei momenti più incisivi. Libertà e sacro: concetti diversi eppure legati, magari in modo sfumato, sfuggente, quasi a riequilibrare un didascalismo sin troppo pronunciato nei pur apprezzabili primi due allestimenti della rassegna.

Si chiude tra i lampi: quelli delle luci stroboscopiche (troppo deboli per l’en plein air) e quelli reali, d’un temporale limitatosi a mero brontolio; in sottofondo, non richieste, echeggiano le note di un concerto jazz dato in una piazza poco distante, in una commovente prova di programmazione culturale cittadina.
Restiamo in attesa d’un «continuons le combat» che, come la burrasca, non giunge: sarebbe stato il completamento dello slogan iniziale («Ce n’est qu’un début… continuons le combat», «Non è che un inizio… continuiamo la lotta»), ma il cerchio non si chiude e, forse anche in questo dettaglio, si racchiude un ulteriore germe di riflessione sulla libertà.

VERDETTAZZO

Perché: Sì, oppure no
Se fosse... un cocktail sarebbe... gin lemon ben fatto, ma troppo diluito

Locandina dello spettacolo



Titolo: Free spirit

con Alessia Cafariello, Serena Malacco, Camilla Perani, Alessio Scandale, Stefano Roveda
coreografia Ariella Vidach in collaborazione con i danzatori
voci, suoni, musiche in collaborazione con i danzatori


Freespirit è una performance di danza contemporanea che tratta i temi dell’affinità, l’apertura di pensiero, la fiducia. Lo spettatore è chiamato a non essere semplice osservatore della scena, ma partecipe e attivo, pronto a rispondere ai segnali vocali dei danzatori per rilanciarli. La ricerca si focalizza sul rapporto tra movimento e suono e sulla vocalità come estensione dell’azione in una relazione che esplora il gesto nella sua sintesi, asciugato, incisivo e drastico. La coreografia è realizzata in collaborazione con i danzatori con l’intento di creare una partitura corpo/voce/suono che inneschi una successione di eventi per coinvolgere il pubblico in forma inter-locutoria e trascinante. Freespirit è la prima di una serie di produzioni che ha l’obiettivo di esplorare i confini del corpo tra-valicandone la consueta collocazione a favore di un rapporto diretto e accessibile, che riduce la di-stanza tra pubblico e performer.

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.