London Escorts sunderland escorts asyabahis.org www.dumanbet.live www.pinbahiscasino.com sekabet.net olabahisgir.com www.maltcasino.net www.faffbet-giris.com www.asyabahisgo1.com dumanbetyenigiris.com pinbahisgo1.com www.sekabet-giris2.com olabahisgo.com www.maltcasino-giris.com www.faffbet.net betforward1.org betforward.mobi www.1xbet-adres.com 1xbet4iran.com www.romabet1.com www.yasbet2.net 1xirani.com romabet.top 3btforward1.com 1xbet 1xbet-farsi4.com بهترین سایت شرط بندی betforward

La voce e il corpo del santo volante

Sguardazzo/recensione di "Per obbedienza"

-

Cosa: Per obbedienza
Chi: Fabrizio Pugliese, Fabrizio Saccomanno
Dove: Lucca, Chiesa di San Giovanni
Quando: 11/06/2015
Per quanto: 70 minuti

C’è forse un equivoco, carsico e insidioso, a parlare di narrazione, specialmente a teatro, intendendo un modus operandi comune a vari artisti e che, per ragioni più che legittime, si è imposto a mo’ di canone in seno al panorama italiano: ossia che la forza dei narrattori stia nella capacità di scegliere storie in grado di creare (quando non provare a fondare) nuove, minute, forme di comunità, specie in una realtà sociale polverizzata come l’odierna. Vedendo Per obbedienza, dedicato alla paradossale storia d’un santo popolano e popolare quale Giuseppe Desa da Copertino, il santo che volava, l’equivoco ci pare evidenziato in modo forse ancor più cogente.

La chiesa di San Giovanni è spazio magnifico: il palco al centro del presbiterio non necessita d’arredi, fondali o ulteriori elementi. Basta una sedia: vi siede, con gentile compostezza, Fabrizio Pugliese. Esile, filiforme, dotato d’un carisma potente e raccolto, inizia a parlare: la voce, piana, calda, mai calcata, colma l’intero volume dell’edificio. Dice di quel santo nato in terra salentina, nel sud del sud dei santi, ribattezzato Voccaperta per le estasi che gli socchiudevano le labbra mentre, imbambolato, contemplava le scene di martirio riportate dai quadri agiografici o l’effigie della Vergine («la mamma mia») nel Santuario della Madonna della Grottella. In un Seicento intriso di terra e calore che sembra sbucato da una pagina di Cervantes riletta da Calvino, s’imprime la vicenda picaresca di questo Dom Quijote dell’anima, tanto idiota e lieve da penetrare il mistero, lui malgrado, della divinità sino a librarsi in aria. Il santo di Carmelo Bene, primo a strapparlo alla mera dimensione popolaresca per farne oggetto d’inesaurita indagine, a partire da quel film impossibile che fu Nostra Signora dei Turchi (1968). Storia e leggenda si (con)fondono, come le lingue e gli accenti dei personaggi del monologo, in un protratto gioco di slittamenti tra le pieghe sottili d’un racconto in apparenza semplice, ma che traduce il paradosso d’una diversa e inusitata religiosità.

Giuseppe, la malattia, la vocazione, l’adorazione delle plebi affamate e ignoranti, conquistate dalle facoltà di cui egli stesso si scherniva, tentando di sfuggire a ciò che gli pareva non meritare, non meritarsi. Pugliese, dolcissimo e inesorabile, traduce in suono, prima ancora che concetto, l’oggetto del narrare: la voce procede per cadenze musicali, minuzie modulari senza alcuna necessità d’effetti esteriori. Nei rari crescendo, la chiesa sospende il respiro, come squassata dalla potenza di quest’uomo dal fisico delicato e vigoroso. Sono gli istanti in cui l’attore si erge e lo spazio attorno sembra contrarsi così come, nelle sequenze precedenti, il minimo cenno della mano, lo sguardo in quinta erano bastanti a suggerire movimento, spazio, visione.

Anche in questo caso, probabilmente, l’equivoco si consuma: ché il dispositivo monologico ben architettato da Francesco Niccolini (suo anche Corrispondenze, visto due giorni addietro) ha molto da guadagnare nell’applicazione registica di Fabrizio Saccomanno e, soprattutto, nella magistrale interpretazione, anzi, incarnazione di Pugliese. Corpo, prima che storia, suono, prima che parola, materia, prima che spirito: attore e teatro si coniugano nella dimensione più pura e cristallina, consegnando a un pubblico variegato ma unanime, il dono prezioso di una prova d’indiscutibile valore.

VERDETTAZZO

Perché:
Se fosse... una pianta sarebbe... un giunco che non si spezza

Locandina dello spettacolo



Titolo: Per obbedienza

con Fabrizio Pugliese
drammaturgia Francesco Niccolini, Fabrizio Pugliese
regia Fabrizio Saccomanno, Fabrizio Pugliese
collaborazione artistica Enrico Messina


La grande storia di un piccolo uomo fuori dall’ordinario: Giuseppe da Copertino, santo. Una storia picaresca, comica, commovente e al tempo stesso raccapricciante: una vita complicata, un padre sciocco e truffato dagli amici, quattro fratelli morti, una madre indurita dalla fatica e da una fede arida. Una storia che si dipana dal primo Seicento, in un’età sfarzosa e sudicia, dove trionfano malattie gravi, infezioni, una giustizia ingiusta, una Chiesa onnipotente, ma – sopra a tutto – una vocazione sublime, l’amore bellissimo e assoluto di un giovanetto al limite dell’autismo che si innamora perdutamente de la mamma sua: la Madonna. Nell’estasi, più che vedere, il soggetto diventa lui stesso madonna, divinità, demone, a seconda; così di San Giuseppe: è il divino che muove verso di lui, non il contrario. Giuseppe va in estasi con una facilità incredibile: l’unica differenza rispetto ad altre estasi, dove lo spirito abbandona un corpo immobile, sta nel fatto che lui il corpo se lo porta con se, in volo; quel corpo martoriato da digiuni e flagellazioni diventa una pagina dove è disegnato tutto il suo amore verso la Madonna , tutta la sofferenza di quel mondo che lui non comprende, non da sveglio, certo, e non secondo un pensare quotidiano, ma che sente dentro di se; non basta lo spirito: Giuseppe ha bisogno di portare con se, in volo, le prove di questa sofferenza. Senza saperlo, quel santo “idiota” mostra la nostra di inadeguatezza, il nostro bisogno di dare sempre un ordine razionale alle cose, l’incapacità, o paura, di perderci magari davanti ad un affresco, riconducendo alla “potenza simbolica del figurativo” le emozioni che il racconto segreto di quelle immagini ci suscita.…. Tutto il lavoro di ricerca, di fonti storiche, di leggende popolari porta nel nostro lavoro all’elaborazione di un testo per attore unico; un narratore all’interno di una struttura scenografica semplice, fatta di pochi segni e uno sgabello malfermo su cui siede, in bilico anche lui, in procinto di cadere, o di volare, forse. Fabrizio Pugliese

Igor Vazzaz
Toscofriulano, rockstar egonauta e maestro di vita, si occupa di teatro, sport, musica, enogastronomia. Scrive, suona, insegna, disimpara e, talvolta, pubblica libri o dischi. Il suo cane è pazzo.